In un’epoca di spinta alla polarizzazione, alla radicalizzazione delle posizioni, caratterizzata da fan e supporter che si schierano l’un contro l’altro armati, parlare di centro, di moderazione appare complesso. Certo l’esperienza del governo Draghi ha mostrato la possibilità che, anche nel nostro paese, ci siano forme di convergenza tra forze differenti e l’importanza di una politica orientata al governo pragmatico delle trasformazioni, ma resta, per ora, un caso eccezionale e con la data di scadenza addosso. In questi anni, nonostante la spinta alla tifoseria (o forse proprio a causa degli eccessi di tifoseria) è cresciuta nel paese la necessità di una politica moderata, pacata nei toni e pragmatica nei contenuti. Il bisogno di un partito di centro moderato, però, non sfonda gli argini, non dilaga per le praterie politiche. Esso rappresenta l’aspirazione politica per circa il 20 per cento degli elettori. Un dato in crescita di circa tre-quattro punti percentuali se osserviamo l’intervallo temporale che va dalla fine del 2020 all’inizio di febbraio 2022. Una lievitazione cui certamente ha contribuito l’attuale esperienza di governo, ma che trova alcuni limiti per ora complessi da valicare.

Il profilo dell’elettore centrista

Il profilo dell’aspirante moderato di centro è marcato dalla preponderanza femminile su quella maschile (21 per cento tra le prime e 19 tra i secondi); dall’insediamento nelle fasce di età intermedie tra i trentuno-cinquantenni (21 per cento), rispetto alla Generazione Z (18 per cento); dalla maggiore presenza nel ceto medio basso (le persone che hanno vissuto un processo di infragilimento sociale ed economico), rispetto allo ceto medio ancora saldo nelle proprie posizioni (24 per cento tra i primi e 17 per cento tra questi ultimi). Da un punto di vista delle aree del paese la spinta al centro moderato la ritroviamo maggiormente a Nordovest (22 per cento) rispetto a Nordest (19 per cento), al Sud (22 per cento) rispetto al Centro (17 per cento) o alle Isole (18 per cento). L’aspirazione a un partito di centro moderato, infine, è maggiore nella coalizione che raggruppa Pd, M5s, Azione, Italia viva, +Europa, Versi e partiti della sinistra (22 per cento), rispetto ai dirimpettai di Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Noi con l’Italia e Coraggio Italia (19 per cento).

Il profilo identitario che caratterizza le persone che aspirano a un nuovo raggruppamento di centro è un pacthwork, in cui ritroviamo il confluire di diverse esperienze politiche e molteplici pulsioni identitarie, spesso differenti tra loro. Ritroviamo persone che si sentono politicamente “di centro” (3,6 per cento); quanti hanno una aspirazione liberale (3,9 per cento) o liberista (3 per cento); quanti si riconoscono nei valori democratico-cristiani (5,7 per cento) e quanti, infine, si definiscono tendenzialmente apolitici. Le pulsioni centriste lambiscono gli elettori che si sentono marcatamente berlusconiani e coinvolgono anche una quota di persone che si definiscono manifestamente grillini.

Un blocco sociale da rigenerare 

Il ruolo e la spinta verso posizioni moderate di centro, per il momento, caratterizza un’area sociale ben precisa: la quota di ceto medio che non sente a rischio la propria posizione e non vuole scossoni, nonché quella quota di ceto medio-basso che, pur avvertendo un processo di declassamento e di indebolimento sociale, aspira alla risalita e coglie in una politica pragmatica, orientata alla governabilità e alla crescita economica, la via per la propria risalita. È un blocco sociale significativo, ma ridotto numericamente. Nel corso degli ultimi 20 anni il ceto medio, base d’elezione per un partito centrista moderato, si è andato via via assottigliando, passando dal 70 per cento a circa il 40 per cento. In entrambe le classi potenziali di riferimento per un’offerta moderata, sono cresciute, invece, le spinte rancorose e radicalizzanti. Nel ceto medio-basso, quello che ha subito l’infragilimento, la rabbia per le posizioni perdute si è spesso scaricata sull’avversione per gli immigrati e sulla percezione di un perenne senso di insicurezza. Nel ceto medio ancora solido si sono ampliate le forme di delusione per la politica e la rappresentanza governista, per accedere a richieste di tutela e politiche dirigiste, per rafforzare le tutele rispetto ai rischi di perdere l’acquisito.

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