Si tagliano le cose superflue, si va a caccia di offerte e promozioni, si cambia la composizione del carrello, si cerca di sprecare il meno possibile, si pone la massima attenzione al consumo di gas e luce. Ogni famiglia affina la propria strategia di resistenza all’inflazione e al caro prezzi. A fare il punto sul quadro del caro prezzi è l’osservatorio Legacoop-Ipsos, che ha monitorato il quadro dei mutamenti in corso.

Le forme di resistenza hanno una strategia comune che si concentra sul taglio dei prodotti e servizi non alimentari. Così. Dopo un’estate in cui si è viaggiato e si è cercato di rilassarsi, adesso arrivano i tagli ai viaggi e ai divertimenti (54 per cento). Sotto la scure dell’austerity sono finite sia le uscite al ristorante e in pizzeria (51 per cento), sia l’uso smodato del delivery (47 per cento). Anche la cultura e i prodotti elettronici stanno subendo l’impatto. Il 45 per cento dei consumatori sta riducendo le spese per cinema, teatri e altre attività culturali, così come il 44 per cento ha iniziato a mettere un freno agli acquisti di cellulari, televisioni, computer ecc.

Risparmi

Un negozio espone un cartello in vetrina per i saldi (Foto LaPresse)

La mannaia delle riduzioni ha messo sotto osservazione le spese per abbigliamento (44 per cento), prodotti di bellezza (40 per cento), calzature e accessori moda (39 per cento), nonché l’universo dei prodotti cosmetici (38 per cento). Va chiarito che in questi ambiti le scelte delle famiglie sono molteplici. Alcune tagliano drasticamente gli acquisti in termini quantitativi e di valore, altre operano un processo di riposizionamento orientando le scelte verso prodotti a minor costo. Altri ancora spostano gli acquisti nel tempo, aspettando i saldi.

Sotto la lente sono finiti, ovviamente, i costi dell’energia. Gas e elettricità sono oggetto di strategie di attenzione e riduzione, con il 38 per cento delle famiglie che ha iniziato un’opera di dimagrimento dei propri consumi.

Il carrello della spesa

Più articolati, ma ben presenti sono i tagli al carrello della spesa. La scure dell’austerity sta facendo riconsiderare, in primo luogo, il ricorso ai piatti pronti (44 per cento sta pensando di ridurne l’acquisto). I restringimenti si concentrano sui prodotti a maggior costo, con il 27 per cento delle famiglie che sta diminuendo l’acquisto di salumi, pesce (26 per cento), carne (21 per cento), acqua minerale in bottiglia (20 per cento), formaggi e surgelati (19 per cento).

I prodotti che, per il momento, stanno ricevendo tagli meno consistenti sono il pane e la pasta (con comunque l’11 per cento delle famiglie che stanno tagliando), il latte e lo yogurt (14 per cento), la frutta e la verdura (14 per cento). Riduzioni contenute anche per i prodotti per l’igiene della casa (15 per cento) e per quella personale (14 per cento). 

Non mancano, infine, le famiglie che stanno cercando di rivedere le spese per l’auto, in particolare intervenendo sia sul fronte del carburante (25 per cento delle famiglie ne ha ridotto i consumi), sia sui costi dell’assicurazione (16 per cento).

Disuguaglianze

Il quadro della crisi generato dall’aumento dei prezzi non ha ovviamente effetti uguali per tutte le famiglie. Nel ceto popolare i tagli sono decisamente più pesanti e consistenti rispetto alle altre classi sociali, mostrando quanto è crudele l’inflazione e quanto alimenti i già presenti e consistenti divide sociali.

I tagli a viaggi e divertimenti nel ceto popolare volano rispettivamente all’81 per cento e al 76 per cento delle famiglie. Le riduzioni nell’abbigliamento e nelle calzature sono al 72 e al 66 per cento. La rinuncia a pesce e carne vola al 50 e 43 per cento.

Raddoppiano i tagli su verdura e frutta che coinvolgono il 30 per cento delle famiglie. Così come più che raddoppiano i tagli alla spesa per farmaci passando dall’11 per cento di media al 26 per cento nei ceti popolari.

L’inflazione è una tassa socialmente indirizzata e penalizzante. Colpisce le fasce più deboli della società, riduce i loro livelli di serenità, la loro possibilità di far fronte alle esigenze esistenziali elementari e la loro possibilità di sentirsi inclusi. È una tassa escludente, punitiva e profondamente iniqua, che alimenta le spaccature e le tensioni sociali.

È materia da trattare con attenzione, proprio per questa sua caratteristica di ingiustizia sociale, per evitare di mettere in campo ricette che rischiano di essere ancora più perniciose del male che vogliono combattere. Una su tutte, il rischio di un aumento esagerato del costo del denaro che può mettere ancora più in crisi le famiglie più deboli economicamente.

© Riproduzione riservata