Come stanno arrivando gli italiani al rush finale elettorale? Ormai siamo entrati in pieno silenzio elettorale per i sondaggi pre-elettorali e come tale non parleremo né di partiti né di intenzioni di voto, ma di come le persone vivono e giudicano le elezioni e il processo democratico nel nostro paese. Partiamo dal tema di base. Quanto sono appagate le persone del funzionamento della democrazia in Italia? Il dato generale mostra che solo il 30 per cento degli italiani è soddisfatto, contro il 70 per cento di insoddisfatti. Più deluse risultano le donne (73 per cento), i trenta-cinquantenni (78 per cento), i residenti al Sud (72 per cento) e gli appartenenti al cento popolare (79 per cento). Ad alimentare questa dimensione di sconforto contribuisce, in parte, il modo in cui funzionano le elezioni. L’amarezza verso il processo elettorale coinvolge il 76 per cento del paese, con punte che veleggiano sull’ottanta per cento tra le donne (81), il ceto popolare (83), i baby boomers tra i 51 e i 64 anni (80). Per riuscire a chiarire in che modo e in quali aspetti si radica questa delusione è utile scandagliare le aspettative e le pulsioni emozionali che le persone riversano sul processo elettorale. Osservando il significato assegnato alle votazioni da parte degli italiani si intraprende anche una perlustrazione delle origini dell’avvilimento per la democrazia.

Ai primi due posti troviamo il senso e lo spirito con cui si recano alle urne gli elettori. Le elezioni per gli italiani sono, innanzitutto, un modo per dare un futuro al paese (33 per cento) e un mezzo per cambiare le cose (32 per cento). A ritenere il momento elettorale fondamentale per guardare avanti, costruire il domani e instillare il cambiamento sono, soprattutto, gli anziani e il ceto medio. In terza posizione si colloca il tema di poter scegliere tra i diversi partiti in campo e le loro proposte (24 per cento). Un aspetto, quest’ultimo, particolarmente significativo a Nordovest (31 per cento) e nelle Isole (28 per cento). Una visione completamente disillusa del momento elettorale coinvolge il 18 per cento delle persone, per le quali le elezioni “sono un modo per ingannare il popolo”. Il tarlo che rischia di degradare le parti interne del nostro sistema democratico coinvolge in primo luogo i ceti popolari e i residenti al Sud (21 per cento), i trenta-cinquantenni (24 per cento) e i residenti a Nordest (25 per cento). Non manca una quota di elettori che vive le elezioni come l’occasione per punire i partiti “che non hanno mantenuto le promesse e sono incoerenti” (17 per cento). Una dimensione particolarmente praticata dall’universo maschile (20 per cento) e dagli over 65 anni (25 per cento). In fondo alla classifica dei temi che caratterizzano il processo elettorale è collocata la volontà di far vincere la propria parte politica (solo 8 per cento). Una percentuale che mostra l’alto livello di liquidità delle appartenenze politiche raggiunto in Italia e la quasi archiviazione del voto ideologico. La possibilità di scegliere tra le personalità dei leader, o la possibilità di avere governi responsabili delle loro azioni, convincono, in entrambi i casi, appena l’11 per cento degli elettori; così come l’opportunità di difendere, attraverso le elezioni, gli interessi della propria famiglia o quelli della propria classe sociale ormai sono marginali e coinvolgono, per ambedue i fattori, appena il 12 per cento del corpo elettorale. L’Italia è attraversata da un pernicioso sentimento di disagio verso la democrazia. In esso possiamo riconoscere l’accresciuto distacco dei ceti bassi e popolari, traditi nella loro speranza di ascesa e benessere, ma incontriamo anche il fastidio rancoroso di parte del ceto medio il quale, seppur maggiormente legato al modello della democrazia parlamentare e al voto, appare sempre più distaccato e disilluso, tradito nelle sue attese di ruolo e partecipazione al potere.  La nostra società è attraversata da un torrente non più sotterraneo caratterizzato dalla disillusione e dalla sensazione di vivere in una democrazia delle élite. Si è accresciuto negli anni il peso per la mancanza di visioni di lungo periodo, per l’insipienza e la carenza di politiche di coesione sociale, per la difficoltà, di tutta la classe dirigente (e non solo dei partiti), a individuare il perimetro di un nuovo senso di comunanza civica entro cui collocare i tratti complessivi e condivisi dell’evolversi sociale ed economico della nazione.

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