La società italiana esce dall’anno pandemico più polarizzata dal punto di vista sociale. I recenti numeri dell’Istat fotografano l’incremento dei poveri (più 1,7 per cento). Ma che effetti ha avuto il Covid sulla piramide sociale del nostro Paese? I segnali che giungono da questi primi sei mesi dell’anno, mostrano segnali di ripresa e ridefinzione delle mappe sociali. Cresce (più uno per cento) la quota di italiani che non riesce a sostenere le spese dentistiche, del mutuo di casa o dell’affitto, ma, al contempo, diminuisce il numero di quanti affermano di non riuscire ad affrontare spese straordinarie o inattese (-3 per cento). Dal punto di vista della piramide sociale, gli ultimi sei mesi evidenziano alcuni mutamenti significativi. 

Crescono upper class e ceto medio

Per un verso, ci sono segnali di ripresa del ceto medio. Il numero di persone che si autocolloca nella middle-class è passato da poco meno del 30 per cento di ottobre 2020 a circa il 36 per cento di giugno 2021. Le riaperture, i segnali di fiducia che arrivano dalla campagna vaccinale, fanno ben sperare, soprattutto, quella quota di persone che operava nei segmenti del commercio, del turismo, dell’artigianato, rimettendo in modo il senso di dinamismo e di riconquista delle proprie posizioni sociali.

La cosiddetta upper class, ovvero i benestanti, quanti hanno un reddito che li fa stare bene e permette loro di concedersi anche dei lussi, è in chiara crescita, con un incremento del 2 per cento rispetto all’autunno 2020 (oggi ruota tra il 6 e l’8 per cento della popolazione maggiorenne).

Per l’altro verso, invece, permangono i segnali di affaticamento per le tre classi sociali al di sotto del ceto medio. Il quadro, in queste realtà, non è statico e marca alcuni segnali di movimento.  

A mostrare alcuni piccoli segni di miglioramento è, innanzitutto, la middle class in fall, il ceto medio decaduto, ovvero le persone che un tempo erano parte integrante del ceto medio italico e che nel corso degli anni, complice la crisi economica prima e il Covid poi, hanno perso la propria stabilità e anche la posizione sociale.

Circa il 3 per cento di questo segmento segnala una ripresa e una risalita verso la middle class, facendo assottigliare di un po’ le fila di questo segmento sociale che resta, purtuttavia, quello maggioritario (39 per cento).

Una società sempre più polarizzata

Per gli altri due blocchi, il ceto degli operosi economicamente fragili (quelli che stabilmente non arrivano a fine mese) e la lower class italiana, il quadro non mostra segnali di miglioramento. Sommati questi due segmenti pesano circa il 17-18% per cento della popolazione. In essi ritroviamo i 5,6 milioni di persone in povertà assoluta di cui parla Istat, cui si devono sommare altri 4-5 milioni di persone che stabilmente terminano le risorse economiche familiari molto prima della fine del mese. 

Il ridisegno delle classi sociali porta alla luce un Paese con un vertice piccolo e ristretto, un corpo intermedio che dà segnali di ripresa, mentre aumentano le difficoltà per chi già era nei segmenti più fragili della società. L’Italia si mostra come un Paese attraversato da fratture sociali significative, con poco più del 40 per cento che vive una condizione stabile e poco meno del 60 per cento che vive condizioni sociali ed economiche incerte, faticose, fragili o peggio, sotto la soglia di una vita decente.

Nel nostro Paese è in corso, da anni, un processo di polarizzazione sociale, con dinamiche divaricanti tra una quota benestante che sta aumentando costantemente i propri livelli di benessere e una lower class che ingrossa le proprie fila; tra un ceto medio che oscilla e dà segnali di ripresa, ma resta al di sotto del 40 per cento e una maggioranza relativa di persone che si muovono tra l’essere ceto medio in caduta (con il proprio portato di rabbia sociale e rancorosa voglia di riscatto)  e l’essere parte del ceto operoso infragilito economicamente, che continua a vivere una condizione di incertezza permanente e sempre più lontana dalla possibilità di saltare su qualche ascensore sociale.

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