Ieri sono stati registrati 5.397 nuovi casi di coronavirus in Italia, quasi mille in più del giorno precedente. Il numero dei tamponi fatti invece è stato di poco più di 129.000. Esattamente una settimana fa si registravano invece 2.844 nuovi casi, e quasi 119.000 tamponi. I numeri, ormai è chiaro confermano l’effettivo inizio della seconda ondata di pandemia da Covid19. Se vogliamo capire come si evolverà la situazione nelle prossime settimane, possiamo cercare qualche indizio nei paesi vicini. Cominciamo dal numero di nuovi casi. Nell’ultima settimana, in media, l’Italia ha registrato 49 casi di Covid per milione di abitanti. Il dato è (ancora) basso rispetto agli altri paesi europei: la Spagna ne ha registrati 205, il Regno Unito 213 e la Francia 206. Solo la Germania è in una situazione simile alla nostra con 34 casi per milione di abitanti.

Anche se guardiamo il numero di morti, espresso sempre come media di sette giorni, i dati sono ancora bassi sia relativamente a altri paesi sia rispetto allo storico italiano. L’Italia registra 0,39 morti per milione di abitanti in Italia meno di Regno Unito (0,78), Francia (1,07) e soprattutto Spagna (2,18), dove la politicizzazione del Covid19 ha generato una situazione amministrativa fuori controllo. La Germania invece risulta ancora il paese con un livello di decessi molto inferiore a tutto il resto d’Europa (0,13 decessi ogni milione di abitanti).

Falso ottimismo 

Meglio non farsi illusioni. Questo confronto sembra postivo per l’Italia per due motivi poco incoraggianti: in primo luogo, il numero di decessi registrati ha un ritardo rispetto al numero di casi che si scoprono ogni giorno; in secondo luogo, l’Italia fa un numero di tamponi inferiore a tutti gli altri stati presi in considerazione, falsando quello che ci dicono i dati.

Riguardo al primo punto, siamo entrati nella seconda ondata di pandemia da relativamente pochi giorni e il numero di decessi è per questo motivo ancora basso. Il motivo principale appunto è che bisogna aspettare alcuni giorni (o addirittura settimane) affinché a un aumento dei contagi corrisponda un aumento dei decessi. In ogni caso l’esperienza degli altri paesi (già nel pieno della seconda ondata) dimostra che il  numero di decessi è di molto inferiore rispetto alla prima ondata. Il motivo è che, questa volta, si fanno più test, si scoprono casi prima e si è quindi più preparati nel curarli.

Il secondo punto da sottolineare è che l’Italia è non solo indietro rispetto agli altri paesi da un punto di vista temporale (la seconda ondata sembra esser cominciata più tardi, complice anche l’inizio ritardato delle scuole), ma anche perché l’Italia fa ancora troppi pochi test. E meno test si fanno, più difficile sarà scovare nuovi casi di Coronavirus.

Secondo gli ultimi dati della protezione civile, ieri sono stati fatti quasi 130mila tamponi. È un numero molto alto rispetto alla media delle ultime settimane. Soltanto il 2 di settembre abbiamo superato la soglia dei 100mila tamponi al giorno. In settemmbre abbiamo fatto soltanto 89 mila tamponi di media al giorno (ad agosto erano 59mila tamponi al giorno in media). Detto questo, il numero di tamponi è un numero molto basso se lo si raffronta con lo sforzo che gli altri paesi europei sta facendo per cercare di testare la propria popolazione.  

Espressi come media degli ultimi 7 giorni infatti, in Italia ogni mille persone ne viene testata una, in Francia, Germania e Spagna due. Il Regno Unito sta testando ancora di più (quasi 3 persone ogni mille).

Questa è la situazione ad oggi della pandemia in Italia. Ma cosa possiamo dire sull’evoluzione e su come saranno le prossime settimane?

Conta solo il numero dei tamponi

Nessuno ha la sfera di cristallo, ma alcuni suggerimenti sono d’obbligo. Il numero di contagi crescerà, ma è più accurato guardare a come evolve di settimana in settimana che ogni singolo giorno. Il dato giornaliero può essere troppo falsato e assai rivisto il giorno successivo. Inoltre, il numero di contagi giornaliero ha poco senso se non è messo in relazione con il numero di tamponi effettuato.

Questo vale sia per i confronti temporali («mai così tanti contagi come da aprile 2020»)  che per confronti territoriali («Campania la regione con boom di contagi»). In entrambi i casi infatti, il dato da osservare è il numero di tamponi, come cambia, se cambia.

La seconda ondata di Coronavirus è inevitabile, ma almeno possiamo cominciare maneggiare i dati in modo da ridurne i danni.

Solo aumentando il numero di test e rendendo la comunicazione dei numeri del contagio più corretta potremmo gestire la seconda ondata meglio. Imparando dagli errori del passato.

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