Ottimisti e pessimisti. Come ogni anno le società nazionali sono attraversate dal doppio vento di quanti si sentono fiduciosi verso il futuro e quanti, invece, avvertono il peso di quanto sta arrivando. L’affresco complessivo vede le società occidentali più scettiche rispetto all’anno appena iniziato, di quanto non lo siano i cittadini dei paesi emergenti.

Quanti ritengono che il quadro economico globale sarà più forte nel 2024 rispetto al 2023 sono in maggioranza in paesi come l’India (85 per cento), l’Indonesia (82), la Cina (82), le Filippine (74), la Thailandia (68), il Messico (62), il Brasile (60) e Singapore (59).

Nelle economie avanzate, invece, il nugolo degli speranzosi è minoritario, come ad esempio negli Usa (45 per cento), in Spagna e Olanda (44), Gran Bretagna e Svizzera (43), Italia e Germania (40), Canada (39), Svezia (34), Francia (33) e Giappone (30). È quanto emerge dall’indagine di Ipsos Global Advisor, realizzata nel dicembre 2023 in 34 paesi.

I prezzi galoppanti 

A rendere la vita difficile alle persone e ai consumatori sarà sempre, per la maggioranza delle opinioni pubbliche di tutti i paesi, l’andamento dei prezzi, che sono previsti in aumento a una velocità maggiore rispetto ai redditi. Una situazione che omogeneizza tutti i paesi, passando dal 91 per cento del Sud Africa al 54 per cento del Giappone. Che i prezzi aumenteranno più dei redditi ne è convinto l’81 per cento degli italiani, dei francesi, degli svedesi e degli olandesi, insieme a portoghesi (90), spagnoli e belgi (84), canadesi (83), svizzeri (80), americani (78), nonché tedeschi e britannici (77).

Se la bestia nera resta l’inflazione, continueranno a far pesare il loro incedere sia il caro tassi di interesse, sia la disoccupazione. Il calo del tasso di occupati è da allarme rosso in Sudafrica e Indonesia (84 per cento prevede una disoccupazione più alta nel 2024 rispetto al 2023).

I paesi in cui il problema presente ma meno al calor bianco sono: il Giappone (53), la Polonia (54), la Svizzera (56), Il Brasile (57) e gli Usa (59). In Italia l’aggravio è preconizzato dal 67 per cento dell’opinione pubblica. Percentuali simili le troviamo in Germania, Spagna e Francia (64), Australia (65), Svezia (70) e Gran Bretagna (71). I rincari nei tassi di interesse sono attesi in Sud Africa (85 per cento), Indonesia (82), Malesia e Turchia (80), ma anche da italiani e canadesi (70), spagnoli (71), francesi (73) e americani (75).

Cambiamento climatico 

Se lo sguardo all’economia porta con sé diversi malumori e preoccupazioni, l’opinione sul futuro dell’ambiente e della lotta ai cambiamenti climatici è decisamente e universalmente orientata al pollice verso.

L’ampia maggioranza dei cittadini delle varie nazioni ritiene che le temperature continueranno ad aumentare: ne sono convinti il 94 per cento degli indonesiani, il 93 dei portoghesi, l’85 dei francesi. Seguiti da britannici (83), spagnoli e belgi (82), italiani (80) e giapponesi (78). Chiude la classifica del pessimismo ambientale il 68 per cento degli americani.

Non solo. Il 71 per cento degli italiani ritiene probabile che il 2024 porti con sé un incremento degli eventi metereologici estremi. Condividono l’opinione degli italiani: canadesi, belgi (72), spagnoli (74), francesi e britannici (78), cileni (79), indonesiani (85) e portoghesi (87).

Un quadro complesso 

Il quadro globale ci mostra un affresco complesso e articolato, che non può essere liquidato solo in termini di conflitto e di conta tra pessimisti e ottimisti. Il rischio è quello di indulgere in una visione semplificatoria della realtà e di non cogliere quel sentimento mixato e composito in cui convivono tratti di speranza e tonalità ripiegate, bisogno di leggerezza e cambiamento e, in pari tempo, pesantezza e mancanza di visioni d’uscita.

Viviamo in una fase marcata dalla cancrenizzazione dei rischi e non più solo dall’incrociarsi delle varie crisi. Il segno che sembra caratterizzare l’anno che ha dischiuso le ali è quello di un assillante senso di instabilità, di un vacillante bisogno di speranza compresso dalla mancanza di soluzioni all’orizzonte per guerre, crisi dei prezzi, costo del denaro, instabilità lavorativa, crisi climatica.

Una fase segnata, pertanto, dalla duplice dinamica indotta dalle passioni inquiete e dallo spleen. Le passioni inquiete esprimono la voglia di esternalizzare le negatività, di allontanarle da sé, di riprendersi uno spazio ludico e di piacere per non piegarsi al susseguirsi di eventi globali negativi.

Il ritorno dello spleen, incarna il sentiment dominante, in cui al senso di disagio e malinconia generato dalla complessità contemporanea, si controbilancia la voglia di speranza, la ricerca di forme di nuovo accudimento di sé.

Lo spleen, come ci ricorda Baudelaire, è un pendolo che produce pulsioni ondivaghe di inadeguatezza e paura verso la società, ma anche di spinta a cambiare, di voglia di uscire, fuggire o, almeno, di obliare. È un’epoca sospesa, un tempo appeso, fermo. Una fase in cui si cerca quella via d’uscita che non si trova, in cui rabbia e felicità sono due sensazioni alternative, pronte a esplodere e con la stessa probabilità e intensità.

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