Più mutualismo e meno liberismo? Tra gli italiani il tema non è posto in modo così ideologico e complessivo, ma l’aspirazione a un pluralismo economico, con una maggiore presenza di cooperazione (70 per cento), condivisione (69 per cento) e mutualismo (61 per cento) è quantomai presente e forte. È quanto emerge dall’osservatorio realizzato da Legacoop e Ipsos, nell’indagine di luglio 2021. Dopo quarant’anni di liberismo sfrenato, di laissez faire, di arricchitevi, la società si ritrova con meno garanzie, più incertezze, fragilità e disuguaglianze sociali. Nell’Italia attraversata dai venti freddi della pandemia, si stanno moltiplicando i rigagnoli del cambiamento e si sta delineando il bisogno di un nuovo modello di economia, con una presenza maggiore di quei soggetti economici in grado di offrire una proposta mutualistica e cooperativa delle relazioni economiche e sociali. Competition is competition non è più l’unico mantra e una buona parte delle persone sta cercando un modello di sviluppo che metta in relazione e non in contrapposizione il singolo con la collettività, la produzione con l’ambiente, l’efficienza con il benessere lavorativo. Negli ultimi anni, nel mondo delle imprese di capitale, si è fatto largo il tema del purpose, delle imprese che si danno uno scopo.

Per i due terzi dell’opinione pubblica italiana (74 per cento), tuttavia, non è sufficiente che le imprese di capitale si diano uno scopo, ma è importante che nel mercato siano presenti (e possibilmente aumentino di numero) le imprese che hanno uno scopo mutualistico, ovvero di ripartire tra i soci tutto il valore prodotto da un bene o un servizio, senza trattenere una parte come profitto (un bisogno che nei ceti in difficoltà sale all’80 per cento). Un anno e mezzo di pandemia, il susseguirsi di allarmi e disastri climatici, lo sfarinamento in atto del ceto medio e l’aumento delle disuguaglianze sociali, hanno risvegliato, in una parte del Paese, la consapevolezza della necessità di un nuovo modello di sviluppo. La ricerca di benessere non è più lastricata solo dall’ambizione al successo e dall’ostentazione della ricchezza, ma inizia a essere costellata anche dal riemergere di dimensioni come il cooperare tra le persone, il condividere esperienze e servizi, il sostegno reciproco, la compartecipazione a progetti comunitari, la ricerca di armonia tra vita quotidiana e lavoro, tra economia e natura, tra io e gli altri. Un orientamento che colloca le imprese cooperative tra i soggetti che possono fare bene all’economia del Paese (51 per cento), ma anche alle persone (35 per cento) e al mercato (27 per cento). La logica mutualistica, per il 70 per cento degli italiani, dovrebbe invadere e contaminare non solo l’attuale sistema economico, ma anche l’universo dell’e-commerce. Un modo di essere e agire che dovrebbe contagiare le relazioni sociali tra le persone (67 per cento), il mondo del web (65 per cento) e quello dei social network (56 per cento). Il peso e il ruolo assegnato al mutualismo coinvolge anche il Pnrr (il piano di ripresa e resilienza post covid). Gli italiani assegnerebbero la gestione dei fondi prioritariamente a due soggetti: allo Stato (44 per cento) e alle imprese cooperative (32 per cento, contro il 14 delle imprese di capitale private). Il mutualismo, in questi ultimi anni, ha svestito i panni dell’utopia (solo il 13 per cento lo giudica in questo modo) e della proposta vecchia e sorpassata (13 per cento), per ritornare a essere un'opportunità per migliorare le cose (42 per cento) e un’occasione per il futuro della società e delle persone (23 per cento). Il valore del mutualismo riemerge dalla storia del Novecento con nuove vesti e una innovata mission: essere una proposta alternativa al predominio del profitto ad ogni costo e iniettare nella società e nel mercato ingenti dosi di equilibrio, giustizia sociale e distributiva, opportunità per tutti e benessere diffuso.

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