L’Italia è divisa in zone diverse: ma tutto questo inizia a riflettersi anche nell’evoluzione dell’epidemia?
Fin dalla sua nascita Domani ha cercato di riempire un vuoto: in Italia il dibattito pubblico è dominato da quarant’anni dalle stesse facce e dalle stesse opinioni. Per questo abbiamo cercato di trovare e dare risalto a prospettive, voci e idee più giovani e fresche. Soprattutto nelle pagine della cultura abbiamo dato fiducia a scrittori e scrittrici, artisti di ogni genere, per esporvi ed esporci a punti di vista spiazzanti, originali, per farci magari divertire, talvolta arrabbiare, sempre pensare. Se pensi che questo lavoro sia importante, aiutaci a farlo crescere con un abbonamento annuale. Così sarai parte della comunità di Domani.
A una settimana dall’entrata in vigore delle regole che stabiliscono se una regione è gialla (rischio poco elevato) o rossa (rischio alto), cominciamo a guardare i dati. È si presto – sono passati solo 7 giorni – ma possiamo comunque cominciare a tenere d’occhio l’evoluzione del contagio in questi regioni per vedere gli gli effetti delle politiche restrittive. Dal primo decreto del 3 novembre scorso, entrato in vigore venerdì 6 novembre, son solo 9 le regioni che non hanno cambiato colore. Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta son sempre state considerate rosse. Mentre Lazio, Veneto, Sardegna, Molise e Trento sempre considerate gialle. Sono due gruppi ben distinti secondo i 21 indici del Governo e dell’Istituto superiore di Sanità. I grafici e i dati in questa pagina terranno d’occhio l’evoluzione del contagio, per capire il come e il quanto i diversi criteri (e colori) imposti dal Governo son davvero così oggettivi.
Son passati troppi pochi giorni per vedere effetti. Ma a quanto sembra dai primi dati, le regioni rosse con un aumento più elevato di tamponi rispetto alle zone gialle (+10 per cento rispetto a +8%) hanno registrato un aumento dei positivi poco più basso (+27 per cento rispetto a +29%).
© Riproduzione riservata