Da molto tempo il sud è una terra dimenticata. I temi strutturali languono senza trovare risposte adeguate e progetti concreti. L’immobilismo e la disattenzione hanno aggravato le distanze con il resto del paese. Ne è assolutamente convinto il 78 per cento dei residenti nelle diverse regioni meridionali e l’80 per cento degli abitanti delle due isole.

In particolare, il 54 per cento in Puglia, Basilicata, Calabria, Campania avverte che le distanze col nord sono cresciute, in Sicilia e Sardegna, lo crede il 45 per cento. Il quadro complessivo della situazione sociale ed economica è marcato da un forte senso di incertezza esistenziale (64 per cento, + 6 rispetto alla media nazionale), di ansia (53 per cento, +8) e di paura (27 per cento, +6).

La preoccupazione principale nelle famiglie meridionali è per il futuro dei figli (43 per cento, +6 rispetto alla media nazionale). Lo scatto inflattivo sta colpendo qui in maniera più dura. Il taglio delle spese familiari ha coinvolto quasi metà dei residenti. Il 45 per cento delle famiglie ha difficoltà a sostenere una spesa imprevista; il 38 per cento non riesce a pagare le bollette (+12 per cento sul resto d’Italia); il 30 per cento ha problemi a fare acquisti di vestiti e accessori (+11); il 21 per cento a fare la spesa alimentare e il 13 per cento non ha risorse per l’istruzione dei figli.

Il quadro sociale porta degli effetti. Il 69 per cento dei residenti al Sud afferma di avvertire la crescita della rabbia e nei territori si avverte l’aumento delle povertà (+9 per cento rispetto al resto del paese), delle disuguaglianze di genere (+4), meno opportunità per i giovani (-9 per cento) e delle possibilità formative (-6).

Le prospettive

Per il 55 per cento gli attuali divide sociali ed economici sono destinati ad aumentare. Il 35 per cento prevede un’ulteriore fase di recessione e il 37 pensa che si vivrà una lunga fase di stagnazione. Solo il 16 per cento dei meridionali pensa che ci sarà una fase di crescita e ripresa.

I residenti delle regioni del sud auspicano un aumento degli stipendi (52 per cento), una riduzione del divario tra ricchi e poveri (33 per cento); l’introduzione del salario minimo (32 per cento); la detassazione delle aziende che assumono a tempo indeterminato (29 per cento); l’introduzione di sgravi fiscali per le famiglie (28 per cento), la riduzione e un tetto ai contratti precari, nonché un consistente taglio della casta (27 per cento).

Il sud può essere una grande opportunità per l’Italia. Lo sviluppo dell’economia locale e del capitale sociale nelle regioni meridionali può rappresentare un volano per la crescita dell’intero paese.

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