Il tema della natalità rappresenta una delle cartine di Tornasole delle dinamiche profonde e perniciose agenti nella contemporaneità. Il 74 per cento degli italiani ritiene la questione centrale per il futuro del nostro paese (+ 4 per cento rispetto a due anni fa). Eppure i giovani di oggi vogliono fare figli. Il 70 per cento degli under 34 anni desidera almeno due figli (di questi il 22 per cento ne auspica tre). Solo il 16 per cento non ha alcuna intenzione di procreare, mentre un altro 15 per cento intende fermarsi al primo figlio.

Le cause che sono all’origine dell’inverno demografico, quindi, non sono legate a fattori culturali o al distacco materialista e individualista dall’idea della maternità e paternità. Solo il 26 per cento dei giovani, infatti, pensa che i figli siano un ostacolo alla libertà e alla voglia di divertimento. E solo il 21 per cento ritiene che tra le cause della denatalità ci sia la perdita di ruolo della religione e del valore della famiglia tradizionale. Sono i dati che emergono dall’indagine dell’osservatorio Centro studi Legacoop e Ipsos.

Per i giovani le cause del processo di denatalità sono da ricercare nei meccanismi perversi di una società che scarica sui giovani i fardelli del suo modello di generazione della ricchezza e del profitto. Al primo posto tra gli ostacoli al fare figli ci sono i temi concreti e materiali legati agli stipendi troppo bassi (63 per cento). Al secondo posto c’è l’instabilità lavorativa e la precarizzazione dei contratti di lavoro (56 per cento), nonché la paura delle giovani donne di perdere il lavoro se fanno dei figli (sempre 56 per cento). Sotto accusa è l’intero impianto del modello lavorativo di oggi.

La flessibilizzazione eccessiva è diventata precarizzazione esistenziale per i giovani. Il modello ultra-liberista scaricata sulle spalle dei giovani le sue incoerenze e pretese: da un lato, stipendi risicati al limite esistenziale, contratti di lavoro senza garanzie e a bassa stabilità; dall’altro lato, un sistema che per concedere un affitto, elargire un mutuo per la casa, chiede invece stipendi solidi e certezze di entrate stabili.

Quello che hanno di fronte a loro, una buona parte dei giovani di oggi, è un tetto di cemento che ostacola il futuro e il farsi una famiglia. A questo fardello se ne aggiunge un altro mostruosamente pesante: la paura da parte delle giovani donne di perdere il posto di lavoro. Siamo in una società in cui almeno una giovane donna su tre, durante il colloquio di lavoro per l’assunzione, si è sentita chiedere se intende fare dei figli. Ci troviamo di fronte a un mondo del lavoro e a una parte di imprese che, in molti casi, vivono la procreazione come un ostacolo. Non solo.

Al terzo e quarto posto, dopo stipendi, precarizzazione, rischio di perdere il posto per le donne, troviamo la mancanza sostegni economici e agevolazioni per affrontare la crescita figli (52 per cento) e la carenza di servizi per le famiglie diffusi e accessibili a tutti (45 per cento). Il quadro non si ferma qui. Le ragazze e i ragazzi puntano il dito anche su un modello di organizzazione del lavoro non interessato all’equilibrio tra lavoro e famiglia (43 per cento) e a imprese in cui la scelta di fare figli può essere ostacolo alla carriera per una donna (40 per cento). Le risposte dei giovani sono eloquenti.

I mutamenti intercorsi nella società contemporanea, come l’instabilità delle relazioni amorose (33 per cento), oppure la riduzione della famiglia "tradizionale" in cui i nonni si occupavano nipoti (29 per cento), o la crescita dell’individualismo con la sua poca voglia di fare sacrifici (30 per cento) sono tutti fattori che esistono, ma incidono in modo secondario sulla scelta di fare figli. I veri macigni sono concreti e materiali.

Il cuore del problema dell’inverno demografico si situa in un modello di lavoro ultra-liberista che sacrifica la stabilità esistenziale con contratti precari; che deprezza le donne-madri nel lavoro e per la carriera; che tratta i giovani come lavoratori di serie “B” dal punto di vista salariale. Per affrontare l’inverno demografico occorre abbandonare queste logiche e costruire un modello di lavoro e di società che viva la natalità come un investimento e non un costo o un fardello. Non bastano gli oboli dei contributi a chi fa figli, occorre una strategia complessiva di valorizzazione della maternità e della paternità.

Il cuore del problema è intervenire su un modello di società ultra-liberista che mettendo sempre al centro solo il tema del profitto, sta risucchiando e consumando le energie vitali delle nostre società.

© Riproduzione riservata