Inizia «una nuova era», ha detto il presidente del gruppo Fiat Chrysler Automobiles, John Elkann, alla presentazione della nuova 500 elettrica a Torino, una nuova era all’insegna del matrimonio con Peugeot Citroen che dovrebbe portare in dote le tecnologie “verdi” tanto a lungo trascurate. Eppure proprio poco dopo la fusione con i francesi, a inizio 2021, negli Stati Uniti Fca dovrà fare i conti con il suo recente passato assai meno verde: quello dei motori venduti come eco diesel e con il processo a uno dei suoi manager, Emanuele Palma. La Corte del Michigan lo accusa di associazione a delinquere, frode e violazione della legge sulle emissioni e ha rinviato il dibattimento ad aprile 2021.

La versione degli avvocati

Gli avvocati di Palma sostengono che il suo lavoro «si basava sul contratto tra Fca e Vm Motori e sulla guida e supervisione da parte dei gruppi regolamentazione e certificazione di Fca che supervisionavano la conformità alle norme». L’ingegnere rischia 20 anni di prigione: 38 messaggi di posta elettronica scambiati con colleghi della Vm Motori, il fornitore tedesco Bosch e due manager apicali di Fca, incluso Steve Mazure che oggi è il manager incaricato di pianificare la strategia globale di Fca per rispettare le regole sui gas nocivi, gli sono costati infatti l’accusa di frode nei confronti dei consumatori americani.

I messaggi al centro del processo però sono di più e partono da lontano. Nel gennaio 2012 da ingegnere specializzato nella calibrazione dei motori di VM Motori, una azienda del ferrarese partecipata da Fca, Palma riceve una mail del suo supervisore che lo ammonisce: «Non chiamatelo riconoscimento del ciclo, nemmeno tra di noi».

Il ciclo è il sistema di test che monitora prestazioni ed emissioni di un motore per vedere se rispetta gli standard di legge: riconoscere il ciclo significa riconoscere che c’è un test di controllo in corso. L’azienda di Palma ha sede a Cento, in provincia di Ferrara, ma lui lavora nella filiale di Auburn Hills dove c’è il quartier generale di Fiat Chrysler Automobiles negli Stati Uniti.

Nel 2013 VM Motori diventa interamente proprietà di Fca che tre anni dopo assume direttamente Palma come senior manager. Attorno al 27 maggio 2013, un altro messaggio nella casella di posta dell’ingegnere annuncia: «Abbiamo trovato la soluzione: molti cicli di guida con il T_engine. Ora si tratta di capire se ci manderanno a casa o se manderanno (…) in prigione. Direi la seconda».

In prigione in realtà ci è finito solo lui, Palma. Il 24 settembre 2019 il manager Fca viene arrestato e rilasciato rapidamente su cauzione. La corte distrettuale del Michigan orientale lo accusa di associazione a delinquere, ostruzione alle autorità di controllo, violazione delle norme ambientali e frode.

Palma avrebbe messo a punto il sistema T-engine per ridurre i gas inquinanti quando i motori dei modelli Jeep Cherokee e Ram immatricolati nel 2014, 2015, 2016 erano sottoposti ai test della autorità. Aiutato da altri, avrebbe fornito false informazioni sia alle autorità di controllo federali e della California «con lo scopo di ottenere l’approvazione per vendere» le auto negli Stati Uniti, sia ai clienti di Fca e al pubblico per «aumentare le vendite e promuovere i modelli” e “arricchirsi tramite la ricezione di compensi e benefit».

Nel 2017 il dipartimento di giustizia americano ha aperto una causa civile contro Fca, conclusa con un accordo che ha evitato il giudizio. Fca ha pagato 800 milioni di dollari di danni di intesa con l’Epa, l’agenzia americana per l’ambiente, e con la Carb, l’authority californiana.

Come l’azienda ha più volte sottolineato l’accordo non implica una ammissione di colpevolezza. Il caso Palma potrebbe cambiare la storia: le email coinvolgono presunti complici anche da questa parte dell’Atlantico e collegano l’arresto ai nuovi sviluppi dell’inchiesta di Francoforte e quindi alle indagini della procura di Torino.

Le accuse

Le accuse a Palma si basano sulle email, oltre che sulle dichiarazioni che l’uomo ha rilasciato all’Fbi e su 27 documenti inviati alle autorità statunitensi per ottenere le sei certificazioni per i veicoli: una per ogni modello e per tre anni.

Per ogni modello, le case automobilistiche devono infatti chiedere una certificazione di conformità e la richiesta deve includere la descrizione del motore, del sistema di controllo delle emissioni, e dei componenti del sistema del carburante: ogni meccanismo deve essere giustificato.

Le richieste di certificazione di Fca affermavano che «nessun elemento dell’auto installato nei veicoli Fca, secondo le informazioni di cui Fca era a conoscenza e in fede della società, contribuiva a immettere nell’ambiente emissioni che avrebbero causato o contribuito a un rischio irragionevole per la salute pubblica».

Ma le autorità federali hanno scoperto il sistema T-engine e altri metodi per controllare la ricircolazione dei gas esausti e il dosaggio del catalizzatore e del liquido AdBlue. Tutto il meccanismo messo a punto, secondo l’accusa, permetteva di modulare da una parte i consumi di carburante e di additivi, dall’altra le emissioni di gas inquinanti.

L’obiettivo sarebbe stato avere più emissioni ma meno consumi durante la guida su strada, e meno gas inquinanti ma più alti livelli di consumo durante i test. In questo modo, è la tesi della giustizia americana, i modelli potevano essere presentati al pubblico come più efficienti e quindi etichettati come eco-diesel.

Secondo l’accusa Palma e i suoi complici inseriscono un software che si attiva trenta minuti dopo che il motore si è acceso, spegnendo per cinque minuti il sistema di ricircolo dei gas ed eliminando così il controllo delle emissioni.

La proposta di attivare il dispositivo dopo trenta minuti è avanzata da un interlocutore di Palma in una mail del luglio 2013: calcolando il tempo massimo che un motore può correre nei test e aggiungendo un margine di sicurezza del 10 per cento si arriva a 28 minuti, il che rende 30 minuti un tempo abbastanza sicuro. Secondo la commissione di inchiesta dell’europarlamento sul dieselgate, la durata media di un test è di 20 minuti.

Le autorità tedesche avevano accusato Fca di spegnere i sistemi di controllo delle emissioni dopo 22 minuti e gli europarlamentari nel 2017 hanno chiesto all’allora ministro Graziano Delrio di spiegare perché nelle indagini condotte in Italia le vetture sospette, in quel caso la 500X, non erano state testate su un ciclo più lungo di 22 minuti.

La frode sarebbe cominciata già nel 2010 e proseguita fino all’aprile del 2017. Nel 2011 l’ingegnere italiano residente in Michigan avrebbe messo a punto il sistema T-Eng per controllare le emissioni e i consumi dei nuovi motori. In diversi messaggi i coinvolti nella presunta truffa si chiedono come giustificare la presenza del dispositivo.

Non menzionarlo nemmeno porterebbe le authority, in particolare quelle californiane, a sollevare diverse domande, si ragiona in uno scambio di mail. In un’altra conversazione dei primi mesi del 2012, il supervisore di Palma scrive: «Bello! Chiameremo il T-engine un fattore di efficientamento del sistema Scr (sistema per l’abbattimento delle emissioni)».

Poi attorno al 19 giugno del 2013, è lo stesso Palma a scrivere: «Voglio che la strategia sia attiva, ma non voglio rivelare il T-engine».

«Non è trasparente»

Un altro messaggio ricevuto da Palma a luglio dello stesso anno dice: «Sono convinto che tutti sappiamo che quello che abbiamo scritto sul meccanismo ausiliario di controllo delle emissioni non è trasparente».

Per fare in modo che le autorità non lo scoprano, Palma e i suoi presunti complici avrebbero modificato anche il sistema di diagnostica a bordo e mentito ripetutamente alle richieste di chiarimento delle agenzie, giustificando per esempio i diversi dosaggi del catalizzatore come sistemi per evitare danni peggiori come l’emissione di ammoniaca nei fumi.

Gli avvocati sostengono che Palma abbia lavorato alla calibrazione con dozzine di altri colleghi, che il suo lavoro si basasse sul contratto tra Fca e Vm Motori sotto la supervisione dei responsabili dei controlli della multinazionale.

Che non avesse la responsabilità delle certificazioni e che non fosse nemmeno «dipendente Fca», lo è diventato solo nel 2016 proprio a ridosso della apertura della causa civile. Ma il governo americano ha rigettato le istanze sostenendo che né il tipo di lavoro né la posizione possono di per sé e per ora escludere nulla.

 

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