A partire dal 2005 anche l’Italia si è dotata di un Codice del consumo (il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206) che, recependo la normativa europea, ha introdotto norme di tutela dei consumatori dinanzi a pratiche commerciali dubbie. Eppure il consumatore sembra, nel quotidiano, abbandonato a se stesso.

Prendiamo l’esempio dei servizi di telefonia. Chiunque di noi utilizza un gestore mobile. Le offerte per passare da un operatore all’altro sono continue e molto accattivanti e consentono spesso effettivi risparmi per il consumatore; risparmi che, tuttavia, si traducono in un pessimo servizio clienti.

Il Caso Vodafone

Qualche tempo fa mi sono visto recapitare da Vodafone una fattura con una spesa non dovuta. Ho chiamato il 190, ovvero il servizio clienti Vodafone, e, superato con difficoltà il risponditore automatico, mi sono imbattuto in un operatore, dall’italiano incerto, che mi ha invitato a chiamare un altro numero, il 42330.

A questo numero, un altro operatore mi informava che il caso poteva essere risolto chiamando solo lo 0284119009. Contattato questo numero, la gentile operatrice si dichiarava incompetente e mi invitava a chiamare lo stesso numero ma con il 10 finale.

Col dubbio di trovarmi in un ministero anziché in una azienda privata, seguo le indicazioni e l’operatrice che risponde questa volta mi dice che devo ricominciare da capo e chiamare il 190. Come in un gioco dell’oca, torno all’inizio e, dopo aver parlato con un altro addetto dall’italiano incerto, apprendo da una voce automatica che «i nostri consulenti non hanno gli adeguati strumenti per risolvere la problematica».

A questo punto ho pensato ci fosse un malinteso: volevo solo capire il perché di qualche euro in più in fattura e non risolvere The Hardest Logic Puzzle Ever, l’indovinello di logica più difficile del mondo. Mi faccio forza e ricordo che, come cliente Vodafone, posso inviare un whatsapp a “Tobi” ovvero una specie di robot che, dinanzi a comuni quesiti, dà in automatico la risposta corretta.

Inizio così una conversazione surreale con “Tobi” che, per fortuna, dopo venti minuti, mi porta a chattare con una addetta umana.

Con quest’ultima, in realtà, il dialogo è ancora più surreale che con Tobi perché mi ripete che il sistema non vede errori ma che effettivamente c’è un errore nella fattura, ma poiché il sistema non sbaglia, l’errore non esiste.

Provando a uscire da questo teatro pirandelliano, chiedo se può darmi un indirizzo di posta elettronica cui formalizzare la protesta ma scopro che questa informazione è riservatissima. In effetti neanche in fattura è possibile trovare a chi rivolgersi in caso di errata fatturazione e nessuna informazione è rintracciabile sul sito dell’Agcom (l’Autorità garante delle comunicazione). Alla fine di un’estenuante conversazione di 3 ore via whatsapp, l’operatrice capitola e mi dà l’indirizzo email cui presentare un reclamo, anticipandomi, con un sorriso virtuale, che non avrò alcuna risposta.

L’azione del Parlamento

A prescindere dalla vicenda personale, casi come questi sono molto diffusi. Nella scorsa legislatura, la Camera dei deputati, su proposta di Forza Italia, aveva istituito una commissione d’inchiesta sui consumatori, presieduta da Simone Baldelli.

Leggendo gli atti della commissione, si scopre come i consumatori siano, di fatto, senza vere tutele, specialmente quando si trovano dinanzi operatori di grandi dimensione e il danno economico subito sia inferiore ai 50 euro.

Le principali aziende, infatti, contano sul fatto che l’utente medio non potrà perdere troppo tempo per recuperare piccole somme. Si pensi, ad esempio, ai tanti voli cancellati senza che la compagnia aerea fornisca assistenza ai passeggeri costretti a sopportare spese impreviste: la procedura di rimborso è talmente estenuante che 3 su 4 lasciano perdere.

E che dire del registro pubblico delle opposizioni gestito dal ministero delle Imprese e del Made in Italy che dovrebbe impedire le telefonate non gradite da parte dei call center e che invece non funziona, complice anche l’assenza di vere sanzioni e veri controlli?

Per rispondere a questa situazione potrebbe avere senso rafforzare i poteri dell’Agcom trasformandolo in vero Garante dei consumatori cui il cittadino o l’impresa possano rivolgersi in via immediata e diretta.

Nel frattempo, il parlamento potrebbe ricostituire la Commissione d’inchiesta sugli utenti e cercare di capire, tra l’altro, quanto costi al consumatore l’insieme di queste pratiche commerciali dubbie. In un paese di furbi sarebbe il minimo.

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