Per i banchieri di Wall Street il mese di giugno chiude la stagione delle grandi migrazioni: dopo aver incassato i loro bonus annuali a febbraio, da marzo iniziano a cercare nuove opportunità di lavoro e la fase delle assunzioni termina più o meno in questi giorni. Di solito è così. Ma non quest’anno. Oggi è più facile incontrare per le vie di New York dipendenti delle banche con gli scatoloni, simbolo del licenziamento made in Usa. Perché da qualche mese il sistema finanziario americano è investito da una pesante ondata di tagli. Si stima che più di 11mila posti di lavoro nel settore bancario saranno eliminati nel corso del 2023.

L’ultima ad annunciare una netta riduzione di dipendenti è stata Citigroup che ha annunciato il taglio di 5mila posizioni entro la fine del secondo trimestre, soprattutto nell'investment banking e nel trading. Morgan Stanley prevede di eliminare circa 3mila posti di lavoro entro la fine di giugno, cioè circa il 5 per cento del personale, se si escludono i consulenti finanziari e il personale di supporto che saranno risparmiati dai tagli. Bank of America ha in programma diminuire progressivamente i dipendenti, senza licenziamenti, di circa 4 mila unità.

I tagli di posti di lavoro nella banche di Wall Street sono iniziati a settembre, quando Goldman Sachs ha ripristinato la pratica di eliminare i dipendenti considerati poco performanti. Quasi tutte le principali concorrenti del settore l'hanno seguita, e la stessa Goldman è dovuta ricorrere a un'altra serie di licenziamenti più consistenti a gennaio. L'amministratore delegato della banca d’investimento, David Solomon, ha dichiarato che «le opportunità per le nostre attività si sono ridotte e quindi dobbiamo apportare gli opportuni aggiustamenti». Perfino la boutique Lazard ha dovuto impugnare l’accetta e decidere di ridurre quest'anno del 10 per cento il suo personale. Il passo è stato necessario a causa del rallentamento dell'attività dei mercati dei capitali e dell’aumento dei salari che ha fatto lievitare gli stipendi in tutto il settore bancario. «In tutta onestà, le cose non vanno bene come a dicembre o gennaio», ha dichiarato a Bloomberg l’amministratore delegato Kenneth Jacobs. Adesso ci si aspetta di vedere che cosa farà Jp Morgan, che per ora sta usando il bisturi annunciando «solo» 500 uscite.

L’effetto tassi

Il paradosso è che questo tsunami di licenziamenti, il più grave dalla crisi del 2008, avviene dopo un’incredibile impennata di assunzioni. Negli ultimi tre anni le maggiori istituzioni finanziarie americane hanno assunto decine di migliaia di colletti bianchi: alla fine del primo trimestre del 2023 le cinque banche che dominano Wall Street (Jp Morgan, Bank of America, Morgan Stanley, Goldman Sachs e Citigroup) davano lavoro ad un numero record di persone, 882 mila, cioè 100 mila in più rispetto alla fine di marzo 2020.

Nel solo 2022 il numero di dipendenti dell'industria legata al trading e alla gestione di titoli di New York è aumentato di quasi il 6 per cento, il massimo da almeno 20 anni. Questo forte aumento delle assunzioni è stato una conseguenza della fine del Covid 19: quando l'economia si è ripresa dalla pandemia, le banche hanno aumentato drasticamente la loro forza lavoro per far fronte al boom del trading. Inoltre la tensione sul mercato del lavoro durante e dopo la pandemia ha spinto le banche e le finanziarie a offrire ai propri dipendenti generosi bonus per trattenerli e ad assumere in modo aggressivo nuovo personale, per non farsi sfuggire i migliori talenti.

Una manna per i giovani e rampanti bancari di New York. Ma improvvisamente il quadro si è capovolto: l’aumento dei tassi di interesse ha provocato una caduta verticale delle operazioni che alimentano i profitti delle grandi banche. Il volumi delle Ipo (initial public offering, ovvero le quotazioni in borsa) sono diminuiti del 74 per cento rispetto allo scorso anno, e anche le emissioni di debito e le fusioni sono crollate. A questi fenomeni si è aggiunta la recente crisi bancaria regionale degli Stati Uniti, che ha sollevato lo spettro di una regolamentazione più severa.

E così dall’era delle Grandi assunzioni siamo passati rapidamente all’età dei licenziamenti. In attesa del prossimo boom.

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