«Facciamo come la Germania!». Con questa parola d'ordine sono stati stanziati 450 milioni di euro nella legge di Bilancio 2021 per aiutare le società aeroportuali colpite duramente dagli effetti del Covid che in alcuni casi e in alcuni periodi hanno comportato una diminuzione del traffico passeggeri fino al 90 per cento rispetto al 2019. Gli artefici dell'operazione che si è concretizzata con l'istituzione di un Fondo sono stati due: Fabrizio Palenzona, il fautore massimo della strampalata politica delle concessioni all'italiana, manager legatissimo ai Benetton e presidente di Assaeroporti, l'associazione confindustriale che raggruppa le società di gestione degli scali.

E poi Paola De Micheli, ministra Pd dei Trasporti e delle infrastrutture molto sensibile alle richieste dei concessionari. Palenzona e De Micheli hanno cercato di replicare ciò che la cancelliera Angela Merkel ha fatto per gli scali tedeschi a cui ha destinato più di 1 miliardo e 300 milioni di euro di aiuti.

Il modello tedesco

Siccome l'Unione europea non ha mosso obiezioni, l'Italia si è messa in scia stanziando un importo tutto sommato in linea con quelli stabiliti per altri settori colpiti in pieno dalla pandemia, come le migliaia di agenzie di viaggio e di tour operator che saranno aiutati con 625 milioni di euro.

Le similitudini con la Germania, però, cominciano e finiscono qui, le differenze sono notevoli e non depongono, purtroppo, a favore dell'Italia. Prima di tutto perché per mitigare gli effetti economico-finanziari del Covid sugli aeroporti la ministra De Micheli a metà estate aveva già preso un provvedimento pesante come l'allungamento di due anni delle concessioni di tutti i 43 scali nazionali.

Si era trattato, in pratica, di una prima forma di aiuto economico consistente, anche se differito nel tempo, in alcuni casi equivalente a centinaia di milioni di euro. In quell'occasione la ministra non potendo stanziare fondi a causa delle ristrettezze di bilancio, aveva di fatto firmato una sorta di cambiale esigibile nei decenni futuri, ma già valida per ottenere credito dalle banche. La costituzione del Fondo aeroporti con la legge di Bilancio 2021 è quindi un aiuto bis, in questo caso immediato e cash.

A differenza degli scali italiani, inoltre, i maggiori aeroporti tedeschi, da Francoforte a Monaco, sono pubblici, di proprietà della Repubblica tedesca, dei Land, delle città o di società in cui i tre soggetti appaiono insieme. In Italia, invece, i sistemi aeroportuali maggiori, Fiumicino-Ciampino a Roma, Linate-Malpensa a Milano e infine Venezia, sono prevalentemente privati.

La percentuale pubblica è irrisoria a Roma dove la società di gestione, AdR-Aeroporti di Roma, è controllata quasi al 100 per cento da Atlantia della famiglia Benetton, mentre a Venezia la parte pubblica non c'è proprio e il capitale è detenuto da due fondi, uno tedesco e uno francese, e da un privato, Enrico Marchi, che ha il 20 per cento. Solo a Milano la Sea è di proprietà del comune per il 54 per cento mentre il resto è in mano ai fondi di investimento.

Soldi pubblici ai privati

I soldi pubblici per gli aeroporti italiani vanno quindi a fondo perduto in misura prevalente ai privati (ma perché non un prestito, allora?), in particolare ai Benetton e ai fondi, e si sommano a quelli sborsati dallo Stato per la cassa integrazione che ha interessato per mesi circa il 95 per cento dei 10 mila dipendenti del sistema aeroportuale e che ora riguarda il 75 per cento di quella platea.

Il meccanismo di erogazione degli aiuti si basa sul calcolo del calo del fatturato nel periodo tra il 23 febbraio 2020 (inizio della pandemia) e il 31 gennaio prossimo, messo a confronto con lo stesso periodo precedente. Nessun soggetto beneficiario potrà incassare più del 20 per cento del totale e quindi secondo calcoli elaborati da Assaeroporti saranno riconosciuti circa 180 milioni di euro agli scali di Roma e Milano (90 ciascuno) mentre ai restanti 40 aeroporti andranno 270 milioni, cioè in media meno di 7 milioni a testa.

In pratica gli aiuti statali beneficeranno le società più grosse e più in salute prima della pandemia, quelle con le spalle economicamente più larghe che avevano goduto in pieno negli anni passati del boom dei voli. Agli aeroporti piccoli, molti dei quali in crisi profonda già prima del Covid, vanno invece le briciole, probabilmente non sufficienti a far superare loro la crisi di liquidità devastante che li asfissia.

Avendo subito cali di traffico medi intorno al 75 per cento sia la milanese Sea sia la romana Adr chiuderanno probabilmente il bilancio 2020 in perdita, ma negli anni precedenti avevano macinato utili. La Sea nel 2019 aveva ottenuto 124 milioni e 400 mila euro di utili, mentre l'anno prima erano stati 136 milioni. AdR nel 2019 aveva registrato 245 milioni di utili mentre nei 4 anni precedenti gli utili erano stati 1 miliardo e 53 milioni, trasformati in dividendi secondo quanto ha calcolato l'associazione Fuoripista con una percentuale di circa il 90 per cento, 965 milioni tondi finiti nelle tasche degli azionisti, Benetton in testa.

AdR, Sea e Venezia sono anche le società aeroportuali più beneficiate dall'allungamento della concessione. Grazie all'intervento della ministra De Micheli la lunghissima concessione Benetton è stata posticipata dal 2044 al 2046 e sempre secondo calcoli dell'associazione Fuoripista questa proroga produrrà un vantaggio economico ad AdR di circa 490 milioni di euro, ottenuti moltiplicando per due gli utili del 2019. La concessione della milanese Sea è passata dal 2041 al 2043, idem quella di Venezia.

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