È l’effetto Macron a lasciare il segno sui mercati finanziari nel day after delle elezioni europee. La scommessa, per molti un azzardo, del presidente francese che ha sciolto il parlamento chiamando la nazione al voto lascia sospeso nell’incertezza il futuro prossimo di un paese decisivo per gli equilibri politici del continente. E l’incertezza è lo scenario peggiore possibile per gli investitori grandi e piccoli.

Ecco, allora, che mentre nella mattinata di lunedì i media confermavano i numeri del grande successo della destra populista di Marine Le Pen, sui mercati sono caduti in picchiata tutti i titoli targati Francia. Il terremoto innescato da Macron si è fatto sentire anche altrove. Perfino in Italia, dove, invece i risultati hanno dato stabilità al quadro politico, confermando il primato di Fratelli d’Italia, unico partito vincente tra quelli al governo nei tre paesi più grandi dell’Unione.

La scossa

L’apparente contraddizione si spiega col fatto che l’onda lunga dell’instabilità ha effetti in proporzione maggiori sui paesi più deboli, finanziariamente parlando. E Roma, col suo debito pubblico al 140 per cento del Pil è la più esposta a questo tipo di scossoni. Il rendimento del Btp a 10 anni, con cui si misura il rischio Italia, è quindi tornato a sfiorare il 4,1 per cento per la prima volta da dicembre dell’anno scorso, mentre lo spread che venerdì scorso era stabile intorno a quota 133 nella serata di lunedì oscillava tra 140 e 141 punti.

Poteva andare ancora peggio, se non fosse che il voto europeo ha indebolito anche il governo di Berlino, penalizzato soprattutto dalla sconfitta della Spd del cancelliere Olaf Scholz. Il risultato elettorale ha spinto al rialzo il rendimento del Bund decennale tedesco, su cui si misura lo spread con il corrispondente Btp italiano. La forbice tra i due titoli si è quindi allargata, ma non di molto. Va ricordato che la stagnazione dell’economia tedesca, a cui ora si aggiunge l’aumento dell’instabilità politica, ha già innescato un aumento del 25 per cento dall’inizio dell’anno dei tassi offerti dal Bund decennale.

Milano limita i danni

Rispetto agli scossoni registrati sui mercati del reddito fisso, i listini azionari hanno reagito in modo piuttosto composto al nuovo scenario europeo. La Borsa di Milano ha perso fino all’uno per cento, stabilizzandosi poi su un ribasso intorno allo 0,4 per cento e anche la piazza di Francoforte è andata in rosso dello 0,3 per cento circa.

L’Eurostoxx 600, l’indice globale dei mercati europei, ha invece fatto segnare un ribasso dello 0,5 per cento. Anche l’euro, com’era peraltro prevedibile, ha ingranato la marcia indietro dopo l’annuncio dei risultati delle urne. Il dollaro, che perdeva terreno da qualche settimana, ha guadagnato mezzo punto percentuale sulla valuta europea.

La maglia nera resta però Parigi, che ha chiuso la giornata con una perdita dell’1,3 per cento circa. La possibilità che il presidente francese sia presto costretto a consegnare il governo del paese a una maggioranza che non potrà controllare è una prospettiva tutt’altro che rassicurante per gli investitori.

D’altra parte, l’instabilità politica si aggiunge a una situazione della finanza pubblica che già si presenta piena di incognite. Il debito pubblico francese viaggia intorno al 110 per cento del Pil e il deficit del 2023 è arrivato al 5,5 per cento.

Sulla base di questi dati tutt’altro che incoraggianti, a fine maggio Standard & Poor’s ha declassato il rating del debito sovrano di Parigi. Non c’è da sorprendersi, allora, se il rendimento del titolo pubblico transalpino a 10 anni, sofferente da settimane, nella mattinata di lunedì è subito schizzato dal 3,1 al 3,2 per cento, a conferma dell’aumentata percezione del rischio Francia da parte dei mercati. Non per niente colossi finanziari come SocGen, Credit Agricole e Bnp Paribas, che hanno i bilanci gonfi di titoli di stato di Parigi, sono stati puniti dagli investitori con ribassi tra il 3,5 e il 7 per cento.

Il giudizio di Bruxelles

Il primo turno delle elezioni annunciate da Macron si svolgerà il 30 giugno, ma sul fronte economico il governo francese è atteso nelle prossime settimane a una serie di scadenze molto importanti anche in sede europea.

Il 21 giugno, infatti, la Commissione di Bruxelles comunicherà quali sono i paesi con disavanzo pubblico superiore al 3 per cento del Pil, primo passo verso la possibile apertura di una procedura per deficit eccessivo. Del gruppo, che dovrebbe comprendere 11 Stati, farà parte la Francia, ma anche l’Italia. Il passo successivo, entro il 20 settembre, è la presentazione di un piano a medio termine, a quattro o a sette anni, che dovrà indicare un percorso di rientro del debito, sulla base di un programma di investimenti e riforme.

Poi, a novembre, Bruxelles formulerà le proprie raccomandazioni. L’esame europeo avverrà nelle settimane in cui entreranno nel vivo le trattative tra le capitali europee per la nomina della nuova commissione. E anche se non si prevedono ribaltoni nella maggioranza che governerà il parlamento europeo, gli investitori temono che lo spostamento a destra dell’asse politico dell’Unione potrebbe avere conseguenze nei rapporti con i governi nazionali, nel senso di lasciar maggior spazio di manovra ai paesi più indebitati.

Del resto, il partito di Le Pen, che potrebbe prendere il potere a Parigi, ha un programma tutt’altro che rigoroso sul fronte della spesa pubblica, con proposte che vanno dall’abbassamento dell’età pensionabile da 64 a 60 anni fino a una serie di riforme, come quella del sistema tributario, che mal si conciliano, per usare un eufemismo, con un programma di rigore nei conti dello Stato.

Anche Giorgia Meloni potrebbe approfittare della situazione e ottenere maggiori margini di manovra sul fonte del risanamento dei conti pubblici. Uno scenario positivo per i partiti di governo, che però preoccupa, e molto, i mercati.

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