Slitta il sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia, contenente un embargo graduale al petrolio in arrivo da Mosca. Le misure le ha annunciate questa mattina la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, durante il dibattito alla plenaria del parlamento europeo, riunito a Strasburgo, sulle conseguenze in Ue della guerra in Ucraina.

Una fonte europea, quando il Coreper, il consiglio degli ambasciatori degli stati membri, ha riferito del mancato accordo, ha tenuto a specificare che comunque le misure sono state condivise a mezzanotte e dunque gli stati hanno chiesto più tempo per analizzarle. Per ora si prevede l'approvazione del “pacchetto” entro fine settimana, forse già domani. Ma al momento è già certo che non tutti i paesi dell’Unione europea sono d’accordo visto che Ungheria, Slovacchia e Bulgaria hanno chiesto una deroga e anche la Grecia non è soddisfatta. 

L’embargo totale

Per quanto riguarda il petrolio, rivolgendosi agli eurodeputati, la presidente della Commissione ha annunciato «un embargo totale di importazione su tutto il petrolio russo, via mare e da oleodotto, greggio e raffinato», ma «graduale» e «in modo ordinato, in modo da consentire a noi e ai nostri partner di garantire rotte di approvvigionamento alternative e ridurre al minimo l'impatto sui mercati globali».

Per il petrolio e i prodotti raffinati sono previsti due tempi diversi. Il petrolio dovrebbe essere eliminato tra sei mesi, quindi lo stop definitivo dovrebbe essere fissato ai primi di novembre. L’embargo sui prodotti raffinati arriverà invece tra otto mesi, dunque sarà operativo dal 2023. «Massimizziamo la pressione sulla Russia, riducendo allo stesso tempo al minimo i danni collaterali a noi e ai nostri partner in tutto il mondo», ha aggiunto Von der Leyen, ma ha ammesso che «non sarà facile».

La commissione propone inoltre di impedire alle navi europee di trasportare petrolio e carburanti russi in qualsiasi parte del mondo. Per quanto riguarda le nuove esclusioni dal sistema di pagamento internazionale Swift, la presidente della Commissione ha annunciato l'inserimento di Sberbank, «di gran lunga la più grande banca della Russia, e altre due grandi banche».

Von der Leyen ha poi annunciato un allargamento ulteriore della lista dei sanzioni agli «alti ufficiali militari e altre persone che hanno commesso crimini di guerra a Bucha e che sono responsabili dell'assedio disumano della città di Mariupol». Nel sesto pacchetto saranno incluse anche altre emittenti russe.

Ungheria e Slovacchia

Nei giorni scorsi Ungheria e Slovacchia avevano chiesto di essere espressamente esentate dalla misura, in quanto maggiormente dipendenti dai prodotti russi. I due paesi avevano chiesto una deroga speciale per quest’anno e il prossimo. L’embargo, hanno chiarito, sarebbe troppo pesante da sopportare per chi è senza sbocco sul mare e del tutto dipendente dalle consegne dell'oleodotto Druzhba. Una connessione che, così come quella del metano, passa attraverso l’Ucraina.

La Commissione per loro ha già previsto di lasciare che continuino a importare fino al 2023, senza la possibilità di aprire nuovi contratti che vadano oltre quella data.

Tuttavia ci sono anche Bulgaria e Repubblica Ceca, che sfiorano quasi il 100 per cento di dipendenza dal petrolio russo. La Bulgaria infatti ha chiesto alla Commissione europea lo stesso trattamento: «Se ci sono eccezioni, eserciteremo il nostro diritto di utilizzare la stessa eccezione», ha spiegato il vice premier e ministro delle Finanze bulgaro, Assen Vassilev, in un’intervista al quotidiano Capital.

Se la commissione Europea prevedrà eccezioni per Slovacchia e Ungheria «vorremmo approfittare di queste eccezioni, poiché è nel migliore interesse dei consumatori bulgari, dei trasportatori bulgari e del popolo bulgaro nel suo insieme». La questione delle navi invece avrebbe riverberi soprattutto in Grecia.

La situazione in Italia

Per quanto riguarda l’Italia, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha affermato che l’Italia non porrà veti ma sul tema specifico non si è espresso. L’import di petrolio grezzo dalla Russia è basso, e si aggira intorno al 10 per cento, per un totale di circa 5,5 milioni di tonnellate all’anno. Eni conferma che sin dall’inizio del conflitto ha sospeso la stipula di nuovi contratti relativi all’approvvigionamento di greggio o prodotti petroliferi dalla Russia, sostituiti con nuovi relativi a forniture provenienti dal mercato internazionale (Africa, Nord Europa, Middle East e Stati Uniti).

Lo schema è lo stesso per quasi tutte le 11 raffinerie presenti in Italia, ma con una rilevante eccezione, la raffineria posseduta dalla compagnia Lukoil tramite la scietà Litasco in Sicilia, la Isab di Priolo. Da quando sono partite le sanzioni contro la Russia, l’impianto ha avuto delle difficoltà sulle linee di credito, e attualmente importa quasi integralmente greggio russo.

Per quanto riguarda i prodotti raffinati per l’approvvigionamento della rete carburanti, l’Italia importa piccole quantità, tuttavia sono ancora in corso i lavori per la diversificazione. Eni riferisce che «stiamo massimizzando le produzioni dalle nostre raffinerie in Italia», ovvero due impianti posseduti direttamente, quello di Taranto e Livorno, e la Ram in società con Kuwait Petroleum, dunque la sostituzione non è ancora definitiva, un problema che potrebbe riguardare tutta la rete di distribuzione e soprattutto il gasolio, il carburante che la Russia esporta di più verso l’Italia e l’Europa.

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