Avere il gas non basta, poi servono le infrastrutture per esportarlo da una parte e poterlo importare dall’altra. Il prezzo spot del gas naturale nel Texas occidentale è sceso sotto lo zero, costringendo di fatto i produttori a pagare per scaricarlo, si legge sul Financial Times, mentre l'Europa continua a essere alle prese con costi elevati. Il prezzo europeo questa mattina è tornato sopra i 100 euro al megawattora (MWh), nello specifico al mercato olandese la quotazione al Ttf è a 104,75 euro.

Il crollo

Il prezzo negativo del gas statunitense, spiega il quotidiano, è dovuto all’aumento della produzione nella regione del bacino Permiano (Permian Basin) con limiti nel trasporto tramite gasdotto a cui si aggiungono le interruzioni dei terminali di gas naturale liquefatto utilizzati per esportare il gas degli Stati Uniti all'estero.

Il gas per la consegna il giorno successivo all'hub commerciale di Waha è sceso a meno di 2,25 dollari per milione di unità termiche britanniche martedì all'Intercontinental Exchange, secondo S&P Global.

La questione è tecnica. Il terminal Gnl di Freeport sulla costa del Texas, uno dei più grandi impianti di esportazione del paese, è fuori servizio da giugno a causa di un incendio. In questo modo gli Stati Uniti hanno perso uno sbocco per la domanda di gas prodotto, un problema che all’epoca invece aveva fatto salire i prezzi in Europa, alle prese con le interruzioni delle forniture e la mancanza di alternative immediate al metano russo.

In Texas si è aggiunta questa settimana la manutenzione programmata dei gasdotti Gulf Coast Express ed El Paso Natural Gas gestiti da Kinder Morgan, che trasportano gas sempre dallo stesso bacino. La manutenzione dovrebbe durare alcuni giorni, secondo Mark Callahan, direttore della reportistica sui prezzi del gas naturale e dell'energia nelle Americhe presso S&P Global Commodity Insights.

Non è stata la prima volta che i prezzi a Waha sono diventati negativi: lo hanno fatto nove volte nel 2020 e 31 volte nel 2019. Ma questa volta la mossa è avvenuta mentre l'Europa si prepara a potenziali carenze invernali mentre Mosca taglia le forniture per rappresaglia alle sanzioni occidentali.

Gli ambientalisti hanno affermato che il recente calo dei prezzi locali potrebbe incoraggiare gli operatori a bruciare più gas in eccesso, rilasciando anidride carbonica direttamente nell'atmosfera: «Ci aspettiamo che questo porterà a uno sfortunato aumento del flaring», ha affermato al quotidiano Jon Goldstein, direttore senior degli affari normativi e legislativi presso l'Environmental Defense Fund. Uno spreco, ricordano, che arriva mentre in Europa c’è carenza di fonti di approvvigionamento alternative e la crisi ucraina non accenna a rientrare.

Il price cap

L’Unione europea intanto non è riuscita a trovare una linea comune per porre un freno ai prezzi. Nonostante la cifra sia lontana dai 300 euro MWh toccati nelle scorse settimane, il prezzo resta alto ed è sceso solo perché gli stoccaggi sono ormai quasi pieni e i consumi si mantengono bassi. Quando la temperatura cambierà e ci sarà più freddo, è facile ipotizzare che torneranno a salire.

I ministri dell'Energia ieri a Lussemburgo hanno sollecitato la Commissione a fare in fretta a presentare una proposta per limitare i prezzi, ma l'Esecutivo Ue vuole agire solo in presenza di un ampio consenso, che ancora non c’è. Il «corridoio dinamico» del prezzo proposto dal governo Draghi e che ha riunito Italia, Spagna, Francia e Grecia, potrebbe essere accettato in teoria, ma l’applicazione non trova tutti d’accordo, senza contare che anche alcuni esportatori, come la compagnia algerina Sonatrach, subito dopo il lancio della proposta il 18 ottobre si sono detti contrari.

Intanto è stato deciso di convocare un altro consiglio Energia straordinario per il 24 novembre. L'Italia, ha detto il ministro all'Ambiente e Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, al suo esordio nelle istituzioni europee, ha ribadito «l'urgenza delle misure incluse nel pacchetto energia, e con noi la maggior parte degli altri Paesi».  La Commissione «si è impegnata a valutare tutte le proposte in tempi rapidi», ha riferito il ministro. Con lui l'ex ministro oggi consulente Roberto Cingolani, consulente in questa fase di passaggio e garante della continuità con la linea Draghi del governo Meloni.

La Commissione, intanto, ha consegnato la sua analisi costi/benefici sul modello iberico in un non-paper. L’idea di imporre un tetto sul prezzo del gas usato per produrre elettricità e finanziare la differenza tra il prezzo imposto e quello di mercato con risorse pubbliche - derivanti nel caso della Spagna dagli extra profitti delle rinnovabili - comporterebbe una serie di problemi, rileva la Commissione.

Prima di tutto, riferisce LaPresse, per stati come l'Italia, che hanno una grossa componente di gas usato per generare elettricità, i costi da sostenere sarebbero troppo alti.

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