Sarà lunga la battaglia sulle assicurazioni Generali, la più rilevante per l’assetto dei poteri economici italiani: mancano ancora cinque mesi all’assemblea di aprile dove lo scontro tra i membri del patto che critica la gestione di Philippe Donnet, amministratore delegato che per ora può vantare di aver centrato e anche superato i target dei piani industriali, andrà presumibilmente ai voti. 

E quindi ogni fase dello scontro è destinata a essere interpretata in maniera drammatica, come provano le cronache sul voto con cui ieri sera è stato approvato con una maggioranza di undici consiglieri di amministrazione su tredici il piano strategico 2022-2025 della compagnia. 

Il patto non si è rotto

Il voto contrario del vicepresidente Gaetano Caltagirone, primo dei nemici di Donnet e l’assenza del rappresentante della Delfin di Leonardo Del Vecchio, secondo nemico di Donnet, erano praticamente attese. Invece ha fatto rumore il voto a favore di Sabrina Pucci, consigliera descritta da diversi organi di stampa come «vicina alla fondazione Crt», cioè il terzo membro del patto, come se i tre andassero in ordine sparso. 

 Peccato che gli ambienti vicini alla fondazione smentiscano categoricamente il legame con Pucci, di fatto confermando la posizione fredda nei confronti di Donnet. 

Dal suo punto di vista l’amministratore delegato può vantare di fronte ai soci un piano che prevede utili in crescita tra il 6 e l’8 per cento e dividendi per un totale di oltre cinque miliardi di euro entro il 2024.

La natura dello scontro, tuttavia, finora è un conflitto di potere più che di merito, almeno in attesa di capire quale sia la strategia alternativa proposta da Caltagirone e alleati. Pertanto i pattisti non si accontentano dei risultati finanziari e non bastano lauti dividendi e obiettivi centrati per dividerli nella contestazione di strategie e management. 

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