I ritardi di Stellantis. Filosa punta tutto sulla fine del green deal

L’auto europea lancia questa settimana l’attacco decisivo alle norme del Green Deal europeo sul settore auto. Nell’incontro a Bruxelles i costruttori chiederanno a Ursula von der Leyen nuovi incentivi alla domanda di auto elettriche, un’apertura anche ad altre tecnologie di motori, annacquando così e rischiando di far naufragare il progetto. «Raggiungere gli obiettivi di taglio della CO2 nel 2030 e il blocco della vendita di motori a scoppio nel 2035 non è più fattibile nel mondo di oggi», ha proclamato l’associazione Acea in una lettera. La Ue ha già concesso una maggiore flessibilità diluendo su più anni le penalità per chi vende auto ad alte emissioni di CO2. Nel suo discorso di mercoledì a Strasburgo, von der Leyen ha annunciato un aiuto per la produzione di batterie e una possibile nuova categoria di auto piccole, come le giapponesi “kei-car”, più economiche a prezzo di meno sicurezza. È possibile che i costruttori riescano a strappare altre concessioni al tavolo di venerdì. Il bluff di Stellantis e governo, a Mirafiori restano in apnea La posizione di Stellantis Tra i più accesi sostenitori delle richieste di Acea c’è Stellantis, che ha sparato una doppia bordata con una intervista del ceo Antonio Filosa e un discorso al Salone dell’auto di Monaco, in Germania, del numero uno europeo Jean-Philippe Imparato. Stellantis non è l’unica azienda a chiedere modifiche radicali al piano Ue. Non è un caso che la campagna dei costruttori sia diventata più aggressiva da quando a capo della lobby c’è Ola Kallenius, amministratore delegato della Mercedes. La casa tedesca ha accumulato sull’elettrico un certo ritardo nei confronti della rivale Bmw e, secondo l’organizzazione ambientalista Transport & Environment, sarà l’unico costruttore che a fine 2025 non raggiungerà gli obiettivi di riduzione della CO2 previsti dalle norme in vigore. È importante però capire la posizione di Stellantis, perché da essa si può dedurre quale strategia verrà seguita nei prossimi anni, con impatti diretti sull’Italia. Stellantis paga il conto della crisi negli Usa, perdite per 2,3 miliardi Disimpegno elettrico Le vendite di auto in Europa ristagnano e non si sono riprese dal calo post Covid, ma per motivi che non hanno nulla a che fare con la decarbonizzazione. Se il mercato dell’auto è in difficoltà, per Stellantis si può parlare di crisi. Nei primi sei mesi il gruppo ha venduto in Europa oltre 100mila auto in meno rispetto al 2024, in un mercato rimasto allo stesso livello. Il gruppo italo-francese non è messo bene neppure nel campo delle vetture a batterie: sempre nel 2025 la sua quota di mercato sulle elettriche è stata dell’11,5 per cento, in calo rispetto al 2024 e inferiore a quella del 15,1 per cento sul mercato totale. Delle prime 30 vetture elettriche vendute in Europa ce n’è solo una di Stellantis: la Citroën ë-C3 al 16° posto. In questa situazione si potrebbe pensare che Stellantis investa il più possibile sulla tecnologia del futuro, ovvero le batterie. Il gruppo guidato da Filosa sembra invece aver scelto la direzione opposta. Ai giornalisti a Monaco, Imparato ha annunciato investimenti soprattutto sui motori ibridi: da quelli “full” (quelli lanciati da Toyota, per intenderci) a quelli “mild”, ovvero con piccoli motori elettrici e batterie, già impiegati su varie auto del gruppo e che permettono una minor riduzione della CO2 rispetto ai motori a benzina. Stellantis punterà anche sugli ibridi ricaricabili alla spina; attualmente quelli del gruppo hanno un’autonomia in elettrico pari a meno della metà dei più recenti modelli della concorrenza. Non una parola, da Imparato, sulle auto a batterie e sulle loro tecnologie. Nienteautoall’idrogeno: Stellantisfamarciaindietro Missione impossibile Una delle spiegazioni dell’apparente disimpegno di Stellantis dall’elettrico è finanziaria. Il gruppo non ha i fondi per investire su tutti i fronti. Ha chiuso il primo semestre dell’anno in passivo per oltre due miliardi di euro, con un margine di profitto industriale praticamente azzerato, e anche il mercato americano ha smesso di essere una gallina delle uova d’oro. Partendo da questa constatazione, però, si può arrivare a una lettura estrema: Stellantis sa di non avere le forze per colmare il ritardo sull’elettrificazione, e vede l’unica salvezza in una cancellazione di fatto del Green deal. A questo si potrebbe arrivare se venissero accolte tutte le richieste dei costruttori: non solo l’eliminazione della scadenza del 2035, ma anche un freno all’inasprimento graduale dei limiti alla CO2 dal 2030 e una cancellazione della “stretta” sugli ibridi ricaricabili rispetto alle norme che li hanno finora avvantaggiati rispetto alle auto solo a batterie. Dire che «ormai è chiaro che la scadenza del 2035 non potrà essere rispettata» contraddice una crescita 2025 delle vendite di auto elettriche nettamente superiore alle altre tecnologie e un miglioramento tecnologico evidente per chi abbia visitato in questi giorni il Salone dell’auto di Monaco. Chi forse è già convinto di non farcela, sembra essere proprio Stellantis; aggrapparsi alle vecchie tecnologie può essere però solo una soluzione di breve periodo, buona tutt’al più per accompagnare verso la pensione una parte dei dipendenti e, chissà, dare agli azionisti il tempo di cambiare cavallo. 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