Le crisi aziendali si moltiplicano, mentre il cosiddetto decreto anti delocalizzazioni è fermo da settimane. Ieri il ministro del lavoro Andrea Orlando ha incontrato alla prefettura di Napoli i lavoratori della Whirlpool che il 3 novembre hanno ricevuto le prime lettere di licenziamento. Mentre gli operai campani ottenevano nuove rassicurazioni sul fatto che il 15 dicembre sarà costituito il consorzio di imprese che dovrebbe assorbire i lavoratori a partire dalla metà del 2022, i sindacati metalmeccanici aggiungevano un nuovo capitolo alla spoon river dell’industria italiana: l’azienda Saga Coffee ha deciso di chiudere il suo stabilimento nel bolognese, lasciando a casa 220 persone, in prevalenza donne.

Whirlpool

Il 16 ottobre la multinazionale americana Whirlpool aveva confermato l’intenzione di procedere al licenziamento dei 340 operai dello stabilimento di Napoli. Il tribunale ha ritenuto la decisione dell’azienda legittima. Nelle lettere inviate agli operai la società ha offerto o il trasferimento in provincia di Varese o 85mila euro per rinunciare a ricorsi. La continuità occupazionale, promessa in un primo tempo dal ministero del Lavoro nell’incontro coi sindacati del 19 ottobre, non ci sarà. Nel frattempo ci sono nuove promesse sulla possibilità di riassorbimento di tutta la forza lavoro, gradualmente, a partire dal giugno 2022 ed entro la fine del prossimo anno. Il ministero spiega che il 15 dicembre è prevista la costituzione del consorzio di imprese, attualmente otto tra cui il gruppo Adler, a cui dovrebbe partecipare anche Invitalia, e la presentazione di un piano industriale per riconvertire lo stabilimento nella filiera dell’automotive, con la partecipazione sul fronte della ricerca e sviluppo della Università Federico II di Napoli. I sindacati attendono che le dichiarazioni vengano confermate.

Saga Coffee

Nel frattempo un’altra crisi si è aperta nel bolognese. Ieri, nella sede di Confindustria Bologna è stata comunicata alla rappresentanza sindacale della Saga Coffee di Gaggio Montano, a Fiom Cgil e Fim Cisl, la volontà di chiudere lo stabilimento che produce macchine da caffé. Saga fa parte del gruppo multinazionale Evoca, sede a Valbrembo, provincia di Bergamo e siti in quattordici paesi. I sindacati, in un comunicato diffuso ieri, accusano l’azienda di voler delocalizzare, anche a fronte del fatto che la chiusura dello storico stabilimento bolognese, avviene mentre a Bergamo sono in corso assunzioni e chiedono al ministero di aprire un tavolo sul nuovo fronte di crisi.

Ideal Standard

Di certo, vuole delocalizzare la multinazionale Ideal Standard (le ex Ceramiche Dolomiti) che il 27 ottobre ha comunicato ai sindacati la chiusura dello stabilimento di Tirchiana, in provincia di Belluno, dove lavorano 500 persone.

«I lavoratori, da tempo, avevano mostrato preoccupazione e ipotizzato che le decisioni della multinazionale andassero in questa direzione e, purtroppo, è accaduto ciò che temevano», ha detto l’assessore veneto Elena Donazzan. Proprio ieri era fissato in regione Veneto il primo incontro per la trattativa tra i sindacati e la società. L’azienda si è detta aperta a ragionare sulla possibilità di vendere lo stabilimento, con cessione del marchio, a concorrenti. Nel frattempo Donazzan e altri due deputati di Fratelli d’Italia hanno accusato il governo per i ritardi sul decreto anti delocalizzazioni: «Ancora una volta la scelta di delocalizzare la produzione in Europa dell’est per tagliare i costi, si abbatte drammaticamente su personale, famiglie e un intero territorio».

Anti delocalizzazioni

Il decreto anti delocalizzazioni è fermo da settimane. Secondo fonti vicine al dossier a palazzo Chigi stanno esaminando il testo. Ma il governo e i partiti che compongono la maggioranza sono divisi: da una parte, riferiscono sempre le stesse fonti, ci sono il ministro Orlando del Pd e la sottosegretaria Alessandra Todde del M5s, che sono gli autori della proposta, dall’altra ci sono le resistenze e l’opposizione del ministro leghista Giancarlo Giorgetti. Come su altri fronti Draghi prende tempo. Ieri Sinistra italiana ha depositato una sua proposta per cercare di sbloccare la situazione.

Elica

Nel frattempo sono in attesa di sapere che ne sarà di loro anche i dipendenti della azienda Elica, in provincia di Ancona, il cui presidente è l’ex senatore di Forza Italia, Francesco Casoli. Il 31 marzo la società aveva comunicato 409 esuberi su 560 occupati, dovuto alla delocalizzazione dello stabilimento in Polonia.

Gkn

A Gkn, la fabbrica che produce componentistica per il settore automotive, e dove oltre 400 operai sono stati licenziati senza alcun preavviso, la situazione è temporaneamente sospesa, dopo che il tribunale di Firenze ha dichiarato i licenziamenti illegittimi. La società che fa capo al fondo di ristrutturazione Melrose, non ha riavviato la procedura di licenziamento, ma ha confermato la volontà di liquidare l’azienda.

Embraco–Acc

Ci sono poi le crisi su cui per alcuni mesi si era proiettata la speranza di una soluzione, che poi si è sciolta al sole, nel passaggio da un governo all’altro. È il caso della Embraco nella cintura torinese e della Acc, come Ideal Standard impresa delle valli bellunesi. Impiegavao rispettivamente 400 e 300 lavoratori e secondo i piani dell’ex ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, avrebbero dovuto formare insieme un polo italiano della produzione di compressori per frigoriferi, con Invitalia, quindi con lo stato come socio di maggioranza. Giorgetti ha bocciato il progetto perché non lo ritiene economicamente sostenibile. La cassa integrazione continua.

Ilva

Anche all’Ilva di Taranto, dove da aprile è stata costituita sempre tramite la solita Invitalia la nuova società a guida pubblica Acciaierie d’Italia, il clima è tesissimo. Il nuovo consiglio di amministrazione si è insediato a luglio. Il ministro dello Sviluppo economico Giorgetti ha annunciato ripetutamente la presentazione del nuovo piano industriale. Prima a luglio, poi ad agosto, a ottobre è stato più cauto: «Arriva a breve». Poi, il silenzio che non riguarda solo la città-fabbrica di Taranto ma anche un altro polo della siderurgia, l’ex Lucchini di Piombino, dove sempre Invitalia è entrata nel capitale sociale di Jws Steel Italy. Il 30 settembre Uilm, Fim Cisl e Fiom Cgil hanno inviato ai ministeri dello Sviluppo, del Lavoro, della Transizione ecologica, del Mezzogiorno, dell’Economia e a Invitalia, la richiesta di avviare un tavolo sul piano industriale per Taranto.

Non hanno ottenuto alcuna risposta e così il 4 novembre hanno rinnovato la richiesta, annunciando però una manifestazione nazionale a Roma per il 10 novembre.

Lo stesso giorno Uilm e Fiom hanno proclamato lo stato di agitazione dopo che ArcelorMittal ha chiesto ai lavoratori turni straordinari per riavviare gli altoforni e, denunciano i sindacati, non li ha pagati, mentre gode della cassa integrazione per gli altri. Al 25 ottobre i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico erano 88, di si è ancora alla ricerca di una soluzione per 57 di questi.

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