Il governo italiano ha deciso di puntare su un piano strategico per incentivare l’industria dei pagamenti digitali. Il piano prevede oltre 11 miliardi di investimenti e incentivi per favorire la transizione dal contante ai pagamenti elettronici e la trasformazione di Milano in un hub europeo dell’innovazione finanziaria. Ma la parte più ambiziosa dei progetti del governo sui pagamenti elettronici è una fusione societaria sotto l’egida di Cassa depositi e prestiti che produrrebbe uno dei leader europei del settore.

La fusione di Nexi e Sia

Il “piano cashless” annunciato una settimana fa prevede un investimento di 10 miliardi di euro per favorire la transizione dal contante all’utilizzo dei mezzi di pagamento elettronici con incentivi destinati sia ai consumatori che ai negozianti. Altri 1,3 miliardi saranno investimenti per sostenere il passaggio della pubblica amministrazione ai pagamenti digitali. Questo piano «può essere una grande leva per combattere l’evasione fiscale», ha detto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

Ma all’ombra di questo progetto, fonti di alto livello hanno confermato che governo e Cassa depositi stanno spingendo per la creazione di un polo del fintech costruito intorno a un campione di livello globale. Questo campione dovrebbe nascere dalla fusione tra Nexi e Sia, due società che insieme coprono tutto il ventaglio dei servizi che fanno parte del mondo pagamenti digitali, da quelli ai consumatori fino a quelli destinati alle banche centrali.

La prima e più grande delle due società, Nexi, è nata dall’ex istituto per le banche popolari che controllava CartaSì. Con 12 miliardi di euro di capitalizzazione è la quattordicesima azienda quotata alla Borsa di Milano. Controllata da un consorzio di fondi di investimento, di cui fanno parte Advent international, Bain capital e Clessidra, negli ultimi anni Nexi ha acquisito la gestione dei servizi dei pagamenti digitali dei clienti gestiti da Mps, Deutsche Bank, Carige e Intesa San Paolo, quest’ultima è anche entrata nel suo capitale come secondo azionista con circa il 10 per cento. Nexi ha anche stretto accordi con tutte le big tech, da Amazon a WeChat.

Negli ultimi sei mesi il valore delle azioni di Nexi è aumentato di quasi un terzo, passando dagli 11,73 euro del primo aprile ai 17,48 del primo ottobre, aiutata dalle notizie sulla fusione con Sia, ipotizzata da anni ma che finora non si è mai concretizzata.

Sia, al contrario di Nexi che è un’azienda eminentemente italiana, opera in cinquanta paesi e ha una rete concentrata soprattutto in Europa centrale, a partire dalla Germania, e nell’Europa sud orientale.

Mentre Nexi si occupa soprattutto di privati, Sia offre infrastrutture digitali principalmente a istituzioni finanziarie come le banche centrali – tra i suoi clienti ce ne sono almeno venti, inclusa la Bce - a mercati finanziari e amministrazioni pubbliche. Questa volta l’accordo sembrava vicino, ma a luglio c’è stata una battuta di arresto. Il primo problema è stato la valutazione di Sia, che non è quotata.

La società è per l’83 per cento controllata da Cassa depositi e prestiti (gli altri soci sono Banco Bpm al 5 per cento e Mediolanum al 3 per cento e Deutsche Bank al 2,6). A fine 2019, Sia contava 727,9 milioni di euro di ricavi e un margine opertativo lordo di 201,4 milioni di euro. Nexi ha un fatturato di circa il 10 per cento più alto, ma quasi il doppio di margine.

Gli ostacoli alla fusione

Assieme ai contrasti sulla valutazione, la lentezza delle trattative è legata anche a quella che una fonte di alto livello definisce una «guerra per il comando», con Cdp che punta a mantenere il controllo della nuova società che nascerebbe dalla fusione. Cdp Equity non ha voluto commentare queste indiscrezioni.

Negli ultimi giorni il primo nodo si è allentato, aprendo la strada a una fusione che dovrebbe avvenire attraverso un’operazione di concambio di azioni. Sia ha rinnovato l’intesa con Unicredit, suo maggiore cliente e questo ha fatto più chiarezza sulla sua valutazione.

L’ordine di grandezza a cui viene stimata Sia è tra i 3,4 e i 4,2 miliardi di euro, dice un analista di primo livello. In più l’accordo terrà conto anche dell’influenza che le indiscrezioni sulla fusione avranno sulle quotazioni di Nexi. Perché Cdp possa ottenere il controllo come da piani del governo potrebbe però essere necessario un aggiustamento successivo delle partecipazioni.

Potenziali di crescita

Le aspettative per la creazione di una azienda che in molti definiscono di sistema sono alte. L’Italia potrebbe avere il secondo campione europeo, a fronte di un mercato italiano che offre margini di crescita molto più ampi degli altri stati dell’Unione.

Secondo l’ultimo osservatorio sulle carte di credito e i pagamenti digitali di Nomisma, infatti, l’incidenza dei pagamenti con carte elettroniche sui consumi delle famiglie italiane nel 2019 era pari al 19,8 per cento, contro una media europea pari a circa il doppio.

Secondo il politecnico di Milano, le transazioni contactless in Italia potrebbero crescere addirittura del 500 per cento nei prossimi due anni. Attorno all’operazione Sia-Nexi si muove l’idea di creare un’industria italiana del denaro digitale. Il baricentro sarebbe Milano, che nei piani del governo e con l’avallo di Banca d’Italia dovrebbe diventare un «hub europeo dell’innovazione per gli operatori finanziari», sul modello di quelli creati su impulso di altre banche centrali. Per centrare l’obiettivo l’esecutivo è pronto a investire 80 milioni di euro.

A Roma si discute già di modificare le normative per allargare alle banche le agevolazioni fiscali previste per le imprese che investono e acquisiscono start up innovative. Poi bisognerà essere attivi nelle trattative sulla normativa europea sui pagamenti digitali. Sempre se si riuscirà a fare sistema.

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