Lo stato del Delaware non raggiunge nemmeno il milione di abitanti ma è la sede dei due terzi delle aziende incluse nel Fortune 500, la lista delle maggiori società quotate alla borsa di New York, la più importante al mondo. Amazon e Alphabet, Walmart e Uber, la stragrande maggioranza dei brand più conosciuti al mondo, formalmente sono imprese del Delaware. Nel 2020 il 93 per cento delle società che ha deciso di quotarsi a Wall Street aveva sede nello stato che ha eletto e confermato per decenni l’attuale presidente americano, Joe Biden, al Senato. E, sempre nello stesso anno, il 70 per cento delle nuove aziende registrate in Delaware erano delle Llc, limited liability companies, un tipo di società che non ha bisogno nemmeno di un accordo scritto per essere creata e può avere anche un solo socio. La maggioranza di queste aziende non ha nessuna sede operativa nel piccolo stato americano, ma intanto questa concentrazione fa sì che il codice di impresa del Delaware sia quello dei maggiori attori del mercato globale.

Stato “business friendly”

Perché proprio il Delaware? In Delaware rispondono che il loro è un ambiente business friendly, formula magica che non spiega niente. Si potrebbe semplicemente pensare che come altri paesi preferiti dalle imprese, come l’europeo Lussemburgo, il Delaware offra un mix di bassa tassazione, facilità di mettere in piedi una impresa e garanzie di anonimato. Tutto vero. Le autorità federali statunitensi, per dare un’idea, non hanno mai avuto a disposizione un registro pubblico delle società dello stato che fornisse informazioni sui soci delle imprese come le Llc.

E questa caratteristica ha attirato oligarchi come Oleg Deripaska, architetti dell’evasione globale come Fonseca del famoso studio dei Panama Papers che tra tutte le giurisdizioni spiegò a un reporter, anni prima dello scandalo, che teneva in Delaware i suoi soldi e diverse reti criminali, oltre che le decine di multinazionali rispettabili che tutti conosciamo.

Ma c’è anche dell’altro, ed è proprio questo altro la cosa più interessante raccontata nel libro What’s the matter with Delware?, pubblicato dalla Princeton university press e firmato dall’ex giornalista del Financial Times, oggi direttore della Chicago Booth Review, Hal Weitzman. “Perché il Delaware?”, sembra una domanda banale. Chi si occupa di economia e di tassazione o di crimini finanziari tende a pensare di poter immaginare una risposta.

E infatti molti giornalisti hanno rifiutato di rispondere: quando gli è stato proposto di scrivere questo libro, spiega Weitzman nell’introduzione, non hanno voluto occuparsene, sostenendo di essere più interessati a grandi storie sul riciclaggio di denaro internazionale, in cui il Delaware spesso è un tassello di una lunga catena di passaggi. Spesso, però, le grandi storie come questa, capace di condizionare i mercati globali, si spiegano nelle piccole cose, piccole come il Delaware e il suo incredibile sistema istituzionale.

Il consiglio degli avvocati

Nel libro Halzman lo chiama «il processo», ed è il sistema in cui viene scritto il codice di impresa del Delaware che coincide di fatto con il codice di impresa delle maggiori imprese a livello globale. «Il codice di impresa americano», scrive Halzman, «non viene scritto a Washington… Non è messo a punto da un gruppo di rappresentanti eletti, o di esperti nominati dai rappresentanti. Il dibattito su di esso non è aperto al pubblico o ai media». Quando l’autore del libro ha cercato di rispondere a quella semplice domanda ha scoperto che le leggi di impresa sono scritte dagli avvocati delle stesse imprese.

Non per modo di dire, ma letteralmente. Cioè ogni anno «da un gruppo di ventisette avvocati non eletti che si incontrano in privato per mesi a Wilmington, Delaware, prima di mandare le loro raccomandazioni ai legislatori dello stato per cambiamenti al codice». I membri del gruppo di solito chiamato corporation law council sono selezionati in maggioranza tra le 14 più importanti firme legali dello stato, che non sono tenute ad alcuna dichiarazione dei loro conflitti di interesse, né a rispettare alcuna incompatibilità. Le loro deliberazioni sono private e «diventano legge quasi sempre». Questo assetto è il principio della cattura dei regolatori da parte di specifici interessi fatto istituzione. Sarebbe grave anche nel piccolo e noioso Delaware, riguarda però tutti noi. Nella sua analisi, Halzman racconta come lo stato è diventato sia carnefice sia vittima della situazione. Negli anni la sua dipendenza dai benefici che offre a imprese fantasma che hanno la sede in Delaware solo pro forma e si rivolgono ai suoi servizi legali è costantemente aumentata. Il Delaware si è anche specializzato nelle cause di bancarotta, con un tribunale ad hoc che le imprese preferiscono, visto che il suo codice dice che va seguito il principio della buona fede dell’impresa, con buona pace delle vittime della bancarotta di imprese che realmente operano in altri stati.

Finanziamenti elettorali

Nel 2020 la “franchise”, la tassa che le aziende pagano allo stato per essere ospitate legalmente è stata pari a dieci volte le entrate delle imposte sul reddito del Delaware. Grazie a questa imposta – nel 2017 la più alta era 180mila dollari – i cittadini dello stato pagano poche tasse e nessuna imposta sui consumi. Contemporaneamente lo stato non decide sulla sua più importante fonte di entrate, in un buco nero di controllo democratico.

I rappresenti del Delaware a Washington hanno sempre difeso lo status quo corporativo, resistendo per vent’anni alle richieste di mettere fine all’anonimato delle società e arrivando a proporre leggi che prevedevano di poter associare un nome a un’impresa senza che fosse necessario che quel nome fosse il vero socio.

Hanno perso nel 2021, ma solo in parte.

Tra un anno, a partire dal 2023, le autorità federali potranno finalmente consultare un registro dei soci con aziende in Delaware, ma la legge non si applica ai trust e soprattutto non rende il registro pubblico, rendendo impossibile per esempio tracciare i finanziamenti politici.

Eppure a Washington il Delware è ben conosciuto. L’ex presidente Donald Trump si è vantato di avere 378 società in Delaware, la fondazione dei Clinton opera dal Delware e persino il chief of staff di Alexandria Ocasio-Cortez è stato al centro di una grossa polemica per avere ricevuto finanziamenti politici attraverso una sua società anonima nello stato.

Alla fine anche alle prossime elezioni di midterm a novembre – e ai flussi milionari che le accompagnano – il Delaware farà per l’ennesima volta la sua parte.

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