Una lettera indirizzata al governo da Malagò, Gravina e Dal Pino chiede di accelerare e facilitare la costruzione di nuovi stadi, concepiti per essere proprietà dei club e presentati come un’opportunità di rilancio per il calcio e il paese. Ma il ragionamento si basa su troppe semplificazioni e omissioni
- I presidenti di Coni, Figc e Lega Serie A chiedono a Conte e ai ministri interessati (Gualtieri, Spadafora e Franceschini) di semplificare al massimo l’iter per la costruzione di nuovi impianti, propagandando i benefici effetti per fiscalità dello stato e occupazione.
- I dati si basano su studi di fattibilità che provano a prevedere il futuro. Esistono però studi di fattualità che ex post hanno valutato, in ogni contesto nazionale, i reali e poverissimi effetti della Stadium Economy.
- Effetti economici e occupazionali per i territori: da zero a zero. Con rischi enormi di costi fiscali per la collettività. E il solo, vero caso di stadio nuovo e privato in Italia (il Giglio di reggio Emilia) è un fiasco clamoroso.
Tre firme di peso per chiedere il via libera al grande business degli stadi privati. A firmarla, la trimurti dello sport italiano: Giovanni Malagò, presidente del Coni, Gabriele Gravina, presidente della Figc, e Paolo Dal Pino, presidente della Lega di Serie B. Tre soggetti che se li chiudeste in uno stanzino otterreste il perfetto appeasement. E non già perché vadano d’amore e d’accordo, ma perché ciascuno non saprebbe a chi degli altri due tirare per primo una legnata sulle gengive. Eppure i t



