La procura di Milano ha chiesto il fallimento per la società Visibilia Editore, di cui la ministra del Turismo, Daniela Santanchè, fino a poco tempo fa era prima azionista, ed è stata fondatrice, presidente e amministratore delegato fino al novembre del 2021. Secondo i magistrati che hanno chiesto il fallimento dell’azienda, la società è «in evidente e manifesto stato di insolvenza». I soci di minoranza contestano perdite costanti a partire dal 2016 e secondo una informativa della Guardia di finanza citata nell’istanza dei magistrati si ipotizza il falso in bilancio per irregolarità nei conti. «La Visibilia è una società quotata, io non sono indagata e non c’è nessun indagato e chi scrive cose non vere si prenderà una querela», dice Santanchè a Domani.

La Guardia di finanza ha preso in esame gli ultimi anni di gestione. Nel 2019 e 2020 la società ha registrato perdite pari a un terzo del capitale sociale. Santanchè ha dato le dimissioni nell’autunno 2021. Dal bilancio 2021 in poi, i revisori non hanno più voluto mettere la firma sui conti. A giugno le perdite della società ammontavano a 600mila euro, il patrimonio netto consolidato a 300mila euro, la posizione finanziaria netta negativa per 3,9 milioni di euro. Ma solo perché nell’assemblea del 30 giugno 2022 si è deciso di coprire interamente con il capitale perdite pari a 3,5 milioni di euro. Per via di tutte le incertezze i revisori hanno concluso: «Non siamo in grado di esprimere una conclusione sul bilancio consolidato».

Contributi non pagati

A giugno scorso otto soci hanno presentato un esposto per contestare la recente gestione societaria degli amministratori, quindi anche di Santanchè, che avrebbe secondo loro danneggiato l’azienda. La guardia di finanza ha analizzato i conti e da qui è arrivata la richiesta di fallimento della procura e con tutta probabilità l’apertura di un fascicolo di indagine. Visibilia ha fatto sapere che contesterà l’istanza di fallimento, collegandola al già grave mancato pagamento di tributi allo stato per un milione di euro. L’udienza in tribunale è fissata il 30 novembre.

Eppure già nel bilancio 2020, l’ultimo depositato in Camera di commercio, si registravano debiti per 6milioni e 900 mila euro, di cui 2milioni di debiti tributari e 796mila verso gli istituti di previdenza, mentre 1,66 milioni erano i debiti verso le banche e 1,432 verso i fornitori.

I bilanci

Nel 2021 i debiti tributari ammontavano a 1,7 milioni e quelli previdenziali a 448 mila euro, nella prima metà del 2022 sono saliti rispettivamente a 2,1 milioni e 600 mila euro. Gli amministratori, cioè la ministra Santanchè (nel novembre 2021 è stata sostituita dal compagno Dimitri d’Asburgo Lorena) spiegavano nella relazione del 2020 di ritenere di «avere oggi la ragionevole aspettativa che la società sarà in grado di avere adeguate risorse per continuare ad operare in un prevedibile futuro o di disporre di adeguate risorse finanziarie per continuare l’attività operativa». I soci di minoranza, che allora rappresentavano circa l’ 8 per cento del capitale, la pensavano diversamente.

Nel 2020 la Visibilia Editore era controllata per il 58,16 per cento della Visibilia Editore holding e dalla Visibilia Concessionaria srl per il 7,45 per cento, mentre più di un terzo delle quote erano sul mercato. L’unico altro azionista che deteneva una quota maggiore dell’un per cento era Giuseppe Zeno (con il 3,9 per cento), un finanziere fondatore della Giuseppe Zeno Family group basata a Monaco e rappresentante di società alle Bahamas, dove secondo il registro delle imprese britannico avrebbe residenza anche lo stesso Zeno e che rappresenta anche un secondo azionista della società, la società britannica Merchant Credit Ltd. Domani ha provato a contattare la Giuseppe Zeno Family Group, sia via mail che per telefono: alla mail non ha risposto, mentre al numero di telefono con prefisso svizzero indicato sul sito della società risponde una signora che dice di fare l’ortopedica a Zurigo.

I fondi degli Emirati

Sta di fatto che Zeno si presenta all’assemblea del 2021 presieduta da Santanché e verbalizzata dal compagno della ministra Dimitri Lorena Kunz d’Asburgo, allora consigliere della Visibilia e segretario, con la delega di rappresentare gli altri soci e bocciare il bilancio. Santanché tira dritto, anche se lascia il ruolo di amministratrice e presidente al compagno e ottiene nuovi capitali da fondi di investimento degli Emirati Arabi.

La Visibilia ha sottoscritto un primo contratto per un prestito obbligazionario con il fondo degli Emirati Bracknor Ltd nel 2017 per un valore di 3milioni di euro, che nel 2019 è stato ceduto a un’altra società di Dubai, la Negma Group Ltd.

Il prestito obbligazionario viene progressivamente convertito in azioni con la società di Dubai che entra nel capitale della Visibilia Editore. Nel 2021, Santanché conferisce tutte le attività editoriali a una nuova società e intanto firma un nuovo contratto con Negma per un nuovo prestito sempre obbligazionario da due milioni di euro.

La lettera di contestazione

Nell’ottobre del 2021, poco prima della firma del nuovo contratto, i soci di minoranza Giuseppe Zeno, Massimo Palmentieri e Ciro Russo, contestano che la conversione delle obbligazioni abbia fatto crollare il titolo della Visibilia.

E chiedono al collegio sindacale anche di verificare la composizione societaria dei fondi degli Emirati e la natura delle acquisizioni di Bracknor e Negma Group Ltd in seno alla Visibilia, a Visibilia Editore Holding e a Visibilia Concessionaria. La tesi dei soci è che ci siano stati degli errori nella conversione delle obbligazioni in azioni, che la quota della società emiratina sia stata sopravvalutata e che quindi tutti gli atti siano nulli.

Intanto dalla relazione semestrale al 30 giugno 2022 la composizione societaria è profondamente cambiata: Visibilia Editore Holding ora detiene circa il 12 per cento, Visibilia concessionaria il 2,97 per cento, Negma è salita all’8 per cento e il restante 76 per cento è sul mercato e a marzo è entrata in consiglio dei amministrazione la sorella Fiorella Garnero.

Poi, due settimane fa, dopo denunce, esposti degli azionisti e conti non approvati, la fondatrice ha tolto il disturbo, dismettendo le quote e prendendo serenamente posto nel governo Meloni. Almeno fino a ieri.

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