È scoccata l’ora del debito autarchico? Con il Tesoro che per la seconda volta in meno di quattro mesi chiama a raccolta il popolo degli investitori nostrani per comprare il nuovo Btp Valore, negli ambienti di governo si riaffaccia la suggestione di affidarsi al risparmio con targa italiana per riempire le casse esauste dello Stato.

Per durata e struttura (interessi trimestrali e crescenti nel tempo), il titolo che verrà collocato a ottobre è studiato su misura per soddisfare le esigenze della vastissima platea a cui è destinato, le famiglie e in generale l’esercito dei correntisti bancari alla ricerca di rendimenti quantomeno competitivi con l’andamento al rialzo del costo della vita.

A giugno, la prima versione del Btp Valore si è rivelata un gran successo di critica e di pubblico. Oltre 650 mila sottoscrittori per una raccolta record di 18,1 miliardi. Adesso il Tesoro torna in pista, con fondate speranze di mobilitare un’altra volta un gran numero di italiani. Più volte nei mesi scorsi, con la destra insediata a Palazzo Chigi, erano circolati i più svariati piani per ancorare in qualche modo il debito pubblico al risparmio italiano.

“Vogliamo ridurre la dipendenza dai creditori stranieri”, ha ribadito a febbraio Giorgia Meloni. Impossibile sfuggire alle regole Ue, che vietano espressamente l’emissione di titoli espressamente riservati ai cittadini di un singolo stato membro.

Con Btp Valore, una sorta di evoluzione del più che sperimentato Btp Italia, il governo punta dritto all’obiettivo messo in chiaro dalla premier mesi fa. La politica dell’esecutivo si fonda su una necessità oggettiva e allo stesso tempo punta a sfruttare un’opportunità evidente. Cominciamo da quest’ultima. Chiusa per sempre l’era dei tassi a zero, i titoli di stato sono tornati di moda, perché offrono un riparo a rischio quasi zero alla svalutazione dei risparmi causata dall’inflazione.

D’altra parte – e questa è la necessità oggettiva – i conti pubblici vanno molto peggio del previsto. Nei primi sei mesi dell’anno il fabbisogno dello Stato ha viaggiato a una velocità molto più sostenuta rispetto allo stesso periodo del 2022: a giugno il rosso ammontava a circa 95 miliardi contro 43 miliardi di dodici mesi prima. Tra le cause di questo buco imprevisto nei conti ci sono gli oneri di Superbonus e bonus facciate, ma anche l’aumento della spesa per le pensioni, i maggiori crediti di imposta alle imprese e l’aumento delle uscite nei bilanci di ministeri ed enti pubblici.

Sono in ritardo anche le rate del Pnrr attese per la seconda metà dell’anno. La terza, che vale 18,5 miliardi, verrà pagata probabilmente entro questo mese, mentre sulla quarta non c’è nessuna certezza, anche se poco più di un mese fa Giorgia Meloni si era detta certa che sarebbe stata incassata entro dicembre.

Se da Bruxelles non arrivasse il via libera a quest’ultimo versamento, dal bilancio dell’anno verrebbero a mancare circa 16,5 miliardi che dovranno essere coperti in qualche modo. La soluzione a portata di mano è quella di far ricorso a nuove emissioni di titoli di stato, in aggiunta a quelle già previste. Ed ecco, allora, che il collocamento bis del Btp Valore appare la soluzione ideale per far cassa.

Non solo. Il Tesoro deve anche colmare i vuoti lasciati dalla parziale ritirata di due categorie di sottoscrittori. Prima di tutto la Bce, che ha smesso di comprare nuovi titoli e si limita, non si sa ancora per quanto, a reinvestire il ricavato delle cedole e delle obbligazioni in scadenza. In base alle statistiche più aggiornate della Banca d’Italia (maggio 2023) lo stock di titoli nella disponibilità di Francoforte pari a oltre il 30 per cento del totale tre anni fa, è ormai di poco superiore al 25 per cento del totale e con ogni probabilità è destinato a diminuire ancora nell’immediato futuro.

Negli ultimi due anni anche molti compratori stranieri si sono tirati indietro: la categoria dei “non residenti” valeva circa 825 miliardi di euro all’inizio del 2021, mentre a maggio di quest’anno non arriva a 750 miliardi. E così, mentre il debito pubblico continua ad aumentare (2,843 miliardi a giugno contro i 2.750 miliardi di inizio anno) tocca ai risparmiatori italiani sostituire gli investitori partiti verso altri lidi.

In soli cinque mesi, tra gennaio e maggio di quest’anno, i titoli di stato sottoscritti da residenti sono aumentati di quasi 40 miliardi e la statistica non tiene ancora conto del grande successo della prima emissione del Btp Valore. La nave va, a quanto pare. Resta un problema serio, però. Per stimolare l’appetito degli investitori nostrani il Tesoro è costretto a condire i nuovi Btp con interessi sempre più alti. Questo significa che la spesa per remunerare i titoli, già prevista in netto aumento l’anno prossimo, è destinata a crescere ancora. E a sottrarre altre preziose risorse che altrimenti sarebbero destinate al welfare o alla riduzione delle tasse. Tutto il contrario di quanto il governo ha promesso.

© Riproduzione riservata