Repower Italia, società che fornisce energia rinnovabile alle aziende, è stata partner di Domani alla Mostra del Cinema di Venezia. Durante gli undici giorni della competizione cinematografica, la barca full electric Repower ha navigato intorno al Lido, accompagnando molti ospiti al molo dell’Excelsior, quello più vicino al red carpet. Abbiamo incontrato – in navigazione – il ceo Fabio Bocchiola che ci ha spiegato il motivo della loro presenza a Venezia.

«Il cinema è un mezzo importante di comunicazione. Per la transizione energetica, la sostenibilità e temi che riguardano un cambio di passo rapido su quello che può essere l’uso consapevole dell’energia, il cinema rappresenta un importante megafono, in grado di raggiungere un target diverso rispetto a quello che la nostra industry riesce a raggiungere normalmente. E volevamo essere a Venezia per raccontare la nostra realtà con delle applicazioni concrete. Con questa barca elettrica ci siamo riusciti».

Quanto inquina una barca così?
«Zero. L’imbarcazione che avete visto nei giorni scorsi e su cui avete fatto i servizi è full electric, quindi non vibra, non fa rumore e chiaramente non emette fumi. All’ormeggio si trova Symbiosis, l’ultimo strumento di ricarica punto Repower, e in poche ore la barca è pronta a partire (ci sono tre modi di ricarica, da 220 volt, 380 e il modo 3, quello delle auto, un metodo standard, ndr). A bordo ci sono batterie al Litio con una capacità di 40 kWh, e due motori da 20 kW. La barca raggiunge un massimo di 12 nodi. Uno dei punti di forza di questa tecnologia riguarda l’esperienza di navigazione che è in grado di regalare, e si può apprezzare anche durante un’intervista, come quelle che avete messo sulla vostra pagina».

Come nasce Repower?
«Come un’azienda pioniera nel mondo dell’energia nel 1904. È nata in un ambiente delicato, dove ci sono le Alpi svizzere e un turismo di alto livello, che l’ha spinta a puntare su valori che poi sono entrati nel nostro Dna, come la sostenibilità e l’attenzione all’inserimento paesaggistico, concetto che applicato agli oggetti prende il nome di design».

Che cosa ha significato questo?
«Che a differenza di altre realtà simili, oltre a essere pioniera ha anche creduto in un’estetica che fosse veicolo dei propri valori. Negli ultimi anni siamo stati premiati con due Compassi d’Oro, il premio più prestigioso e autorevole nel mondo del design. Anche se produciamo energia, ci piace differenziarci: la cura dei dettagli parla di noi. Come la barca che in questi giorni era al Lido».

A livello competitivo quali sono stati i vostri passaggi chiave?
«Vent’anni fa abbiamo fondato Repower Italia. Il passaggio fondamentale è stato recuperare i due valori della casa madre, estetica e innovazione, e declinarli in Italia. Con l’apertura del mercato dell’energia è iniziato un percorso che ci ha caratterizzato come azienda innovativa. Abbiamo ricevuto il Premio Nazionale dell’Innovazione e organizziamo da diversi anni un premio all’innovazione in collaborazione con il Premio 2-0-3-1, una delle piattaforme più importanti per le start up europee».

Qual è la scommessa più importante che avete vinto?
«La sostenibilità, già 20 anni fa quando non era così di moda come oggi. È anche per questo che siamo venuti alla mostra del cinema con una barca elettrica: non solo per raccontare che crediamo nel cambiamento, ma che ne siamo già parte attiva».

Qual è il vostro punto di forza con le aziende che si rivolgono a voi?
«L’elemento etico è quello che ci permette di mantenere il rapporto più a lungo possibile. Noi non forniamo un prodotto, ma studiamo le aziende caso per caso, tanto che investiamo in 4 mila ore di formazione all’anno dei nostri agenti. Il nostro cliente ideale è l’azienda di grandezza media».

Guardando il periodo storico in cui viviamo: che cosa succederà?
«Siamo arrivati a questo punto a causa della miopia del sistema europeo. Una politica energetica si fa nel lungo e medio periodo e qualsiasi intervento di cambiamento, per essere tale, ha bisogno di circa dieci anni. Abbiamo perso tempo, senza dubbio. Certo è che la forza della democrazia è la capacità di reagire e ora serve una saggezza più diffusa, che capisca la necessità di un mix di tecnologie e un mix di ponti tra tecnologie. L’Europa non è produttrice primaria di energia e non possiamo più dipendere da altri. Senza una strategia significativa sulle rinnovabili e una diversificazione delle fonti di approvvigionamento, il futuro non sarà facile».

E quindi?
«Il mercato è la soluzione, non si può combattere. Combatterlo significherebbe tornare agli enti nazionali idrocarburi, a un passato che non è stato lungimirante e che ha risolto solo i problemi nel dopo guerra, senza una visione. Per il momento le risorse vanno razionate, non siamo nella condizione di poterci permettere dibattiti sofisticati».

Come vi state muovendo voi?
«Partecipiamo allo sviluppo di progetti, ne abbiamo diversi sul fronte del fotovoltaico o dell’eolico. Si stanno sbloccando in maniera rapida e in sequenza. Bisogna capire se avremo la forza di Realizzarli. Forse manca un aiuto forte. Forse bisogna innescare, sul lato della generazione, dei meccanismi di aiuto più fluidi e rapidi. Non è più un problema di autorizzazioni, ma di assistenza in chi investe. Il capitale deve essere assicurato su alcuni temi».

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