È un bel dilemma. Meglio avere un mercato super-competitivo con prezzi bassi e consumatori felici, oppure meno competizione ma aziende più ricche e capaci di fare grandi investimenti? Nel mondo delle telecomunicazioni l’Europa ha scelto la prima strada ma i risultati sembrano darle torto, e le società cercano disperatamente di unirsi per sfuggire al crollo di utili e ricavi.

L’ultima mossa è del gruppo francese Iliad che lunedì 18 dicembre 2023 ha presentato una nuova offerta per Vodafone Italia. Questa volta il progetto non prevede un acquisto ma la creazione di una joint venture: Vodafone otterrebbe il 50% del capitale sociale della nuova società congiunta, insieme a un pagamento in contanti pari a 6,5 miliardi di euro e a un finanziamento soci per 2 miliardi. Iliad inoltre, secondo la proposta, avrebbe un diritto di opzione (call option) sulla partecipazione di Vodafone nella NewCo con la facoltà di acquisire ogni anno il 10% del capitale della nuova società. Se l’operazione ideata da Iliad andrà in porto, taglierebbe la strada a Swisscom, che secondo indiscrezioni di stampa avrebbe voluto unire la propria controllata italiana Fastweb con Vodafone.

Certamente fa impressione vedere un grande gruppo delle telecomunicazioni come Vodafone alzare bandiera bianca in Italia. «Vodafone sostiene il consolidamento nel mercato nei Paesi in cui non sta ottenendo rendimenti adeguati sul capitale investito e conferma che sta esplorando le opzioni con diverse parti per raggiungere questo obiettivo in Italia, anche attraverso una fusione o una cessione», ha comunicato la società britannica.

Mercato affollato

Il problema è che in Italia ci sono troppi operatori: cinque nella telefonia mobile (Tim, Vodafone Italia, Wind Tre, Iliad e Fastweb), una miriade di operatori virtuali (come Poste) e dieci fornitori di banda larga fissa. Secondo gli ultimi dati del regolatore Agcom, Tim è leader nel mercato mobile con il 28%, seguito da Vodafone con il 27,4%, Wind Tre di Hutchison con il 23,8% e Iliad con il 9,4%. Inoltre Tim ha quasi il 40% del mercato della banda larga a linea fissa, mentre Vodafone ha il 16,7% e Fastweb ha il 14,1%.

Un mercato molto affollato dove gli operatori hanno visto scendere i ricavi dal 2010 al 2022 di quasi 15 miliardi, con una flessione nell'ordine del 35%, contro il meno 5% della Germania, il meno 14% della Francia, il meno 18% del Regno Unito e il meno 25% della Spagna. Gli italiani sono tra i consumatori europei che pagano le tariffe più basse. Ma rischiano anche di avere un servizio peggiore.

Come ha sottolineato di recente Benedetto Levi, amministratore delegato di Iliad Italia, il nostro Paese «è in una situazione molto particolare, il settore delle telecomunicazioni richiede grandissimi investimenti in questo momento per la rete della 5G e la rete Ftth (Fiber to the Home, ndr), e la presenza di cinque operatori infrastrutturali in Italia costituisce un caso unico in Europa. Gli investimenti sono enormi, è importante che i modelli di business e le strutture tecnologiche e organizzative siano a prova di futuro».

A questa situazione l’Italia è arrivata per merito (o per colpa) dell’Antitrust europeo. Quando nel 2016 ci fu la fusione tra Wind e Tre, l’autorità impose il ripristino della situazione originaria: quattro operatori erano considerati il numero corretto per garantire una giusta concorrenza. E così arrivò sul mercato italiano Iliad, famosa già in Francia per le sue offerte a prezzi stracciati. Non solo. Il panorama sì è ulteriormente arricchito di un quinto operatore con Fastweb che ha ottenuto la licenza per la telefonia mobile. L’Italia è diventata un caso unico praticamente a livello mondiale per affollamento di operatori mobili.

In gara con gli Over the top

I critici dell’approccio europeo, e in particolare le aziende del settore, sostengono che l’eccesso di competitori si ritorce contro i consumatori. Guadagnando di meno, le imprese non riescono a sostenere gli ingenti investimenti necessari per aggiornare le reti a nuovi standard. E in più subiscono anche la concorrenza degli Over the top, i giganti del web che forniscono, attraverso la rete Internet, servizi, contenuti e applicazioni. Basti pensare a Whatsapp, che ha sottratto agli operatori messaggi, telefonate e videochiamate.

La prova dell’insuccesso della strategia europea, che si prefigge di abbassare i prezzi del digitale in modo da diffonderli di più presso la popolazione, si troverebbe in Asia dove le tariffe sono più alte ma il livello di digitalizzazione è elevatissimo. Non solo. Se fino a qualche anno fa gli ex monopolisti europei erano i leader del settore a livello mondiale, oggi l’unico a guadagnare abbastanza è Deutsche Telekom, grazie ai ricavi di T-Mobile Stati Uniti.

Intanto il Spagna si sta verificando uno scenario simile con la joint venture fra Orange e MasMovil che è finita sotto la lente dell’Antitrust europeo perché ridurrebbe il numero di operatori mobili da quattro e tre.

Ma alla fine la domanda cruciale è: per confrontarsi con Stati Uniti, Cina e India, l’Europa ha bisogno di più concorrenza interna o di aziende dalle spalle forti?

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