Giorgia Meloni si affida all’intervento della Banca centrale europea, la stessa Bce criticata a più riprese dai membri del suo governo, a volte in maniera corretta, a volte estremamente sguaiata. E non ci si affida solo per la tenuta dei nostri titoli di stato, e quindi del nostro debito, che è nella realtà delle cose, ma anche in caso di una crisi bancaria, il che è molto meno nella realtà delle cose.

Le risposte in parlamento

Chiamata a riferire in parlamento sui dossier in discussione al Consiglio europeo di domani e venerdì - dossier assolutamente cruciali come la gestione congiunta dei flussi migratori e la riforma del patto di stabilità - Meloni ha risposto anche su una questione che non è all’ordine del giorno del Consiglio ma che è stata invece in discussione all’Eurogruppo: la mancata ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità da parte dell’Italia.

Quella mancata ratifica, per accontentare l’elettorato di FdI ma soprattutto gli alleati dalla Lega, blocca una riforma messa a punto ormai quattro anni fa, nel 2019, e che tra le altre cose prevede che il Mes diventi funzioni anche come linea di liquidità agguntivia per il fondo di risoluzione unico bancario europeo.

Non proprio un dettaglio di fronte alle tensioni che stanno attraversando il mercato del credito in Europa e negli Stati Uniti nelle ultime settimene. Ecco di fronte all’ennesima richiesta di una presa di posizione chiara del governo, la premier ha dichiarato che se ci fosse una crisi bancaria in Europa «anche la Bce farà la sua parte. Il Mes non è una banca centrale, ha una disponibilità importante ma limitata».

La premier ha aggiunto a mo’ di esempio che «quando è fallita la banca della Silicon Valley è intervenuta la Federal Reserve, quando è fallita Credit Suisse la banca centrale svizzera». Senza considerare minimamente che nell’uno e nell’altro caso siamo di fronte a banche centrali che hanno il compito di mantenere la stabilità finanziaria in un solo paese, mentre la Bce ha lo stesso compito per i 19 paesi che adottano come moneta l’euro e che la regolamentazione bancaria nell’Eurozona si tratta al contrario che negli altri due casi con trattative con gli altri paesi.

La differenza non è da poco, anzi è sostanziale. Nelle crisi bancarie limitate a singoli istiuti di credito di singoli paesi, il ruolo della Bce è valutare quanto l’instabilità possa avere un impatto sul resto del sistema, i paesi Ue hanno negoziato dal 2008 a oggi regole comuni per gestire le risoluzioni bancarie in caso di crisi, e la Bce è uno degli attori chiamati a verificare che alcune delle condizioni negoziate a livello comunitario, siano rispettate.

Per intenderci non si metterà a garantire utti i depositi di una singola banca, come è successo per Silicon Valley Bank negli Stati Uniti stravolgendo le regole europee che fissano una soglia chiara entro la quale i depositi siano garantiti, a meno che non sia un provvedimento necessario al sistema del credito europeo nel suo complesso. Lo abbiamo già visto in passato.

Il backstop

Meloni ha anche insistito sul fatto che il Mes non ha abbastanza dotazione di capitale: «Di fronte a una crisi, se gli interventi dovessero essere più importanti della sua dotazione il risultato sarebbe che il Mes si troverebbe a chiamare gli stati a rifondere per queste crisi. Sarei prudente», ha dichiarato.

Il paradosso è che la riforma del Mes lo trasforma in una garanzia aggiuntiva rispetto al fondo di risoluzione unico pensato proprio come argine alle crisi bancarie.

Fondo salva banche

Il Fondo di risoluzione unico bancario è un fondo istituito dal primo gennaio 2016 per salvare le banche in crisi, dopo aver fatto pagare azionisti e obbligazionisti, rispettando quindi la direttiva sulle risoluzioni bancarie, che in Italia è sempre stata indigesta.

Nel momento in cui è stato creato, l’idea era arrivare nell’arco di otto anni a un capitale complessivo di 55 miliardi di euro costituito da prestiti degli stati, Quindi il Fondo di risoluzione unico arriverà alla dotazione piena nel 2024, tra un anno.

Cosa c’entra a questo punto il Mes? Se la riforma su cui manca la firma del governo italiano: il Mes avrebbe potuto fornire altri 55 miliardi a partire dal 2022 - all’inizio doveva essere il 2024, ma a chiedere l’anticipo sono stati proprio i governi italiani.

Insomma,mentre Meloni dichiara che il Mes non è abbastanza dotato per intervenire sul settore bancario, in realtà per l’Italia è la funzione più interessante di un meccanismo europeo di stabilità per il resto inadeguato ai tempi. E la scelta italiana priva il fondo di risoluzione unico bancario della possibilità di raddoppiare la propria capacità di intervento da 55 a 110 miliardi ,

Al suo posto la premier ha fatto una dichiarazione di fede nei confronti della Banca centrale europea, dimostrando un po’ di confusione.

Ad averlo saputo prima, ci saremmo potuti risparmiare tante iniziative.

Solo negli ultimi undici anni: i Monti bond per salvare il Monte dei Paschi di Siena, il fondo Atlante che avrebbe dovuto salvare ma non ha salvato le banche venete, la decisione di entrare nel capitale della solita Mps – lo stato è entrato nel 2017 e a sei anni di distanza non è ancora uscito a riuscirne – l’ultimo salvataggio della Popolare di Bari, questa volta ad opera del Mediocredito centrale, alias di Invitalia, ma alla fine sempre di soldi del bilancio dello stato, e quindi dei cittadini, si tratta.

Ad avere saputo prima, quello che oggi ha dichiarato la premier Meloni, quanti soldi risparmiati e quanta creatività nel trovare soluzioni emergenziali da indirizzare su altri fronti.
 

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