La procura di Milano dovrà fare indagini anche per il reato di aggiotaggio e per falso in prospetto di aumento di capitale, e non solo per falso in bilancio, relativamente al fascicolo d'inchiesta aperto per i crediti in sofferenza del Monte dei Paschi del periodo compreso tra il 2012 e il 2015, dove risultano indagati l'ex presidente della banca Alessandro Profumo (ora campo azienda di Leonardo - Finmeccanica), l'ex amministratore delegato Fabrizio Viola e l'ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori. È il cosiddetto terzo troncone di questo infinito processo milanese che sta cercando di far luce sul periodo più turbolento della vita del pluricentenario istituto senese, quello successivo alla sciagurata acquisizione di banca Antonveneta nel 2009. Nel secondo troncone Profumo e Viola sono stati condannati a 6 anni di reclusione per falso in bilancio e aggiotaggio dal tribunale e ora hanno fatto appello inserendo nel collegio difensivo anche l'avvocato Franco Coppi a fianco dei legali Francesco Mucciarelli e Adriano Raffaelli.

La perizia

Questo è quel che ha deciso il gip del capoluogo lombardo Guido Salvini nell'udienza di oggi, convocata per chiudere formalmente l'incidente probatorio aperto nel dicembre del 2019 con l'affidamento ai commercialisti Gian Gaetano Bellavia e a Fulvia Ferradini di una perizia per valutare se i crediti in sofferenza della banca fossero stati trattati in bilancio adeguatamente e in linea con quanto era stato chiesto dalla Banca d'Italia prima e dalla Banca centrale europea successivamente. Perizia dalla quale è emerso che ben 11,4 miliardi di euro di crediti lordi non sarebbero stati correttamente svalutati in bilancio, come chiesto anche dalla Bce allora guidata dall'attuale premier italiano Mario Draghi. Peraltro la perizia si è spinta fino a valutare cosa sia successo anche nel 2016 e 2017, evidenziando anomalie anche in quelle annualità. 

A chiusura di questa fase il gip ha deciso, oggi, di dare 45 giorni di tempo alla procura per verificare le tre ipotesi di reato e decidere cosa vogliono fare di questa inchiesta. Se cioè proseguire nella richiesta di archiviazione come fatto finora o aprire all'imputazione per il falso in bilancio, per falso in prospetto (nel 2014 e nel 2015 Mps ha fatto due aumenti di capitale da 8 miliardi di euro complessivi) e l'aggiotaggio. Queste due ultime ipotesi di reato sono quelle ventilate dagli avvocati delle parti civili Mauro Minestroni e Paolo Falaschi in due memorie depositare dopo l'arrivo della perizia e recepite dal gip nell'ordinanza odierna.

Questa è la stretta cronaca di quanto è successo oggi al settimo piano del Palazzo di Giustizia di Milano. Un passaggio tecnico e forse un po' oscuro per chi non va a dormire col codice di procedura penale sul comodino e che merita di essere contestualizzato per essere compreso meglio.

Il bivio

Cosa possono fare i pubblici ministeri adesso? C'è da dire, innanzitutto, che i due pm oggi in aula – Roberto Fontana e Giovanna Cavalleri – sono nuovi di questo processo perchè i tre precedenti pm hanno rinunciato all'incarico. Erano quelli che avevano chiesto l'archiviazione per Viola e Profumo e che non hanno voluto proseguire dopo l'arrivo della perizia che ha certamente cambiato le carte in tavola. I 45 giorni di tempo non sembrano essere, quindi, molti per decidere su temi giuridici cosi complessi e avvolti da un'attenzione mediatica molto alta che certo non aiuterà. Le cifre in ballo e i personaggi sulla scena – si pensi a quanto possa essere complesso il rapporto Draghi-Profumo adesso – fa di questo caso più un affare di stato che non un procedimento penale.

In ogni caso devono risolvere la questione. Se decideranno di proseguire sulla strada dell'archiviazione nonostante la perizia le parti civili si opporranno ed è molto probabile a quel punto (quasi certo) che interverrà la procura generale con un'avocazione del fascicolo per fare lei ciò che i loro colleghi non vogliono fare.

Milano o Siena

Se decideranno di contestare solo il falso in bilancio, l'unica ipotesi sul tavolo finora, e passerà la loro linea, potrebbe essere che questo processo torni a Siena per competenza territoriale e li vada a morire per prescrizione. Se invece saranno contestati tutti i reati per i quali è stato chiesto di indagate fino al 20 di luglio, allora si procederà a Milano come per il secondo troncone e questo potrebbe avere anche ricadute di tipo politico su Profumo, rimasto ancora a capo del gruppo pubblico della difesa Leonardo nonostante la dura condanna incassata, che potrebbe essere bissata anche per i crediti deteriorati.

Restano sullo sfondo gli sforzi di Palazzo Chigi per piazzare la banca a qualche acquirente, cercando di trovare la quadra sui 10 miliardi di rischi legali che pendono sulla testa della società, e una nuova condanna li renderebbe ancora più concreti. I tecnici del Mef sono alla ricerca di unna soluzione per questo enorme macigno dei potenziali risarcimenti, cercando un equilibrio tra ciò che resterà in pancia allo stato (e quindi ai contribuenti) e ciò che si accollerà il compratore. Restiamo in attesa di novità.

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