Il colosso russo Gazprom ha invocato le cause di “forza maggiore” per giustificare la riduzione delle forniture di gas a partire dal 14 giugno in una lettera inviata ad almeno un importante cliente europeo. Il documento, visionato da Reuters, dimostra come Vladimir Putin stia utilizzando la forza di avere il rubinetto del gas nelle sue mani contro l’Europa.

Mosca ha piena discrezionalità nel decidere da dove devono scorrere i flussi e se tagliarli. In questo scenario, l’Agenzia internazionale dell’energia lancia l’allarme rosso: le ultime mosse della Russia combinate con le interruzioni dell'approvvigionamento, sono un pericolo a cui l’Unione europea deve reagire subito.

Il 21 luglio sarà un’altra data cruciale. Quel giorno potrebbe diventare realtà il timore che Putin interrompa definitivamente i flussi di gas del Nord Stream, al momento sospesi per manutenzione, attraverso Nord Stream: vorrebbe dire tagliare il metano alla Germania e di riflesso all’Italia, aggravando ulteriormente la crisi.

Il presidente dell’Aie Fatih Birol ha parlato coi leader del G7 e con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen: «Li ho esortati a fare tutto il possibile in questo momento per prepararsi per un inverno lungo e duro».

La determinazione sarà necessaria per non lasciare «il benessere di centinaia di milioni di persone e delle economie europee alla mercé delle intemperie o, peggio ancora, dare un'inutile leva aggiuntiva» a Putin.

Per avere una relativa sicurezza, infatti, l'Ue dovrebbe aver riempito gli stoccaggi oltre il 90 per cento della loro capacità per superare l’inverno – e non l’80 per cento come si stima ottimisticamente – e se Putin chiude il rubinetto potrebbe diventare un target irraggiungibile.

Gli stoccaggi vengono già utilizzati ogni inverno, anche in presenza delle forniture russe. Quindi se venisse meno il metano di Mosca non è detto che basterebbero e potrebbe essere necessario ricorrere a un forte sistema di solidarietà.

Il risultato è che se non si comincia a invertire la rotta in maniera strutturale subito ci potrebbero essere «interruzioni di fornitura nell'ultima parte della stagione di riscaldamento», l’inverno.

Cinque azioni

L’Aie propone cinque azioni immediate: incentivare gli utenti di gas industriale a ridurre la domanda, ridurre al minimo il consumo di gas nel settore energetico, rafforzare il coordinamento tra gli operatori del gas e dell'elettricità in tutta Europa, ridurre i consumi dei clienti non industriali (quindi uffici e famiglie) e armonizzare i piani di emergenza europei.

Sul fronte energia elettrica viene ammessa ancora una volta «temporaneamente la produzione da carbone e olio combustibile», misure che hanno già previsto tutti i paesi interessati dai tagli, e suggerita l’accelerazione sulle energie rinnovabili e «l'energia nucleare», anche se, aggiunge Birol, «laddove sia politicamente accettabile e tecnicamente fattibile».

I governi europei, rimarca Birol, devono preparare i cittadini a ciò che potrebbe accadere. Le campagne di sensibilizzazione nel contesto di una crisi energetica hanno avuto successo in precedenza nel ridurre la domanda di energia. «Se questi tipi di misure non vengono attuati ora, l'Europa si troverà in una posizione estremamente vulnerabile e potrebbe dover affrontare tagli e riduzioni molto più drastici in seguito».

Finora è stata bloccata la fornitura alla Polonia e alla Bulgaria. L’apporto di metano russo a Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Francia e Italia è stato ridotto.

Mentre la Commissione sembra prepararsi al peggio ed è pronta ad accettare che vangano superati i limiti per l’inquinamento e chiede esplicitamente di preparare una lista dei soggetti a cui si possono staccare le forniture, di fatto finora non ha imposto nulla se non di riempire gli stoccaggi e i paesi europei finora non hanno messo in campo nemmeno le misure più moderate che Birol porta avanti. L’Italia non è da meno.

L’Enea, guidata da Gilberto Dialuce ex dirigente del ministero dello Sviluppo, più di una settimana fa ha lanciato un piano per la riduzione dei consumi. All’Enea si è aggiunta l’Autorità per l’energia, che ha chiesto un piano di crisi. Il ministro della Transizione Roberto Cingolani tuttavia continua a percorrere la strada del non allarmismo anche se venerdì ha ammesso che se Putin chiude il gas «dovremmo tirare fuori il piano del comitato emergenza gas che ha una serie di protocolli che intervengono mitigando il danno».

Continuare a scommettere sul fatto che la Russia non taglierà le forniture perché dal metano guadagna, rimarca Birol, non è saggio: «Ha già sfruttato l'attuale crisi energetica per portare enormi quantità di denaro extra». Dalla sua invasione dell'Ucraina, riporta l’Aie, l'importo delle entrate che la Russia ha raccolto dall'esportazione di petrolio e gas in Europa è raddoppiato rispetto alla media degli ultimi anni toccando 95 miliardi di dollari.

L'aumento dei ricavi delle esportazioni di petrolio e gas della Russia negli ultimi cinque mesi è quasi tre volte quello che fa tipicamente durante un intero inverno.

Draghi provocatoriamente chiedeva se volevamo la pace o i condizionatori, finora hanno vinto i secondi, ma qualcosa potrebbe cambiare a breve. L’Unione europea nella bozza di documento che si appresta a varare dice che è meglio se cominciamo a ridurre i consumi anche per quelli. «Questo inverno, conclude Birol - potrebbe diventare una prova storica della solidarietà europea, che non può permettersi di fallire, con implicazioni che vanno ben oltre il settore energetico. L'Europa potrebbe essere chiamata a mostrare la vera forza della sua unione».

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