Più dell’otto per cento delle imprese italiane, circa 355mila in tutto, rischiano di andare in perdita per la crisi energetica. Ma a guardare il numero di occupati a cui corrispondono, l’effetto è ancora più ampioo: si tratta di aziende che nel complesso impiegano un lavoratore su 5. 

Dalla carta alle biblioteche

I dati sono frutto di una simulazione dell’Istat che ha calcolato i primi dieci settori colpiti dai rincari sia nell’industria che nei servizi.  Secondo la simulazione più della metà delle imprese della carta, dei produttori di coke, di chi si occupa di risorse idriche e delle imprese della chimica rischiano i bilanci in rosso. 

Ma anche nel tessile, dove sono a rischio più di una azienda su 5, i lavoratori coinvolti sono più del 40 per cento. Nei servizi rischiano soprattutto il comparto degli alloggi, i servizi socio sanitari ospedalieri e non ospedalieri, e il magazzinaggio, tutti con un terzo delle imprese che doovrebbero registrare perdite. 

Allo stesso modo del tessile, però, nel comparto di bibilioteche e musei va verso i bilanci in rosso una azienda su 4, ma che impiegano in totale più del 60 per cento dei lavoratori del settore. 

Non calcolati i rincari finali

L’Istat ha utilizzato i dati del 2019 sulla struttura dei costi e ricavi delle imprese su una media di settore, ha modificato i costi energetici assumendo i rincari registrati tra 2019 e 2022 e ha modificato la distribuzione dei margini. La simulazione ha limiti dichiarati, non sono stati considerati gli altri effetti della crisi energetica, per esempio i rincari dei prodotti intermedi che vengono comprati dalle imprese o il trasferimento del costo energetico sui consumatori, la soluzione più semplice per molte imprese. E nonostante tutto e forse a maggiore ragione, è significativa rispetto alle strategie che le imprese dovranno attuare per salvare i bilanci.

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