Tra le richieste di maggiori alloggi per gli studenti, prezzi calmierati per gli affitti o espropri degli immobili sfitti, spicca una proposta: dare un reddito a chi studia all’università. A prescindere dalle condizioni economiche della famiglia d’origine. A patto, però, che non viva con i genitori. Questa idea non nasce da uno studente che sta dormendo in tenda davanti al proprio ateneo, ma da Francesco Billari, rettore della Bocconi, che l’ha accennata lunedì 8 maggio al Giorno e approfondita con Domani.

Il professore sottolinea che i giovani italiani lasciano molto tardi la casa dove sono cresciuti e che bisogna contribuire all’emancipazione dei giovani: «Se le risorse sono scarse vanno concentrate per gli studenti che decidono di vivere dove studiano».

L’accademico ha in mente un modello individualista e non familista. Un sistema che esiste nel Nord Europa, dove per avere il sussidio è sufficiente essere in regola con i crediti. Non viene considerata la media, che Billari definisce «un’ossessione solo italiana». L’obiettivo della proposta consiste «nel dare più empowerment ai ragazzi, nello spingerli a essere studenti universitari, regolari e che arrivino alla fine del percorso di studio», dice il rettore.

Vivendo vicino all’ateneo gli iscritti possono partecipare a pieno alla vita universitaria e ai lavori di gruppo. Che diventano poco compatibili con l’essere pendolari abitando molto lontani dalle aule.

Il modello danese

In Danimarca questo sussidio è realtà, si chiama Statens Uddannelsesstøtte e ammonta a 825 euro per tutti gli studenti che hanno lasciato la famiglia d’origine. Ma se vivono con mamma e papà, ricevono molto meno. Per il docente di demografia la cifra danese – che definisce “il top di gamma” – non è raggiungibile in Italia, date le nostre risorse pubbliche.

«Con pochi fondi – dice Billari – meglio dare il sostegno a chi proviene da famiglie più svantaggiate. Ma dovremmo mettere in grado i giovani di scegliere in maniera autonoma, senza dover negoziare con la famiglia».

Perciò il rettore valuta coerente dare “il Supporto per la formazione e il lavoro” (Sfl), uno dei due strumenti che sostituiranno il reddito di cittadinanza, agli studenti universitari, se si dovessero trovare le risorse. L’Sfl è rivolto alle persone occupabili, consiste in 350 euro, entrerà in vigore il primo settembre e potrà essere dato per 12 mesi a chi parteciperà a programmi di formazione e progetti utili alla collettività.

Da non confondere con l’Assegno di inclusione, destinato alle famiglie in difficoltà nelle quali ci sono minori, disabili o over 60, in sostanza persone che non possono lavorare. Il professore propone di togliere dallo Sfl il riferimento alla famiglia d’origine per quanto riguarda l’Isee, che al momento non deve superare i 6mila euro.

«Questa soglia andrebbe estesa molto di più e andrebbero lasciati fuori solo i benestanti», dice Billari che non si sbilancia indicando una cifra precisa. Ma evidenzia che questo sussidio sarebbe un incoraggiamento per gli studenti. Inoltre, secondo l’accademico, rendere autonomi i giovani fin dall’università ha effetti una volta terminati gli studi. Perché stage o contratti con retribuzioni molto basse vengono accettati se uno dipende economicamente da qualcuno. «Invece con un reddito studentesco i giovani sarebbero consci del proprio potere contrattuale», ribadisce il rettore.

Divisioni politiche

La maggioranza parlamentare non vede con favore la proposta di Billari e il modello danese. Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura della Camera, dice che: «Il governo ha una visione popolare. Il merito va riconosciuto e l’aiuto economico serve per sostenere gli studenti in base al reddito. È una cosa molto di sinistra. L’esecutivo ha una visione più sociale rispetto a quella della Schlein e bisogna aiutare le fasce più deboli e meno garantite».

L’esponente di Fratelli d’Italia ricorda che «il governo è stato più veloce di qualsiasi movimento perché al primo consiglio dei ministri utile sono stati stanziati 660 milioni per nuovi alloggi per gli studenti». Per il deputato le manifestazioni studentesche sono organizzate «dai soliti movimenti antagonisti vicini ai centri sociali e anche Schlein è stata contestata. Diverso dai casi veri, da chi va in un’altra città per studiare». Secondo il politico, bisogna studiare affitti calmierati in accordo con i grandi proprietari di immobili.

L’opposizione è un po’ più aperta verso l’idea del rettore della Bocconi. Alfredo D’Attore, responsabile Università per il Pd, dice che «è da valutare, ma tutti gli studenti idonei per una borsa di studio devono essere beneficiari: deve essere sufficiente soddisfare i requisiti del reddito familiare e del merito. Inoltre pesa l’assenza di politiche pubbliche in materia di edilizia universitaria».

Il parlamentare sottolinea che «il sussidio di 825 euro della Danimarca si inserisce in un sistema di welfare capillare ed efficace, non comparabile con quello italiano. Bisogna guardare ai modelli nel loro complesso». Riguardo al caro affitti, per D’Attore è necessario riqualificare gli edifici pubblici in studentati e ci vogliono forme più stringenti di controllo sul mercato degli affitti. Tassare di più gli affitti brevi potrebbe essere una soluzione.

In merito agli alloggi, Billari dice che nel medio-lungo periodo ci vuole maggiore disponibilità di stanze. Costruendo e riadattando. Ma ora bisogna essere creativi: gli anziani con una stanza in più potrebbero ospitare gli studenti, dato che l’invecchiamento è progredito. Inoltre ribadisce che l’Sfl agli universitari sarebbe un sussidio aggiuntivo. Il diritto allo studio rimarrebbe, anche se molti studenti non possono accedervi. E 350 euro a chi studia sarebbero l’inizio di un percorso: «C’è chi parla di “sussidi per gli affitti”, io di un trasferimento diretto ai giovani, ma il risultato è simile».

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