È uno dei dibattiti che si riaccende con regolarità: come fa un giovane del Mezzogiorno a trasferirsi nel nord Italia per lavorare, se il costo della vita nel settentrione è così alto?

Giusto poco più di un mese fa l’argomento è stato rispolverato dal ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, che ha proposto salari differenziati per gli insegnanti.

Ma la questione è in parte malposta. Perché il problema non è tanto il rapporto nord-sud, ma quello tra grandi città e piccoli centri, cioè l’affermarsi di metropoli che offrono tante opportunità nel settore dei servizi, con remunerazioni però non sufficienti a permettere ai lavoratori di vivere in città.

Non solo insegnanti o impiegati. Ma soprattutto ragazze e ragazzi assunti nei bar, nei negozi, negli hotel, nei supermercati, costretti ad accettare orari che si allungano a tarda sera perché «la città non dorme mai».

E poi imbarcati in viaggio verso i comuni dell’hinterland e della provincia, dove la vita costa di meno ma ci sono anche minori occasioni di lavoro. Ci sono i benestanti che vivono nei grandi centri urbani mentre chi si occupa di fornirgli i servizi di cui hanno bisogno viene tenuto fuori.

«Le disuguaglianze sono tra chi è dentro e chi è fuori», dice Matteo Robiglio, docente di progettazione architettonica e urbana al Politecnico di Torino, «tra interno ed esterno delle città».

È un tema che non riguarda solo l’Italia e in particolare Milano, ma tutte le grandi metropoli e le aree urbane ad alto reddito: come Londra, Parigi o la Silicon Valley, dove trovare un idraulico a portata di pochi chilometri è impossibile, visto che non potrebbe permettersi gli affitti stellari della capitale californiana dell’hi-tech.

Il costo degli immobili

Il nodo è proprio il costo degli immobili e molte città stanno cercando di individuare delle soluzioni per aiutare le persone a trovare casa (o a ritrovarla se hanno perso la fonte di reddito) non lontano dal centro, evitando di creare dei ghetti ma al contrario rigenerando quartieri o condomini. La parole d’ordine è «mixitè», spiega Robiglio, cioè una mescolanza di attività produttive, residenziali, commerciali, infrastrutturali e per il tempo libero, ma anche «mettere insieme generazioni e redditi diversi».

Il professore del Politecnico torinese cita per esempio la Germania, dove esiste un programma nazionale per fornire case a più generazioni.

Liat Rogel, direttrice generale della Fondazione Impact housing ricorda invece l’esperienza di Vienna, dove il 50 per cento circa delle popolazione cittadina vive in case popolari sparse per la capitale austriaca. La fondazione ha l’obiettivo di diffondere le buone pratiche e fare ricerca sulla casa come punto di partenza per la rigenerazione delle città e delle persone.

Secondo Rogel una metropoli come Milano cresce, ma vede peggiorare le relazioni sociali e l’inclusione. Ed è in piena emergenza abitativa.

Il capoluogo lombardo ha avviato vari progetti per rispondere a questa emergenza. Uno dei più interessanti riguarda la rigenerazione del quartiere Bovisa, dove si intende mescolare abitazioni ad affitto calmierato con case vendute a prezzi di mercato, in un contesto dotato di servizi, collegamenti e poli universitari.

È evidente che in questi progetti spetta al pubblico dare gli obiettivi, mentre i privati, con il sostegno anche delle fondazioni bancarie, dovrebbero ottenere il risultato nel modo più efficiente.

Il paradosso delle città è che da un lato offrono poche abitazioni a prezzi accettabili, e dall’altro sono piene di appartamenti vuoti: ce ne sarebbero circa 50mila sfitti solo nel comune di Torino. Tante persone senza casa e tante case senza inquilini.

Casa per tutti

E proprio a Torino è nata Homes4all, una società benefit che individua immobili da riqualificare; raccoglie fondi da investitori privati sensibili a logiche di rigenerazione urbana, sostenibilità e impatto sociale; riqualifica le abitazioni; le gestisce affittando gli appartamenti a famiglie in difficoltà indicate dal comune, e accompagna gli inquilini verso una maggior e stabilità economica riducendo così il rischio di morosità.

Homes4all, spiega il suo vicepresidente e amministratore delegato Mario Montalcini, è una realtà privata partner della Città di Torino, della Camera di commercio, di Compagnia di San Paolo, di Unicredit e beneficia di un contributo a fondo perduto dello Stato fino a 1,6 milioni di euro.

«Posso dirle che a livello nazionale stiamo raccogliendo grandissimo interesse e tanta voglia di cambiare le cose. Abbiamo incontrato persone ed aziende che hanno grande attenzione verso le logiche di impact housing, incentivate a veder rivalutarsi il proprio patrimonio immobiliare ed a vedere città e luoghi più curati e più sicuri e in una logica “plurale” dando spazio a chi è in difficoltà nel trovare casa».

Dal bilancio 2022 della società risulta che Homes4all conta 29 unità residenziali in proprietà e 18 in gestione. I vantaggi che questa start-up offre alla città sono duplici: riduzione dei tempi di attesa per le famiglie rimaste senza casa, di solito ospitate in alberghi a carico del Comune, e ampliamento dell’offerta immobiliare privata a costi accessibili.

Per i privati che investono nell’iniziativa è previsto un premio di risultato in base ai risparmi ottenuti dal pubblico e ad altri parametri. Oltre a Torino, la società ha iniziato ad operare in Liguria e in Lombardia con l’obiettivo di sbarcare al nord-est e nel Mezzogiorno.

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