Non è una discontinuità rivendicata a chiare lettere, ma il piano strategico 2022–2024, presentato ieri dal nuovo amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Dario Scannapieco, manda un messaggio chiaro sulla fine di una stagione in cui il campo di intervento di Cdp si è allargato anche al di fuori del perimetro giustificabile dalla sua missione, assecondando chi voleva trasformarla in una “banca di sistema”.

L’ambizione di Scannapieco, che fino a pochi mesi fa guidava la Banca europea degli investimenti, è invece trasformare la Cdp in un vero istituto promotore di sviluppo, cosa che teoricamente la Cassa era già, anche se negli ultimi anni è stata impegnata più che ad attrezzarsi per l’obiettivo, a risolvere i dossier industriali più complessi.

Asset strategici e no

La galassia di partecipazioni in cui è investito il capitale di Cdp sarà razionalizzata e soprattutto gestita con un approccio diverso.

Da una parte, ha spiegato Scannapieco, Cdp continuerà a essere presente a lungo termine negli asset strategici, tra i quali Scannapieco ha annoverato anche tutte le reti infrastrutturali, a partire da Open Fiber (ha il nostro «pieno sostegno») fino ad Aspi, che dovrebbe diventare una partecipata a tutti gli effetti entro il primo trimestre del 2022.

Per le partecipazioni non strategiche, invece, una volta centrato l’obiettivo si esce dal capitale. Nel caso del colosso delle costruzioni, WeBuild, che rientra nella seconda categoria, però Scannapieco ha per ora allontanato la prospettiva di uscita: «Ci sono degli impegni e spesso quando si interviene è per non uscire finché non sono raggiunti gli obiettivi».

Per gli investimenti nei prossimi due anni la Cassa ha stanziato oltre sessanta miliardi, destinati con l’effetto leva sul capitale privato a movimentare circa 120. E anche queste cifre mostrano la nuova direzione: visto che rispetto al piano precedente è previsto in proporzione un aumento più significativo della capacità di leva che degli investimenti diretti.

Tra i progetti per cui la Cassa intende spendere le sue risorse c’è un grosso progetto di finanziamenti per l’housing sociale, destinato a studenti ma anche all’housing per anziani e che riecheggia il piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture sociali stilato qualche anno fa dall’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi, su richiesta della Associazione europea degli investitori di lungo termine, di cui per l’Italia è membro proprio Cdp.

Scannapieco ha insistito molto sul ruolo che la Cassa giocherà sul fronte della transizione energetica, spiegando che la sostenibilità diventerà uno dei criteri che guideranno la scelta dei fondi dove investire, con l’obiettivo di alzare l’asticella del mercato.

Allo stesso tempo però la Cassa ha creato nel giro degli ultimi anni due joint venture, GreenIt e CyrcularIT, con Eni, società che nel suo piano industriale almeno nei prossimi anni prevede l’aumento delle estrazioni.

In generale l’approccio di Scannapieco è quello di far diventare la Cassa da una parte un istituto capace di riparare ai fallimenti di mercato, dall’altra però di farla diventare un riferimento per gli investitori privati, quasi un certificatore degli investimenti di qualità.

Oltre la finanza

C’è però anche un altro aspetto che cambierà la natura dell’istituzione: sulla scia delle altre banche di sviluppo infatti anche Cdp affiancherà al personale del settore finanziario, ingegneri e tecnici che possano valutare il merito degli investimenti, guardando in particolare all’innovazione tecnologica, anche per affiancare ministeri e regioni nell’attuazione di progetti come quelli del Pnrr.

Bisognerà vedere se riuscirà poi ad attrezzarsi davvero in così poco tempo, considerando che il Recovery plan termina nel 2026.

Di certo, dalla passata stagione Scannapieco eredita partecipazioni tali che rendono Cdp la regista del Recovery plan: dai progetti sulla banda larga, al bando per il polo strategico nazionale dei dati a cui partecipa con un ruolo sostanzialmente finanziario a fianco di Tim e Leonardo.

Il traguardo di lungo termine è diventare un’agenzia di sviluppo simile alla Caisse dépôts francese, aprendo filiali all’estero, a partire dal nord Africa. Ovviamente, politica permettendo.

 

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