«Nessuno verrà lasciato indietro».

Le bugie del governo mostrano ora le loro gambe corte. La proposta per colmare il vuoto conseguente all’abrogazione, dal 2024, del Reddito di cittadinanza (Rdc), contenuta nelle bozze del decreto Lavoro atteso in un prossimo consiglio dei ministri, disconosce totalmente la necessità di una misura universale di contrasto alla povertà.

Gli unici poveri considerati meritevoli di aiuto sono i minorenni, o coloro che hanno un’età superiore ai 60 anni o hanno gravi disabilità, ed eventualmente quelli che svolgono nei loro confronti un lavoro di cura. Un impianto che si traduce in un drastico taglio delle risorse messe a disposizione, realizzato operando tre riduzioni: del numero dei beneficiari, degli importi riconosciuti, della durata del beneficio.

La platea dei poveri viene divisa in due gruppi, confermando la scelta compiuta già in legge di Bilancio.

L’apparenza inganna

Il primo gruppo, dato dai nuclei in cui esiste almeno un minore, una persona con più di sessanta anni o con grave disabilità, è destinatario di una misura, la Garanzia per l’inclusione lavorativa (Gil), apparentemente simile al reddito di cittadinanza, con anche alcuni aspetti positivi in più, per quanto riguarda la presa in carico ad opera dei servizi sociali, la minore rigidità - imposta per la verità dalla Corte di giustizia europea - nell’esclusione delle persone immigrate, i controlli ex ante operati dall’Inps. Ma l’apparenza inganna.

Anche su questa platea opera una stretta molto forte. Prim: la soglia Isee (indicatore della situazione economica equivalente) di accesso è abbassata, da 9360 a 7200 euro, con una decisa riduzione del numero dei potenziali beneficiari.

Secondo: il beneficio è rimodulato, per tenere conto della numerosità dei componenti della famiglia, secondo una assurda scala di equivalenza che assegna un peso pari a zero ai figli maggiorenni: è come dire che la loro presenza non comporta necessità di reddito maggiori per la loro famiglia.

Viene anche ridotto il già basso peso riconosciuto ai figli minorenni, anche se in questo caso dovrebbe valere la compensazione fortunatamente prevista in sede di assegno universale per i figli.

Nel complesso, ne discende una riduzione significativa dell’importo erogato.

Carichi di cura

Le persone che non hanno carichi di cura - che sono riconosciuti, nel caso di figli, solo per quelli minori di tre anni - sono indirizzate al centro per l’impiego e la percezione del beneficio è, come nel reddito di cittadinanza, condizionata alla disponibilità immediata al lavoro. Ma con una grossa novità: la sparizione dell’offerta congrua.

Dopo che autorevoli membri del governo avevano assicurato che nessuno sarà costretto ad accettare un lavoro a una distanza eccessiva dal luogo in cui abita, l’offerta di lavoro, da accettare per non decadere dal beneficio, può essere ovunque, non deve essere legata al profilo di competenze, può essere di breve durata, e se questa durata è fra uno e tre mesi può essere di pochissime ore.

Quindi una donna con un figlio di quattro anni può essere costretta a lavorare a molta distanza da casa, per poche ore e con nessuna prospettiva di inserimento effettivo nel mercato del lavoro.

Il beneficio è finalmente indicizzato all’inflazione, ma solo dal 2026.

Nel frattempo l’inflazione continuerà a mordere, e il taglio in termini di potere d’acquisto della prestazione erogata accrescerà la perdita, già significativa, fin qui subita da famiglie in grossa difficoltà.

Dimmi che famiglia hai

Il secondo gruppo di nuclei è composto da individui che, per età e autosufficienza, sono definiti “occupabili”.

Se poveri, anzi se molto poveri, sono destinatari di una seconda misura: la Garanzia di attivazione al lavoro (Gal), che li accompagni al lavoro, condizionatamente all’obbligo di seguire un percorso di attivazione. L’esistenza di questa dicotomia fra il primo e il secondo gruppo è una anomalia unica fra i paesi Ocse, nessuno dei quali definisce l’occupabilità degli individui in funzione della composizione del loro nucleo familiare.

Con la Garanzia di attivazione al lavoro, poi, il sostegno assicurato a nuclei familiari in povertà è assolutamente inadeguato. E per almeno tre ragioni.

Le condizioni di accesso al beneficio sono ancora più stringenti rispetto alla Garanzia per l’inclusione lavorativa. Il riferimento è infatti a un Isee di 6mila euro, e l’importo riconosciuto è decisamente più basso: 350 euro al mese, per un single, invece di 500.

Non è riconosciuto nessun supplemento nel caso in cui si viva in affitto. Anche questa una anomalia rispetto alla stragrande maggioranza dei paesi Ocse. Infine la misura dura solo un anno e non è rinnovabile.

Se fai tutto quello che ti è richiesto di fare e non riesci ugualmente a trovare un lavoro che ti permetta di uscire dalla soglia di povertà, non hai più nessun aiuto.

È la storia vecchia di secoli: se sei povero è colpa tua. Arrangiati.


 

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