Ritardi nelle opere più complesse, dal potenziamento delle linee ferroviarie regionali alle infrastrutture penitenziarie fino alla sicurezza sismica, in particolare quella dei luoghi di culto. E le maggiori criticità si registrano nella rimodulazione degli interventi, che in alcuni casi potrebbero condizionare il rispetto dei cronoprogrammi.

La Corte dei Conti mette in allerta il governo sull’andamento di alcuni interventi legati al Pnrr e anche al Pnc (il Piano nazionale complementare) nella relazione sul primo semestre dell’anno (approvata con la delibera n. 65/2025/G) a seguito dell’esame di 16 interventi del Pnrr e quattro programmi del Pnc. Se è vero che l’analisi riguarda solo alcune opere, la magistratura contabile invita a non sottovalutare i ritardi considerando che si tratta di opere strategiche. E peraltro persistono difficoltà legate alla rendicontazione – «dati disomogenei e richieste di pagamento frammentate» – per non parlare delle «carenze di personale nei settori chiave». E ancora: resta insufficiente il monitoraggio finanziario – «non del tutto efficace per valutare il reale stato di avanzamento dei progetti» – c’è «scarsa tempestività di aggiornamento delle piattaforme digitali» in particolare del Regis, «strumento centrale per il controllo dei fondi».

Ritardi e sostenibilità

Due i rischi evidenziati dalla Corte: il primo è legato ai fondi del Pnrr ossia alla scadenza di giugno 2026 quando tutte le opere del piano dovranno essere completate, poiché al momento l’Europa non intende concedere proroghe. Fra l’altro i giudici ricordano che il Piano, nella sua interezza, è già stato interessato da numerose modifiche, che ne hanno mutato il quadro sostanziale ed economico-finanziario.

In dettaglio, la magistratura contabile richiama le modifiche apportate dalla legge di bilancio 2025 rispetto al Pnc, in cui sono stati approvati definanziamenti e riprogrammazioni di spesa su molteplici iniziative, tant’è che l’ammontare complessivo delle risorse è ad oggi di 28,63 miliardi di euro, dai 30,62 previsti inizialmente. Il 21 marzo è stata presentata alla Commissione europea un’ulteriore proposta di variazione del Pnrr (approvata il 20 giugno), che oltre a riguardare scadenze e contenuti di numerose misure sul fronte delle “milestone” e dei target, ha previsto anche «significative rimodulazioni finanziarie», anche se risulta inalterata la dotazione complessiva del Piano (194,42 miliardi di euro). Tenendo conto delle rimodulazioni il totale dei fondi fra Pnrr e Pnc ammonta a 223,05 miliardi.

Ma c’è un altro importante rischio evidenziato dalla Corte, quello che riguarda la «tenuta del sistema» a partire proprio dal prossimo anno: «Sorgerà il problema, soprattutto per gli enti locali, della sostenibilità economica e organizzativa degli interventi realizzati o in corso di realizzazione». Di qui il monito all’esecutivo a porre attenzione «alla necessità di approntare gli adeguati strumenti amministrativi e normativi, ancora in fase di elaborazione, per disciplinare la chiusura del Piano».

Le rassicurazioni di Foti

Nei giorni scorsi il ministro per gli affari europei, Tommaso Foti, in audizione alla commissione Politiche dell'Unione europea del Senato ha evidenziato che «non è sicuramente una situazione facile quella di oggi, perché si stanno sovrapponendo interventi su interventi» e che è in corso «un monitoraggio rafforzato» per il rispetto delle scadenze. «Rispetto agli accordi sottoscritti, vi sono regioni che sono tra virgolette in linea e regioni che sono profondamente fuori linea e questo è ancora più preoccupante». E si aggiunge un ulteriore elemento: Foti ha detto che «la spesa percepita è del tutto superiore alla spesa certificata» perché «tutti gli acconti inferiori al 30% non sono ancora contabilizzati». E ha anche contestato il fatto che ci sono soldi Pnrr che non si riescano a spendere: «Abbiamo fatto la cabina di regia con le regioni. I presidenti di regione o gli assessori ci hanno certificato e ci hanno garantito che gli obiettivi che a loro sono stati assegnati verranno rispettati. Alcuni hanno detto che per motivi organizzativi preferiscono rendicontare periodicamente e non puntualmente».

I ritardi nella sanità

A segnalare ritardi nella componente Salute sul fronte regionale è la Fondazione Gimbe: 5 obiettivi su 14 in forte ritardo soprattutto sulle Case di comunità e le intensive e l'82% delle risorse risulta non speso. «È necessaria una corsa contro il tempo e uno sforzo congiunto di governo, Regioni e Asl per evitare ritardi, disuguaglianze e sprechi», sottolinea il presidente Nino Cartabellotta. «A un anno dalla rendicontazione finale al di là del rispetto formale delle scadenze e dell'incasso delle rate, la spesa effettiva delle risorse e l'avanzamento reale degli obiettivi procedono con estrema lentezza e con inaccettabili diseguaglianze tra le regioni». In netto ritardo la riorganizzazione dell'assistenza territoriale e il potenziamento dei posti letto in terapia intensiva e semi-intensiva. «È surreale – conclude Cartabellotta – che a cinque anni dalla pandemia l'Italia non sia ancora riuscita a completare un'infrastruttura essenziale per fronteggiare future emergenze sanitarie, per completare i progetti e trasformare in servizi le risorse da spendere, senza alcun margine per ritardi o inerzie».

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