Fatih Birol, il capo dell’Agenzia internazionale dell’energia, ha lanciato l’allarme: la decisione della Russia di ridurre le forniture di gas ai paesi europei potrebbe portare a ulteriori tagli. L’Europa si deve preparare a vivere senza metano russo. I governi devono agire subito: «L’Europa dovrebbe essere pronta nel caso in cui il gas russo fosse completamente interrotto», ha detto in un’intervista al Financial Times.

Il problema è sempre l’inverno. I flussi ridotti con il caldo non sono un problema, ma dopo cosa accadrà? «Più ci avviciniamo all’inverno, più comprendiamo le intenzioni della Russia», ha detto Birol. Come già dichiarato dai presidenti di Italia e Germania, i tagli fanno parte di un piano ben preciso, il ricatto di Mosca contro quelli che il presidente Vladimir Putin chiama “i paesi ostili”. Il direttore esecutivo dell’Aie ha aggiunto: «Credo che i tagli siano orientati a evitare che l’Europa riempia i depositi e ad aumentare le pressioni della Russia nei mesi invernali».

L’Aie, che è finanziata principalmente dai membri dell’Ocse, subito dopo la ripresa dei consumi a mano a mano che la pandemia scemava, ha accusato pubblicamente la Russia di manipolare le forniture di gas all’Europa in vista dell’invasione dell’Ucraina.

I fatti raccontano che alla fine dell’anno i flussi dal gasdotto Yamal, oggi chiuso, avevano cominciato a calare, causando un’immediata impennata dei prezzi, circostanza rilevata anche in un comunicato ufficiale dall’Autorità dell’energia italiana (Arera).

Le misure

Birol ha avvertito che i passi compiuti finora dai governi europei sono stati timidi ma «credo che ci saranno misure sempre più profonde sulla domanda con l’avvicinarsi dell’inverno». Insomma il razionamento delle forniture di gas rimane una possibilità reale se la Russia dovesse tagliare ulteriormente le esportazioni.

Martedì Svezia e Danimarca hanno seguito Germania, Austria e Paesi Bassi nell’annunciare la prima fase dei piani di emergenza per preservare le forniture di gas, ma nessuno di questi piani nazionali include ancora la riduzione dei consumi.

Il piano dell’Italia

Da destra il presidente del Consiglio Mario Draghi, il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, e il ministro dell'Economia Daniele Franco (Riccardo Antimiani/POOL Ansa/LaPresse)

In Italia come in Germania, si parla di incrementare l’utilizzo delle centrali a carbone. Scelta che per Birol è giusta, nonostante le preoccupazioni per l’aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera. L’aumento “temporaneo” aiuterebbe a preservare le forniture di gas per il riscaldamento in inverno.

Il ministero della Transizione ecologica italiano, Roberto Cingolani, martedì ha deciso di non passare dallo stato di pre-allarme gas a quello di allarme. Ma come conferma a Domani una fonte tecnica, si tratta di una scelta in parte solo formale per non innescare un nuovo aumento dei prezzi dell’energia. 

L’Italia è in stato di pre-allarme da febbraio, e nonostante sia riuscita a erodere una quota percentuale di consumi di metano dalla Russia, bisogna ricordare che la stagione aiuta. In inverno, quando il fabbisogno raddoppierà o triplicherà nelle giornate più fredde, consegne ridotte del 50 per cento come oggi causerebbero uno scenario ben diverso.

Per questo il governo ha chiesto a Terna di coordinare gli acquisti di carbone in vista di un maggiore utilizzo delle centrali, anche perché a breve non sarà più possibile acquistarlo da Mosca per via dell’embargo. Al momento tuttavia l’esecutivo non ritiene che siano necessari razionamenti riducendo i consumi industriali, così come previsto dallo stato di allarme.

Confindustria, che partecipa al tavolo di emergenza, come si legge sulla testata specializzata Staffetta Quotidiana, ha chiesto che il governo si muova prima razionando i consumi degli utenti civili, qualora fosse necessario: «Essenziale – si legge nel documento di Confindustria –  non fermare o ridurre la produzione industriale senza aver prima adottato misure volte a contenere i consumi del settore civile (incluso il commercio ndr). Ad esempio, la diminuzione di 3° C della temperatura massima dei sistemi di riscaldamento, determinerebbe un risparmio di circa 30 milioni di m3/giorno di gas, pari a quasi il 50 per cento del consumo del settore industriale».

Gli stoccaggi

In questo quadro si collocano gli stoccaggi da riempire in vista dell’inverno. Al momento siamo fermi intorno al 54 per cento, ma per stare relativamente tranquilli secondo Eni bisogna raggiungere l’80 per cento entro ottobre. La legge stabilisce addirittura di arrivare al 90 per cento prima della stagione invernale.

I prezzi troppo alti tuttavia stanno scoraggiando gli operatori e per questo l’esecutivo si prepara a mettere in campo gli aiuti pubblici: nuove linee di credito e garanzie, probabilmente mediate da Sace, la società che si occupa di erogare garanzie finanziare per conto del ministero dell’Economia. Non a caso il giorno dopo il tavolo sull’emergenza gas, è stato fissato un vertice al Mite sugli stoccaggi insieme alle compagnie che se ne occupano: Stogit (Snam), Eni, Edison, Ital gas storage. Snam ha ricevuto l’incarico di acquistare il metano che manca di volta in volta dopo le aste che servono a scadenzare i riempimenti.

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, si prepara intanto a presentare il piano per imporre un tetto al prezzo del gas russo, il price cap, al Consiglio europeo.

Le fonti energetiche rinnovabili

L’Aie, di fronte la pericolo razionamenti, ha chiesto di non chiudere le centrali nucleari anche se Berlino, ricorda il Financial Times, ritiene che continuare a mantenere attive le centrali nucleari resti tecnicamente troppo rischioso.

Mentre si continua a parlare di fonti energetiche fossili o rischiose, le grandi assenti continuano a essere le politiche per ridurre significativamente il consumo di combustibili fossili, in questo modo il mondo continua ad affrontare pericolose oscillazioni dei prezzi del petrolio e del gas, ha ricordato Birol. Gli investimenti nelle energie rinnovabili, rileva da ultimo l’Aie, sono cresciuti, ma non abbastanza.

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