Il governo italiano si presenterà alla conferenza Cop 26 sul cambiamento climatico di Glasgow, a novembre, in una situazione imbarazzante. L’Italia, che assieme alla Gran Bretagna ha il ruolo di presidente, avrà sul tavolo il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia che ieri, con una svolta clamorosa, ha spiegato che la strategia per arrivare a centrare l’obiettivo europeo delle emissioni zero al 2050 per fermare l’aumento delle temperature a livello globale passa per il blocco di ogni nuova attività estrattiva di gas e petrolio.

Allo stesso tempo, in casa, il governo italiano ha elaborato un Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che va in tutt’altra direzione puntando molto sul gas, poco sulla mobilità elettrica. L’Eni, società partecipata dal ministero dell’Economia e delle finanze, ha anche previsto nel suo piano industriale nuove estrazioni sia di petrolio che di gas.  

La svolta

Ci sono svolte che vengono preparate nel tempo e altre che avvengono improvvisamente. La transizione ecologica, per cui oggi si sprecano oceani di inchiostro, è stata preparata sicuramente dal contesto finanziario: quando nel 2018 la Commissione europea ha preparato il primo piano di azione per la finanza sostenibile il messaggio era già chiaro. Il costo ambientale sarebbe diventato uno dei nuovi parametri del mondo del credito.

A gennaio 2020 la Banca centrale europea ha annunciato che il rischio legato al cambiamento climatico sarà incluso nella revisione della sua strategia. Ora a certificare una svolta che corrisponde a una nuova rivoluzione industriale arriva anche il rapporto della agenzia internazionale per l’energia.

L’agenzia che opera in seno all’Ocse ed è riferimento delle politiche industriali energetiche di molti governi già qualche mese fa aveva dichiarato il solare, l’energia più economica, mai esistita con un cambio di orientamento, finora profondamente sbilanciato verso l’industria fossile che non era passato inosservato. Ma il rapporto presentato ieri è ancora più significativo.

La road map

Lo studio dell’agenzia aveva lo scopo di elaborare la strategia per arrivare all’obiettivo di emissioni zero per il 2050: ne è uscita una road map fatta di 400 obiettivi, un percorso stretto ma obbligato se davvero si vuole raggiungere la meta in tempo, che il direttore esecutivo Fatih Birol ha definito la più grande sfida che il mondo ha davanti.

Le tappe intermedie prevedono che «entro il 2035 non ci saranno vendite di nuove autovetture con motore a combustione interna e entro il 2040 il settore elettrico globale ha già raggiunto le emissioni nette zero».

Questo significa accelerare ora e in maniera massiccia gli investimenti sulle tecnologie come le batterie, gli elettrolizzatori e, base di tutto, bloccare le nuove estrazioni del settore oil and gas e preparare il settore automotive per una transizione completa dal settore della meccanica a quello della chimica.

Opportunità di sviluppo

Seguendo questa strategia il mondo dell’energia al 2050 sarà completamente diverso da quello attuale. Secondo i modelli dell’Aie la domanda globale di energia sarà inferiore di circa l'8 per cento, ma sarà capace di rifornire un'economia più che doppia e una popolazione con 2 miliardi di persone in più. 

Quasi il 90 per cento della produzione di elettricità verrà da fonti rinnovabili, con l'eolico e il solare fotovoltaico che insieme conteranno per quasi il 70 per cento del totale. L’agenzia include anche una quota di energia nucleare, ma rispetto al Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell’Onu riduce il ruolo dello stoccaggio di carbonio, quello dell’Eni a Ravenna per intenderci.

Il solare sarà in assoluto la più grande fonte di approvvigionamento energetico al mondo e soprattutto i combustili fossili passeranno da fornire i quattro quinti dell’energia mondiale a poco più di un quinto. 

Questa enorme ristrutturazione, ha detto ieri il direttore dell’Aie, Birol, porterà «milioni di nuovi posti di lavoro e aumenta la crescita economica globale», che vale il 4 per cento in più solo per il 2030, ma «richiede azioni politiche forti e credibili da parte dei governi, sostenute da una cooperazione internazionale molto maggiore». Per essere parte di queste nuove possibilità di sviluppo, però bisogna nuove politiche industriali.

Il problema italiano

Per le associazioni ambientaliste come GreenPeace siamo già in ritardo e il rapporto dell’Aie arriva ben ultimo – per esempio dopo un modello elaborato dall’università di Standford – ma di certo si tratta di una smentita ufficiale e di peso della strategia italiana e di alcune delle sue aziende di punta.

«Eni in questo è particolarmente colpevole: hanno puntato sul mantenere il valore dell’azienda e non hanno sviluppato nuove attività che hanno un futuro», dice Giuseppe Onufrio, direttore di GreenPeace Italia. «L’ad Claudio Descalzi ha puntato su Donald Trump per rompere il tavolo sul clima e ora il punto interrogativo è: può una leadership cresciuta sull’estrazione di petrolio guidare la nuova fase?». Secondo Onufrio siamo di fronte alla «inadeguatezza della classe dirigente fossile», un ritardo storico che rischia di portare sé con il paese.

Non si tratta infatti solo di Eni. Solo due giorni fa per esempio l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, ha dichiarato che sono i governi a imporre l’auto elettrica. Queste aziende hanno trovato e trovano sponda nella politica nel tentativo di rallentare la transizione. «Il ministro per la Transizione ecologica Cingolani ha mostrato a John Kerry, inviato Onu per il clima i gasdotti, Enel sta creando il suo primo impianto a energia rinnovabile dotato di capacità di stoccaggio a batteria in Texas, mentre qua invece le fanno investire in gas», dice Onufrio. «Queste cose la politica può solo rallentarle ma arrivano lo stesso e noi rischiamo di non giovarcene dal punto di vista occupazionale e di perdere un treno».

La possibilità di invertire la rotta ci sarebbe. Eni ha praterie in Africa per lo sfruttamento dell’energia solare, solo per fare un esempio, ma il problema è che siamo a un bivio e il premier Mario Draghi deve decidere : vuole salvare il clima e lo sviluppo italiano o proteggere le aziende in ritardo sul progresso?
 

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