Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha convocato per domani alle 12 i sindacati per occuparsi del dossier ex Ilva. Lunedì 30 novembre è la scadenza fissata dall'accordo del 4 marzo scorso per sottoscrivere il nuovo contratto di investimento per Arcelor Mittal e Invitalia, la società che ha come amministratore delegato Domenico Arcuri, dovrebbe entrare con il 50 per cento in Arcelor Mittal Italia.

«È un punto di svolta decisivo» ha detto il segretario generale, di Fim-Cisl, Roberto Benaglia. Per il sindacalista «occorre che questa svolta dia vita ad un piano industriale che valorizzi l'occupazione e le potenzialità del polo siderurgico di Taranto e degli altri siti del gruppo. L'accordo finanziario che prevede l'ingresso per ora in quota paritaria e per il 2022 in quota maggioritaria dello Stato italiano «è una base utile per dare continuità produttiva, mantenere impegnato il gruppo ArcelorMittal sulle strategie industriali».

Gia la settimana scorsa aveva detto che solo «dopo si apre la partita più decisiva per noi».

La paura è che non ci siano comunque gli investimenti e che il governo tratti per i licenziamenti.

Rocco Palombella, segretario generale Uilm, ha detto: «Dal 2012 al 2018 ha gestito sempre lo Stato con investimenti al lumicino. L'entrata del governo è una garanzia in parte, noi ci auguriamo che ci sia persone capace da parte del governo per definire le priorità industriali, non devono usare l'Ilva come una disputa elettorale. Non vogliamo ingerenze politiche».

Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil ha aggiunto: «L’ingresso e la partecipazione dello stato attraverso Invitalia non possono essere semplicemente una decisione di natura finanziaria. È indispensabile che lo Stato assuma un ruolo e una funzione di indirizzo e di controllo nelle scelte strategiche di politica industriale del gruppo». I sindacati guardano agli accordi già siglati: «Non vorrei che si pensasse che abbiamo fatto una trattativa di un anno con il vicolo occupazionale e zero esuberi con un’azienda privata e che ora si possa trattare gli esuberi con un'azienda per metà pubblica. Anche perché a noi non è arrivata nessuna disdetta dell'accordo sindacale firmato al Mise il 6 settembre del 2018». L’accordo del 2018 prevedeva 10.700 occupati subito e la clausola di salvaguardia occupazionale con il rientro dei 1700 lavoratori in amministrazione straordinaria entro il 2023.

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