Soci, conti e faro Bce: Mps festeggia la vittoria su Mediobanca ma il difficile viene ora

La partita è finita. Ora a Siena devono solo capire con quanti gol di scarto vinceranno. Per saperlo basta attendere fino a lunedì prossimo, l’8 settembre, quando alla chiusura della seduta di Borsa si conosceranno con precisione i risultati dell’ops che porterà Mediobanca sotto il controllo del Monte dei Paschi. Poi, per arrotondare il punteggio e voltar pagina una volta per tutte, non sono neppure esclusi i tempi supplementari, sotto forma di possibile riapertura dell’offerta per una settimana, dal 16 al 22 settembre. Solo tra un paio di settimane conosceremo quindi i numeri definitivi di un’operazione destinata a disegnare nuovi equilibri di potere nella finanza nazionale, con Francesco Gaetano Caltagirone e la famiglia Del Vecchio che partendo da Siena e passando da Piazzetta Cuccia, arriveranno a prendere il controllo della preda più ricca e ambita, le Assicurazioni Generali, di cui Mediobanca è azionista di riferimento con una quota del 13,1 per cento. Una scalata condotta dal primo metro all’ultimo con il malcelato sostegno del governo di Giorgia Meloni, allo stesso tempo arbitro e giocatore, visto che ancora oggi, con l’11,7 per cento del capitale, resta il socio principale del Monte. Gli sconfitti si preparano a uscire di scena e ieri il cda di Mediobanca ha sparato le ultime cartucce con un comunicato in cui torna a respingere l’offerta di Siena definita «priva di razionale industriale e priva di convenienza per gli azionisti» della banca d’affari, anche dopo il ritocco al rialzo di 0,9 euro per azione deciso da Mps lunedì sera. Il governo punta le banche e sogna l’obolo sovranista Le incognite Ha dunque vinto Luigi Lovaglio. Nei prossimi mesi, però, la strada non sarà tutta in discesa neppure il manager a capo del Monte, che dovrà gestire un’integrazione non priva di rischi. I vantaggi delle sinergie vantate dai vertici Mps potrebbero rivelarsi inferiori al previsto se le due banche, come pare ormai molto probabile, non venissero fuse tra loro, mentre il calo dei tassi rende meno conveniente l’attività bancaria, al contrario di quanto è successo nel biennio 2023-24. A conferma dei dubbi di una parte del mercato ieri è arrivato il giudizio dell’agenza di rating Fitch che ha rivisto al ribasso da “in evoluzione” a “negativo” il proprio voto sulle prospettive di Mediobanca. C’è agitazione anche nelle prime linee dei manager di Piazzetta Cuccia, in vista dell’integrazione con un istituto come quello senese profondamente diverso come approccio al business. Le incognite sul futuro prossimo hanno contribuito in questi giorni a deprimere le quotazioni di Mps e Mediobanca. Il ribasso si aggira intorno al 7 per cento da lunedì, alla vigilia del rilancio annunciato da Mps. D’altra parte, lo scenario resta incerto anche su un altro fronte, quello degli equilibri azionari nel nuovo gruppo bancario Mps-Mediobanca. Molto dipenderà dalla quota finale delle adesioni all’ops del Monte, un numero che si conoscerà solo al termine dell’offerta. Mediobanca e la rivincita dei finti outsider Arbitro Bce La soglia che può fare la differenza è quella del 66,6 per cento. Se le azioni vendute alla banca senese supereranno questa quota del capitale di Piazzetta Cuccia, allora la holding Delfin dei Del Vecchio, già azionista di entrambi gli istituti, dovrebbe arrivare a controllare all’incirca il 20 per cento di Mps. Se invece solo la metà del capitale di Mediobanca accettasse l’offerta di Siena, a Delfin farebbe capo una partecipazione vicina al 23 per cento circa. La holding dei Del Vecchio però ha ricevuto il via libera dalla vigilanza Bce per arrivare solo fino al 20 per cento di Mps. E allora, se a giochi fatti la quota di Delfin fosse superiore andrebbe intavolata una trattativa con Francoforte per pilotare, in tempi e modi da stabilirsi, un rientro entro la soglia consentita. E questo sarebbe solo un capitolo della più complessiva governance aziendale che andrebbe sottoposta alla Banca centrale. Ecco perché questi ultimi giorni di ops, con l’eventuale riapertura del 16 settembre, possono rivelarsi decisivi non tanto per il successo dell’operazione, quanto per i futuri assetti azionari. Non è in discussione invece il controllo su Mps della cordata di soci vicini al governo. A Delfin e gruppo Caltagirone, va aggiunto anche il BancoBpm. Se le adesioni all’offerta pubblica toccassero quota 66,6 per cento questi tre grandi azionisti controllerebbero insieme ben oltre il 30 per cento del capitale del Monte, senza contare un altro 5,5 per cento circa che farebbe capo direttamente al Tesoro. Quanto basta per scoraggiare eventuali scalate. Mediobanca, Nagel ko. Meloni e Caltagirone verso la vittoria finale Nomine Giochi ancora aperti, invece, per i posti di vertice della nuova Mediobanca nell’orbita di Mps. In questi giorni si è fatto il nome di Vittorio Grilli come possibile nuovo presidente al posto dell’uscente Renato Pagliaro. La nomina avrebbe un senso politico, visti i rapporti di lunga data che legano Grilli, in passato direttore generale del Tesoro, a Gaetano Caputi, il capo di gabinetto di Giorgia Meloni. Pagliaro l’anno scorso ha ricevuto un compenso lordo di poco inferiore al milione di euro. Sul mercato ci si chiede se questa somma sarebbe sufficiente a convincere Grilli, che al momento siede sulla prestigiosa e remunerativa poltrona di capo delle attività europee della grande banca americana Jp Morgan.