Stellantis esiste da poco più di cento giorni. Per un’azienda che annovera marche centenarie come Fiat e Peugeot il periodo di vita comune è per ora talmente breve che è presto per pretendere dall’amministratore delegato Carlos Tavares di avere tutti i piani pronti per il futuro. Ma per quanto riguarda le marche francesi del gruppo, la recente decisione di preferire la Cina per assemblare la nuova berlina Citroën C5X e la scelta annunciata a febbraio di produrre un motore in Ungheria piuttosto che in Francia sono primi aggiustamenti di rilievo. E che creano inquietudine. L’industria automobilistica francese presa nel suo insieme ha perso circa il 30 per cento degli effettivi nel decennio scorso, secondo dati pubblicati il 20 aprile dall’Observatoire de la Métallurgie. Se la tendenza continua, il settore rischia di scendere sotto i 100mila addetti sul suolo nazionale nel 2035.

Un collasso simile a quello subito dalla siderurgia a partire dagli anni Settanta. Se è vero che da almeno vent’anni sia Peugeot-Citroën sia la rivale Renault hanno delocalizzato molto verso paesi d’Europa dell’est e Marocco, si trattava generalmente di vetture a basso costo. Ma le ultime mosse sono emblematiche perché riguardano modelli con più valore aggiunto e segmenti di produzione rimasti in Francia spesso anche grazie a soldi pubblici. Fra i sindacati che rappresentano i lavoratori francesi del colosso che ha sede vicino Amsterdam, la preoccupazione è palpabile.

«Spostando la produzione in Cina, la volontà dell’impresa è di ottenere margini di profitto migliori a detrimento di posti di lavoro in Francia e anche a detrimento dell’impronta di carbonio», dice Christine Virassamy, delegata a livello nazionale per sindacato francese Cfdt. «Il costruttore di cui facciamo parte sta organizzando la diminuzione della produzione in Francia. Deploriamo fortemente queste decisioni».

Ma non ci sono solo i sindacati a lanciare l’allarme. La decisione a fine febbraio di delocalizzare in Ungheria la produzione di un nuovo motore quattro cilindri ha condotto a reagire anche Xavier Bertrand, governatore della regione dove si trova la fabbrica minacciata e auto-candidato alle elezioni presidenziali del 2022. Bertrand ha incontrato i rappresentanti sindacali e in un tweet il 10 aprile ha chiesto a Stellantis di prendere impegni: «La produzione di un nuovo motore su questo sito è indispensabile se vogliamo preservare i posti di lavoro». Altri politici locali si sono mobilitati per manifestare al fianco dei lavoratori. Nell’arco di pochi giorni, Tavares ha annunciato che un altro motore sarà costruito in questa fabbrica situata a Douvrin, nel nord-est della Francia. Un primo passo per i sindacati, che pero’ chiedono impegni più importanti per preservare lavoro a Douvrin come altrove.

«Per garantire i posti di lavoro bisogna innanzitutto mantenere i volumi di produzione», dice Virassamy, che lavora a Rennes dove l’impianto di assemblaggio ha una lunga esperienza sui veicoli di alta gamma. Proprio come la Citroën C5X che invece sarà prodotta a Chengdu in Cina. Senza attribuzione di un nuovo tipo di veicolo entro fine anno, anche il futuro della fabbrica di Rennes è incerto. La direzione si era impegnata prima della fusione a non chiudere alcun sito di produzione in Europa.

«Gli operai cinesi sanno fabbricare le vetture altrettanto bene che gli operai francesi», dice Jean-Pierre Mercier, rappresentante dei lavoratori Stellantis per la Cgt, altro sindacato francese. Già a inizio 2020, i vertici del gruppo avevano optato per la Cina per costruire un’altra berlina, la DS9. Vista la situazione, come non mettere in preventivo eventuali aggiustamenti per le fabbriche in Italia? Nulla sembra essere deciso per ora. Visitando una fabbrica italiana a fine febbraio, Tavares ha semplicemente detto ai sindacati che i costi di produzione di alcuni veicoli in Italia sono più alti rispetto a Francia e Spagna.

Il nuovo piano strategico

Stellantis, che mira a 5 miliardi di euro di sinergie annuali a seguito della fusione, sta preparando un nuovo piano strategico che sarà presentato non prima di fine 2021 o inizio 2022. Ma c’è un’eccezione: la strategia sull’auto elettrica sarà già svelata a luglio. E durante l’assemblea degli azionisti del 15 aprile Tavares ne ha definito gli obiettivi a grandi linee: 70 per cento delle vendite del gruppo in Europa nel 2030 provenienti dalle auto elettriche contro il 14 per cento attuale. Stellantis sta agendo in partenariato con una filiale del gruppo petrolifero Total per creare la prima “mega-fabbrica” francese di batterie elettriche per vetture. L’apertura è prevista proprio a Douvrin per fine 2023 e un’altra giga-factory per le batterie delle automobili di Stellantis dovrebbe sorgere a Kaiserslautern in Germania nel 2025. Un modo per Tavares di cercare di tener testa a Tesla che si sta dotando di un sito produttivo nei pressi di Berlino, ma anche a Volkswagen che in Borsa nel 2021 ha guadagnato oltre il 40 per cento grazie in particolare all’annuncio a marzo di obiettivi in materia di auto elettrica, mentre l’azione di Stellantis è pressoché invariata rispetto ai livelli di inizio anno.

Tutto questo dopo un 2020 in cui le vendite di auto sono crollate per via della pandemia, e in un mondo dove la penuria di semiconduttori sta provocando rallentamenti o arresti nelle catene di montaggio in Europa come negli Stati Uniti, l’altro grande mercato di Stellantis che invece genera solo il 3 per cento dei suoi ricavi in Asia. Fra le priorità del gruppo basato in Olanda, c’è giustamente quella di preparare una “strategia vincente” per la Cina. La nuova berlina Citroën basterà?

 

© Riproduzione riservata