Stellantis promette che sarà in grado di vendere solo auto elettriche in Europa dal 2030, ovvero cinque anni prima della scadenza attualmente in discussione a livello Ue. Presentando il piano strategico decennale del gruppo nata dalla fusione di FCA e della francese PSA, l’a.d. Carlos Tavares ha però avvertito che per una rapida transizione servirà l’aiuto della politica, con incentivi alla vendita di auto elettriche almeno per i prossimi cinque anni.

«L’industria avrà bisogno di cinque o sei anni di tempo per “digerire” il maggior costo delle auto elettriche rispetto a quelle con motore a scoppio», un costo addizionale del 50 per cento, secondo la stima di Tavares. Per questo il manager si aspetta nei prossimi cinque anni un aiuto, sia in termini di incentivi alla vendita di veicoli elettrici che di investimenti nelle infrastrutture di ricarica.

L’aiuto andrà gradualmente riducendosi, ha aggiunto, anche perché gli stati non possono permetterselo a lungo senza aumentare le tasse. Nel frattempo l’industria avrà il tempo di tagliare i costi, anche grazie all’aumento dei volumi di vendita.

La svolta di Tavares

Come mai Tavares, che si è finora fortemente opposto al piano Ue di vietare la vendita di auto con motori a scoppio dal 2035, ha cambiato posizione? «La strada mi sembra tracciata, io ho uno spirito competitivo e noi siamo pronti a competere».

Non ha però deposto tutte le critiche, e ha rilanciato la vecchia proposta di permettere per un periodo più lungo la vendita dei cosiddetti mild-hybrids, vetture a benzina con un piccolo motore elettrico, in cambio di vecchi veicoli con oltre 12 anni. Il taglio della CO2 «da 160 a 100 grammi/km sarebbe un contributo significativo alla decarbonizzazione», ha azzardato.

Il ceo di Stellantis ha elencato ieri una serie di veicoli a batterie che il gruppo si prepara a lanciare sul mercato, dopo i ritardi accumulati negli scorsi anni rispetto a molti concorrenti; tra questi una piccola Jeep in arrivo nel 2023; ha anche detto che Stellantis dovrà disporre entro il 2030 di una capacità produttiva in giga-fabbriche di batterie pari di 400 gigawatt/ora, di cui 250 in Europa, con almeno 5 fabbriche.

La presentazione del piano decennale “Dare forward” (Osare il futuro) di Stellantis ha ricordato le grandi kermesse FCA che Sergio Marchionne dirigeva ogni quattro anni. Stavolta però Tavares ha tenuto il palco da solo per un’ora, chiamando poi tre dei suoi manager per la sessione di domande e risposte.

Sullo slancio di un 2021 da primato, chiuso con un aumento dei ricavi e con utili per oltre 13 miliardi di euro nonostante la crisi dei chip, Tavares ha presentato un piano 2030 che egli stesso ha definito «molto ambizioso»: raddoppio del fatturato a 300 miliardi di euro dai 152 miliardi del 2021, margini di profitto superiori al 12 per cento ovvero al livello già da record dell’anno passato.

Il tutto dovrà essere ottenuto grazie a un aumento dei ricavi da vendite di software e servizi (dagli aggiornamenti a distanza delle auto all’assistenza, ai noleggi a lungo termine) e soprattutto a un aumento dell’efficienza sia delle fabbriche che delle reti di vendita. Stellantis è già impegnata in un braccio di ferro con i fornitori, ai quali ha chiesto sconti significativi; e prepara un riassetto della distribuzione, con un maggior ricorso alle vendite online.  

La minaccia velata

Oltre agli incentivi per le auto elettriche, Tavares ha posto un’altra condizione significativa, quasi una velata minaccia, ai politici: rispondendo a una domanda sul destino delle fabbriche italiane di Stellantis, ha detto che il mantenimento della capacità produttiva in Europa dipenderà delle dimensioni del mercato. «Se cih saranno restrizioni all’uso dell’automobile e se gli europei non potranno decidere il sabato mattina dove passare il weekend, le dimensioni del mercato sono destinate a ridursi».

Parlando con i giornalisti italiani a proposito dell’ipotesi ventilata nelle scorse settimane dell’ingresso dello stato italiano nel capitale, a fianco di quello francese, Tavares ha detto che non ne vede la necessità: “Possiamo proteggere l'Italia senza avere il governo nell'azionariato. Il governo può usare meglio le tasse degli italiani”.

L’assenza di dettagli sui lanci di nuovi prodotti e sulle allocazioni produttive agli stabilimenti preoccupa i sindacati italiani. La Fiom-Cgil ha chiesto un confronto sul piano industriale, sul futuro dei lavoratori in produzione, negli enti di ricerca e sviluppo e nelle funzioni di staff, e sulle aziende della componentistica, e ha proclamato lo stato di agitazione per l’occupazione in tutti gli stabilimenti italiani fino all’incontro convocato dal Mise per il prossimo 10 marzo.

Per la Fim-Cisl è indispensabile comprendere in quella sede quali sono le scelte di investimento e di prospettiva che riguardano le realtà italiane di Stellantis.

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