«Quando li sento parlare di furbetti sul divano mi viene una rabbia… io sono perfino andato al centro per l’impiego a dirgli che me lo togliessero il reddito e mi trovassero un lavoro che posso fare, nelle mie condizioni di salute, che io avrei preferito alzarmi tutte le mattine e guadagnarmi un salario dignitoso. Come hanno risposto? Si sono segnati il mio numero e la mia mail ma non mi hanno mai contattato».

Luciano Iallongo ha 63 anni, vive in un’occupazione abitativa a Roma, e fino a poco tempo fa percepiva il reddito di cittadinanza per sé e il suo nucleo familiare: moglie, figlia di 36 anni - precaria - e nipotina di 10. Ha preso l’assegno per 18 mesi, ha rifatto la richiesta e lo ha riottenuto, ridotto a 560 euro. Da settembre però, non sa perché, non arriva. «Anche stamattina sono andato a vedere se avessero ricaricato la carta, ma nulla». 

«Lo sapevi che potevo prenderti solo al nero»

«Tre anni fa mentre ero al lavoro mi sono sentito male - racconta a Domani - sono andato all’ospedale d’urgenza e mi dicono che non posso più fare quello che facevo: lavoravo in un cantiere. Mi spiegano che ho la colonna vertebrale devastata, dalla cervicale alla lombare, con ernie al disco e vertebre acciaccate, più un principio di artrosi deformante che mi sta piegando la schiena». 

Potrebbe avere, gli dicono i medici, al massimo l’invalidità al 66 per cento che non dà diritto a nessun tipo di sussidio, quindi gli sconsigliano anche di fare le pratiche. In quella ditta ci lavorava da un anno e mezzo, ma al nero. Il titolare gli ha detto «Lucia’ lo sapevi che io potevo prenderti solo al nero. Appena stai meglio torna e ti faccio fare qualche appartamento». La verità è che Luciano ha lavorato in nero nei cantieri per gli ultimi vent’anni «Lo sai come sono le ditte» si giustifica, «Ho fatto i conti ho contributi per cinque anni». Chiediamo se non sia arrabbiato che a causa di tutte queste ditte che non lo hanno mai messo in regola lui si ritrova senza nulla. «Sono arrabbiato sì, ma nessuno mi ha mai puntato la pistola alla testa. Io dovevo lavorare per sfamare la mia famiglia e ho accettato».

 Nato a Torre Maura da una famiglia di 10 figli Luciano Iallongo deve contribuire da subito al bilancio familiare, a 12 anni e mezzo, senza finire le medie, è sul cantiere con lo zio e da allora non ha mai smesso di lavorare. «Dopo il militare volevo cambiare - racconta - volevo viaggiare almeno l’Italia, mi compro un camion e inizio a fare traslochi e trasporti a giro per l’Italia, fino a che una cooperativa di traslochi internazionali non mi ‘compra’ e da allora lavoro per loro». Anche quello un lavoro pesante che dura  fino al ‘92.  «Quando muore mio padre - racconta - mi rifiuto di fare un trasporto per un ambasciatore per stare accanto a mia madre, che aveva avuto un ictus. La cooperativa mi fa fuori e inizio a lavorare in cantiere, fino a tre anni fa». Stando al libretto Inps però Luciano Iallongo è come se non avesse mai lavorato. Una storia che per lui non è neanche troppo strana, sua moglie ha lo stesso percorso: ha avuto un contratto solo ad Auchan, poi la ditta non ha rivinto l’appalto ed è tornata a fare le pulizie nelle case in nero. «Sai forse perché veniamo da famiglie numerose ci hanno sempre inculcato l’idea che dovevamo lavorare, non importava come. Io ci ho provato a trovare un lavoro in regola - si giustifica - ma non ci sono riuscito».

«Eravamo troppo ricchi»

La regione Lazio è al terzo posto per numero di beneficiari di reddito di cittadinanza dopo Campania e Sicilia. Secondo il capogruppo alla Camera del Movimento 5 stelle, Francesco Silvestri, la manovra del governo Meloni toglierà il reddito di cittadinanza a 70 mila persone (su 220 mila). «Io non sono né di destra né di sinistra - commenta Luciano - ma i politici proprio non si rendono conto. Conosco tante persone che lo prendono e si tutti i giorni vanno a cercare lavoro». La figlia ha fatto l’alberghiero, ma anche lei non riesce ad avere un impiego a tempo indeterminato. «Ha lavorato per due mesi da Amazon guadagnando 3mila euro lordi - racconta Iallongo - lo abbiamo detto all’Inps e ci hanno tolto il reddito di cittadinanza per cinque mesi. Eravamo troppo ricchi».

Per sopravvivere la famiglia di Luciano va a prendere il pacco dalla Croce rossa una volta a settimana e vive della solidarietà delle altre famiglie della palazzina, occupata da 30 nuclei familiari. La realtà delle occupazioni è l’altra faccia della povertà a Roma e non solo. «Qui ci sono famiglie che portano a casa 800 euro al mese e certo non si possono permettere un affitto - spiega Iallongo - siamo tutti in attesa di casa popolare, anche noi. Siamo in attesa da quando eravamo una giovane coppia, prima di avere nostra figlia». 

«Noi dal nostro osservatorio ci aspettiamo un massacro sociale - spiega a Domani Cristiano Armati del Movimento per il diritto all’abitare di Roma - anche se dobbiamo dire che l’attacco al reddito di cittadinanza non ci ha stupito perché si stava andando in quella direzione già con Draghi. Il fatto che è come che ci fossimo dimenticati che veniamo da una pandemia che ha causato un ulteriore impoverimento in quelle periferie popolari che ormai sono sempre più la normalità nelle nostre città. A partire da Roma».  

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