L’annuncio risale a un mese fa, non di più e recitava così: «Superbonus salvo nelle aree del terremoto». In febbraio, parlamentari e amministratori locali di Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio, avevano garantito che nulla sarebbe cambiato. Le norme di fine 2023 destinate, almeno nelle intenzioni, a bloccare la marea montante dei costi degli incentivi edilizi, non avrebbero colpito la ricostruzione post terremoto. Sgravi fiscali salvi fino al 31 dicembre 2025, quindi.

Neppure il tempo di esultare e due giorni fa è arrivata la marcia indietro, annunciata a sorpresa da Giancarlo Giorgetti. Se non ci saranno modifiche al testo del decreto legge varato martedì, la scure del governo questa volta colpirà anche i cantieri aperti nelle zone colpite dal sisma del 2009 e poi del 2016. Eppure, a febbraio, il commissario alla ricostruzione Guido Castelli aveva presentato il provvedimento che prorogava il Superbonus come “la dimostrazione della sensibilità del presidente del Consiglio Giorgia Meloni”. E chissà se due settimane fa l’annuncio di quel salvataggio in extremis avrà contribuito a spostare consensi verso la maggioranza di governo.

Assalto al Mef

Fatto sta che l’esecutivo ha cambiato idea. Il Superbonus, dice Giorgetti, è il peggiore dei mali per il bilancio pubblico. Una droga contabile a cui il Paese si è assuefatto. Quindi il rubinetto degli incentivi fiscali va chiuso al più presto, senza eccezioni, neppure per i cantieri aperti nelle aree terremotate. Tanta fermezza, però, è messa a dura prova in queste ore dall’assalto congiunto di una falange di politici ben decisi a riaprire l’ombrello dei bonus per la ricostruzione post sisma.

In Abruzzo si è mosso l’appena rieletto presidente Marco Marsilio insieme col sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi. «L’utilizzo dei benefici fiscali non è un beneficio per pochi ma una necessità senza la quale non potremmo continuare a riaprire cantieri», recita la dichiarazione congiunta dei due amministratori locali. Anche Francesco Rocca, il governatore del Lazio fedelissimo di Giorgia Meloni, chiede un passo indietro del governo per non bloccare lavori come quello nel “Super cantiere” di Amatrice appena inaugurato. E Donatella Tesei, presidente leghista dell’Umbria, garantisce il suo impegno per far cambiare idea al suo collega di partito Giorgetti. Il decreto del governo è un “atto scellerato e vergognoso” tuona il Pd dell’Aquila che rinfaccia al centrodestra le promesse della recente campagna elettorale.

Il pressing, con attacchi da destra e da sinistra, mira ad aprire un varco nel muro della fermezza ostentata da Giorgetti. Il testo del decreto è ancora aperto a correzioni e in teoria ci sarebbe spazio anche per modifiche in Parlamento durante l’iter per la conversione in legge. Tra l’altro, il provvedimento varato martedì in Consiglio dei ministri prevede lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito anche per case popolari, le cooperative di abitazioni, le organizzazioni no profit che assistono i disabili e gli anziani. Non è da escludere, quindi, che il titolare del Mef alla fine ceda alle pressioni. La versione definitiva del decreto potrebbe quindi prevedere alcune eccezioni per salvare dai tagli alcune circoscritte categorie di contribuenti.

Costruttori contro

Com’era prevedibile, e come è già successo in occasioni di tutti i precedenti giri di vite governativi, si è fatto sentire anche il mondo dell’edilizia, che paventa un futuro nero per il settore un futuro nero per il settore orfano degli incentivi. Ance, l’associazione dei costruttori, se la prende con la stretta nelle aree terremotate e si chiede come ha dichiarato la presidente Federica Brancaccio «a che cosa sia dovuta questa improvvisa nuova stretta». Ancora più duro l’attacco che parte dalla Cna, la Confederazione nazionale dell’artigianato che vede “un governo che continua a produrre norme restrittive nei confronti del settore delle costruzioni”.

I numeri, a dire il vero, raccontano che a partire dal 2020 i cantieri si sono moltiplicati proprio grazie agli sgravi fiscali varati o riconfermati dai governi, una lista che oltre al Superbonus comprende anche bonus facciate, sisma bonus, ecobonus, bonus barriere architettoniche. Il rapporto più recente dell’Istat segnala che in Italia a dicembre del 2023 il settore delle costruzioni è cresciuto del 4,4 per cento sull’anno precedente, quattro volte la produzione industriale nel suo complesso (1,1 per cento).

Droga fiscale

Del resto, segnala sempre l’Istat, nel nostro paese dopo lo stop imposto dalla pandemia, la ripresa dell’attività dei cantieri è stata molto più veloce rispetto a quella registrata nelle altre maggiori economie. L’indice in Italia ha raggiunto quota 130, il 30 per cento in più rispetto a Spagna, Germania e Francia. Aumentano anche i profitti: il valore aggiunto per le aziende delle costruzioni è aumentato rispetto all’anno precedente del 4,3 per cento nel 2023, dell’11,4 per cento nel 2022 e del 20,6 per cento nel 2021. Valori di gran lunga superiori a quelli registrati nel resto dell’economia nazionale.

Ovvio, quindi, che sia nel frattempo sia cresciuto anche il contributo dell’edilizia alla crescita del Pil, un risultato ovviamente innescato dalla spinta del Superbonus.

Il problema, come ha fatto notare ieri su questo giornale l’economista Giuseppe Pisauro, è che “pare assai dubbio” che gli incentivi fiscali abbiano davvero avuto un impatto duraturo sul “potenziale di crescita dell’economia italiana”, visto che le costruzioni sono un settore maturo con spazio limitato per aumenti di produttività.

In altre parole, una volta bloccato il doping fiscale, la fiammata si spegne e si lascia alle spalle oneri pesantissimi sui conti dello stato, destinati a gravare sul debito pubblico almeno per i prossimi quattro anni. Non solo. Secondo i dati delle camere di commercio, hanno chiuso i battenti ben 11 mila imprese edilizie nate a partire dal 2020. Un numero senza precedenti.

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