Per il Pnrr lo Stato ha fame di specialisti. Servono ingegneri, geologi e soprattutto funzionari in grado di eseguire la progettazione e seguire la realizzazione delle opere passo passo. Molto dipenderà dagli enti locali, come ha precisato Draghi. Oggi secondo l’ufficio parlamentare di bilancio, solo il 30 per cento dei dipendenti pubblici è laureato, mentre il 20 per cento ha solo la scuola dell’obbligo. 

Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, con l’obiettivo di «non lasciare nessun comune abbandonato per strada» si affida alle nuove tecnologie. Il nuovo portale per il reclutamento del personale pubblico ha già ha sciorinato numeri e meccanismi per riempire i vuoti negli organici e accrescere la qualità del “capitale umano".

Alle Regioni e alle province sono stati inviati il 10 dicembre gli elenchi dei candidati, in un numero superiore quattro volte le richieste, a supportare gli enti locali nella semplificazione delle procedure per il Pnrr. La selezione dei primi mille esperti dovrà essere ultimata entro il 31 dicembre.

Peccato che il sistema “veloce e trasparente” studiato da Almaviva per Brunetta salti a pié pari lo strumento deputato al “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro, cioè i tanto vituperati Centri per l’impiego, che nel frattempo il ministro del Lavoro Andrea Orlando cerca di adeguare proprio alle necessità del Pnrr.

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Il nuovo portale

Brunetta ha annunciato che in base alle stime, attraverso il neonato portale inPA, lo Stato in tutte le sue articolazioni assumerà nel prossimo quinquennio all’incirca un milione e 300 mila nuovi “professionisti”. Non solo ingegneri civili e ambientali da 100 mila euro di compenso annuo ma anche carpentieri, operai edili e tecnici “per cui sarà necessario anche adeguare i decreti flussi per permettere l’arrivo di manodopera anche dall’estero. Si sta parlando di circa 120 mila assunzioni a tempo determinato all’anno, ai quali si sommeranno i circa 800 mila (150 mila all’anno) nuovi assunti a tempo indeterminato attraverso i concorsi digitali e semplificati - 90 giorni di media - per lo sblocco del turn over. «Saranno anni di vacche grasse per la pubblica amministrazione», ha profetizzato il ministro, sottolineando come al termine dei contratti quinquennali - con la formula 3 più 2 - legati al Pnrr si prevede che «il 40 per cento dei consulenti potrà essere acquisito in forma stabile dall’amministrazione». Se non siamo al milione di posti di lavoro della famosa promessa berlusconiana, siamo persino oltre. Con in più una promessa di trasparenza, perché il portale inPa non solo ingloba già 5 milioni e mezzo di curricula messi a disposizione da LinkedIn e dagli Ordini professionali - saranno 15 milioni a regime - ma sarà accessibile da ogni singolo utente alla ricerca di lavoro. Ilc cittadino avrà a disposizione l’elenco completo dei bandi di concorso.

Ciò sarà possibile grazie a un’interfaccia diretta con le pubblicazioni obbligatorie sulla Gazzetta ufficiale. Ci penserà l’algoritmo a mettere in relazione professionalità offerta e domanda del profilo richiesto e l’utente avrà una notifica “alert” sul suo account di identità digitale - Spid o Cie - direttamente sul telefonino. Per eventuali domande delle singole amministrazioni ci sarà Linea Amica PA a fare da supporto, vincere le resistenze. Tutto meraviglioso.

Se non fosse che questo nuovo sistema destinato a mandare in soffitta raccomandate e vecchi concorsoni a prova scritta, procede su una corsia del tutto indipendente con i piani di riforma legati al ministero del Lavoro e alle stesse Regioni per quanto riguarda le politiche attive del lavoro. Lo stesso Brunetta non l’ha sottaciuto.

«La competenza per il mercato del lavoro ordinario attiene al ministro Orlando - ha precisato - Purtroppo i centri per l’impiego sono riusciti a rispondere alle domande di lavoro solo per il 5 per cento. Ciò attiene al passato, l’ultima modifica in legge di bilancio gli affianca le Apl e comunque qui stiamo parlando del reclutamento straordinario per il Pnrr». Brunetta aveva però invitato a utilizzare il portale inPa anche i 2.100 navigator che al 31 dicembre dovevano vedere scadere i loro contratti poi prorogati di altri quattro mesi grazie a un accordo di maggioranza.

Garanzia statale

La realtà è meno lineare e più paradossale. Anche i centri per l’impiego hanno l’ambizione di concorrere all’implementazione del Pnrr da protagonisti. È ciò che prevede alla Mission 5 lo stesso Pnrr, con una dotazione di oltre 5 miliardi tramite il nuovo programma Gol: Garanzia Occupabilità Lavoratori. È scritto anche nella legge di bilancio nelle voci della mini riforma degli ammortizzatori sociali. I centri per l’impiego dagli attuali 550, uno ogni 100 mila abitanti, dovrebbero diventare uno ogni 40 mila, diffusi capillarmente e pronti a diventare i campioni degli interventi di formazione, “upskilling” e “reskilling", formazione di nuove competenze necessarie alla transizione green e digitale. Dovrebbero essere messi in grado di orientare e fare piani personalizzati per cinque tipi di beneficiari: cassaintegrati con orario ridotto almeno del 50%, lavoratori autonomi e precari in Naspi e DisColl, disoccupati di lungo corso, over 55 a rischio di perdita del posto, “working poor”, giovani Neet, percettori del reddito di cittadinanza con profilo di occupabilità (1 milione e 300 mila, quasi la metà della platea Gol). Il tutto mettendo in campo università, Its, privati, agenzie interinali, patti territoriali, terzo settore e quant’altro.

Un progetto ambizioso, che però non ha ancora neanche delle linee guida o un decreto attuativo. Anpal Servizi, l’attuale datore di lavoro dei navigator e che avrebbe il ruolo strategico di surrogare gli enti locali non in grado di attuare il programma Gol, è in stallo. Commissariata dal governo ormai da sei mesi, non ha ancora un nuovo statuto e non ha neanche iniziato la nuova programmazione dei fondi strutturali. Non solo. Non tutte le Regioni hanno bandito i concorsi per il programma Gol. Non c’è un’intesa della Conferenza stato-regioni. Ma soprattutto non esiste un’interfaccia informatica per far dialogare tutti i soggetti interessati. Risultato, e non è una sorpresa, le riforme sono scritte ma nessuno si occupa di realizzarle.

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