Nell’ottobre del 2020 la città di Alessandria ha avviato il procedimento di bonifica delle aree esterne dello stabilimento Solvay di Spinetta Marengo. Il procedimento è stato aperto dall’amministrazione, dopo che Arpa ha trovato del cC6O4, un composto brevettato e prodotto in esclusiva dalla Solvay, all’esterno della barriera idraulica costruita per evitare che gli inquinanti finiscano in falda. E dopo che la stessa azienda aveva comunicato agli enti che già due volte c’erano state delle perdite eccezionali, causate dall’esondazione della falda acquifera sottostante.

Tuttavia, in seguito alla richiesta di un “Piano di caratterizzazione per la bonifica”, ovvero di uno studio redatto - in questo caso - da Solvay, che indicasse quali fossero stati i fenomeni di contaminazione esterni allo stabilimento, su quali matrici ambientali fossero avvenuti e come intendesse intervenire, la multinazionale belga ha ribadito quanto aveva già affermato durante il processo svoltosi alcuni anni fa. Ovvero come nessuna contaminazione delle aree esterne ricadrebbe sotto la sua responsabilità, perché prodotta dalle gestioni precedenti. Aggiungendo, inoltre, come l'eccezione del cC6O4 ritrovato all’esterno sia stato un episodio circoscritto, e causato dall'esondazione straordinaria della falda avvenuta nel 2019.

Quando Solvay ha ribadito di non essere responsabile per l’inquinamento rinvenuto all’esterno dello stabilimento, ha provocato la reazione del precedente gestore del sito Ausimont, ora Edison, che è stata proprietaria dello stabilimento fino al 2002. La quale ha incaricato una realtà esterna, AECOM, di svolgere una controperizia e smentire il Piano di caratterizzazione per la bonifica presentato dalla multinazionale belga. Questa perizia diffusa tra gli addetti ai lavori che compongono la conferenza dei servizi ribadisce punto su punto quanto già ipotizzato da Arpa e Asl negli anni del processo che riconobbe entrambe le aziende corresponsabili del disastro ambientale.

L’inquinamento vale uno sconto

«Al tempo del processo ci sono sempre state delle contrapposizioni tra le due aziende, come dimostrano peraltro sia le sentenze del primo che del secondo grado», afferma il legale che seguì la parte civile durante il processo, Vittorio Spallasso. Solvay, infatti, accusò Edison di essere stata truffata, affermando di essere all’oscuro delle criticità dell’impianto al momento dell’acquisto. Ipotesi smentita dagli inquirenti, visto che lo scambio era avvenuto anche sulla base di uno sconto sul prezzo complessivo, proprio perché non versava in buone condizioni.

Si arrivò al punto che Solvay chiese alla Corte di costituirsi parte civile contro Carlo Cogliati, ex presidente di Solvay, in quanto al momento dei fatti presidente di Ausimont.

Nonostante siano passati anni dal processo che ha visto entrambe le aziende imputate, la smentita ufficiosa da parte di Edison, che come Solvay ha preferito non commentare, avviene in un momento particolare per lo stabilimento di Spinetta. Al momento, infatti, la Solvay è sotto indagine da parte della procura di Alessandria, dopo che l’anno scorso il cC6O4 è stato trovato al di fuori della barriera idraulica costruita apposta per contenere i nuovi e i pregressi inquinanti. E il cui mancato funzionamento non sarebbe più imputabile anche alla Edison, ma solamente alle carenze di gestione della multinazionale belga.

Come ha stabilito la sentenza di terzo grado del processo le bonifiche devono essere realizzate. Tuttavia se quella all’interno dello stabilimento è già partita, ed entrambe le aziende sono state ritenute corresponsabili. All’esterno invece l’iter è così indietro che il piano di bonifica non è ancora stato addebitato a nessuna delle due aziende. Solvay ha accettato di fare il Piano di caratterizzazione, senza prendersene la responsabilità.

La Solvay infatti ha sempre affermato come ogni aumento delle concentrazioni di inquinanti in falda fosse dovuto all’inquinamento storico a cui è stato soggetto il sito. E non invece alla mancata implementazione dei presidi di bonifica e dell’incuria dello stabilimento. Tuttavia se nel processo Edison e Solvay erano corresponsabili di queste inquinamento, ora Edison si chiama fuori, usando proprio il cC6O4 ritrovato all’esterno dello stabilimento per dimostrare come non sia una sua responsabilità. E lo fa proprio mentre alla Conferenza dei servizi si sta discutendo se approvare o meno il Piano di caratterizzazione Solvay. Si tratta di un momento delicato, fanno sapere dal comune di Alessandria. Perché non c’è in ballo solo la bonifica all’esterno del sito, rimasta sospesa per diversi anni a causa di un errore del ministero dell'Ambiente. Ma anche la responsabilità della bonifica, e quindi potenzialmente anche la dimostrazione che i presidi di bonifica costruiti dall’azienda sono stati inutili.

 Pfas appeso alle indagini

Al momento Solvay ha interrotto la produzione di cC6O4, come prescritto dalla provincia il mese scorso, quando ha approvato un aumento nella produzione di Pfas, a patto che sia dimostrata la tenuta dell’impianto. La produzione non ricomincerà finché Arpa, in contraddittorio con Solvay, avrà dimostrato come questi interventi, «numericamente consistenti» e che interessano tutto il sito industriale siano stati effettuati e siano efficaci.

«Non ci possono essere perdite in falda da uno stabilimento chimico a rischio di incidente rilevante. Si tratta di un lavoro complesso, e sarei deluso se Arpa pubblicasse in poco tempo i risultati», ha commentato l’ex assessore all’ambiente Claudio Lombardi.

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