La proposta di Liberi e uguali  (LeU) e del Partito democratico (Pd), prima e di Beppe Grillo hanno riesumato dai sepolcri del marxismo il dibattito sulla patrimoniale.

Da liberali non possiamo evadere la discussione. Ci invita, infatti, a riflettere non tanto sulla questione delle diseguaglianze che la pandemia corrente ha amplificato, quanto del debito pubblico (circa 2.600 miliardi, 160 per cento del Pil) che rischia di mandarci in bancarotta se non interveniamo subito.

A salvarci dal disastro è, per il momento, la nostra appartenenza alla Ue. Anche se tra non molto i tassi di interesse riprenderanno a salire andando a pesare troppo sui nostri conti annuali. 

Gli italiani sono grandi risparmiatori. I nostri depositi raggiungono i 1.700 miliardi (circa il 60 per cento del debito attuale che ripeto è di circa 2.600 miliardi, mentre il Pil nel 2019 era di 1.787 miliardi).

Un bottino gustoso per chi crede che tassando o sottraendo ricchezza in mano ai cittadini si possa rendere il mondo più equo.

Le generali condizioni di incertezza, ma anche una scarsa propensione agli investimenti e ai consumi, spingono gli italiani a risparmiare. Si indebolisce la tesi di Luigi Einaudi secondo cui prima o poi gli Italiani metteranno mano ai depositi per investire e spendere. Aveva ragione Keynes, dunque. E’ anche necessario finanziare il pieno utilizzo dei mezzi di produzione.

La proposta di un’entrata eccezionale, come la patrimoniale, per attenuare il debito potrebbe non essere sbagliata. Potrebbe risultare una scelta responsabile visto che le alternative non sembrano avere molto successo (tagli di spesa, dismissione beni pubblici, ecc.) soprattutto perché vengono annunciati e mai realizzati dalle burocrazie di potere.  

Niente scorciatoie

La patrimoniale è un provvedimento fiscale sui patrimoni mobili e immobili (non sui redditi da lavoro) che a seconda di chi tocca è considerata una tassa (se colpisce il ceto medio) o un contributo (per la redistribuzione dai ricchi ai ceti più bassi).

Così come la presentano  LeU e il PD genera un gettito troppo basso per diminuire abbastanza il debito accumulato ed è sbagliata culturalmente perché parte dalla logica marxista per cui chi ha di più va penalizzato. Semmai la responsabilità è di chi governa che è incapace di promuovere regole e politiche che favoriscano uguali opportunità e cancellino i privilegi (che però piacciono sempre alla Sinistra di potere di ogni provenienza). 

Più pericolosa l’idea di inserirla a bilancio corrente, essendo un intervento una tantum (annuale o biennale) dedito unicamente a ripianare il debito.

Anche la versione grillina di tassare i super ricchi (patrimoni sopra i 50 milioni) che porterebbe nelle casse dello stato 25 miliardi, è demagogica e contraddittoria rispetto a certi privilegi che i 5 Stelle nel corso del loro governo hanno concesso. 

Con il consenso dei pagatori

Un prelievo eccezionale per ridurre il debito deve essere prima di tutto accettato dai pagatori finali, che siamo noi cittadini; quindi dovrà passare dal parlamento; dovrà riguardare tutti i maggiorenni e dovrà essere proporzionale, per evidenti ragioni di equità e di gettito (un’aliquota unica, se bassa non produce gettito e se alta non è sostenibile da grandissima parte dei cittadini).

Proprio perché eccezionale deve avere una durata limitata, massimo due anni (per abbattere significativamente il debito accumulato). L’entrata eccezionale può essere raggiunta mettendo insieme le seguenti cinque imposte:

1) una patrimoniale solamente biennale del genere Grillo con aliquota del 1 per cento per i proprietari di beni immobili per almeno 500 mila euro, del 2 per cento sopra i 3 milioni, del 3 per cento sopra i 15 milioni (gettito presumibile intorno 50 miliardi);

2) la riscossione (come proposta da Grillo) dell’Ici pregressa non versata dalla Chiesa nonostante le condanne dell’Ue e ancora non richiesta dall’Italia;

3) eliminando o almeno riducendo il privilegio fiscale concesso (anche dal Movimento 5 Stelle) al settore industriale del tabacco riscaldato (-75 per cento rispetto all’accisa sul tabacco tradizionale) che nel 2020 porterà ad un mancato introito per le casse dello Stato di circa 800 milioni (altri 450 nel 2019). Se non si interviene il gettito perso crescerà esponenzialmente. Occasione sprecata per ridurre il debito. Questa non è una tassa alzata sia ben chiaro, ma la fine di un privilegio fiscale concesso, di fatto, ad un monopolista; 

4) Una imposta annuale più strutturata sui servizi realizzati in Italia da tutte le multinazionali del web. Nel 2019 le aziende del web hanno versato allo stato solo 70 milioni di euro (10 da Amazon) a fronte di 3 miliardi e 300 milioni di ricavi. Il prelievo varato dal governo che entra in vigore quest’anno porterà introiti assai scarsi. È ancora assolutamente poco se si considera che in Italia l’indice medio impositivo sui colossi del web è del 32 per cento mentre quello sulle piccole-medie imprese italiane è il doppio, 64 per cento;

5) una patrimoniale solamente biennale (e strettamente conseguente ai quattro provvedimenti  precedenti)  sui depositi di vario genere bancario di proprietà delle famiglie italiane con un’aliquota del 5 per mille (piccola per non spaventare la propensione al risparmio).

Non sono proposte demagogiche o ideologiche, ma liberali perché non rifuggono ai fatti (come il debito fuori controllo da ridurre), responsabilizzano il ruolo del cittadino attraverso interventi equi che mirano a potenziarne la libertà contro soluzioni clientelari e di privilegio. 

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