Oggi i sindacati di Stellantis scioperano per chiedere più investimenti e un rilancio della produzione di auto in Italia, ma l’azienda avverte: se il governo porta in Italia un costruttore cinese in Italia, dovrà assumersi la responsabilità dei tagli che saremo costretti a fare. Con migliaia di dipendenti in cassa integrazione per il calo della domanda di auto, e migliaia di lettere di incentivo alle dimissioni, non c’è da stupirsi che la manifestazione di oggi unisca le sigle che Carlos Tavares, Ceo di Stellantis, considera “costruttive, l’80 per cento” e quelle più critiche come la Fiom.

L’Alfa “polacca”

Le polemiche sulle strategie di Stellantis e la sua italianità sono intanto proseguite anche ieri, con il ministro delle Imprese Adolfo Urso che ha contestato la decisione dell’azienda di chiamare Milano la nuova Alfa Romeo costruita in Polonia. «Lo vieta la legge italiana – dice Urso – che nel 2003 ha definito l’Italian Sounding, una norma che prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore». La Milano è la prima Alfa Romeo costruita fuori dall’Italia e Tavares mercoledì, all’evento dio presentazione del nuovo modello, ha dichiarato che, essendo l’auto su una piattaforma già presente nella fabbrica polacca, costruirla in Italia sarebbe costato 10 mila euro in più per ogni vettura.

Mercoledì Tavares ha inaugurato a Mirafiori un reparto per la produzione di cambi robotizzati, che darà lavoro a regime a 500 persone, e ha annunciato l’investimento di oltre 100 milioni per una futura batteria ad alte prestazioni e basso costo, che verrà utilizzata (non prima di fine 2025) per rilanciare la 500 elettrica. Il manager ha detto alla platea, che comprendeva una parte dei dipendenti di Mirafiori: «Siamo di fronte a un certo numero di fake news, secondo cui Stellantis lascerebbe l’Italia, Stellantis smantellerebbe la Fiat. La mia risposta è che Stellantis è qui e ci resterà». Chi si aspettava annunci di nuovi modelli è rimasto però deluso.

Tavares ha ricordato gli oltre 5 miliardi di euro di investimenti che Stellantis farà in Italia con orizzonte 2030, e i 15 nuovi modelli; non ha però parlato degli oltre 10mila tagli operati in Italia dalla nascita del gruppo Stellantis tre anni fa, e non ha parlato dei nuovi esuberi comunicati ai sindacati.

Tavares ha ragione a dire che l’Italia non è svantaggiata rispetto agli altri paesi: i posti di lavoro persi da Stellantis in poco più di tre anni sono infatti quasi 50mila a livello mondiale. L’Italia però ha uno svantaggio rispetto a Stati Uniti, Germania o Francia: ha un solo grande costruttore di auto, sul quale si regge tutta una filiera. Ieri Urso ha detto che «per sostenere il sistema dell’indotto è assolutamente necessario arrivare a 1,4 milioni di veicoli» (circa il doppio di quelli prodotti l’anno scorso). «Se Stellantis ritiene di poterlo fare ben venga, altrimenti è inevitabile che ci sarà spazio per un’altra o più altre case automobilistiche».

Tavares contro il governo

Tavares ha però lanciato un avvertimento: «Se qualcuno vuol portare in Italia la concorrenza cinese che ha costi inferiori del 30 per cento, sarà responsabile di tutte le decisioni impopolari che potrebbero accadere».

Rispetto alla strategia pluridecennale degli Agnelli di impedire ai concorrenti di venire a produrre in Italia, l’unica differenza è che l’Avvocato poteva sussurrare queste cose nei corridoi romani; suo nipote le fa proclamare in piazza all’erede di Cesare Romiti. Stellantis non vuole che Roma apra a quella concorrenza che è stata invece accolta in Francia trent’anni fa con Toyota e in Germania pochi anni fa con Tesla.

Cosa farà ora il governo? Man mano che passa il tempo, le carte che ha in mano si riducono: dalla Spagna arriva la notizia che la cinese Chery punta ad assemblare lì le sue vetture per l’Europa. L’esecutivo potrebbe finalmente sbloccare gli incentivi all’acquisto di auto, chiesti ancora ieri da Tavares, ma gli incentivi avrebbero un effetto limitato e andrebbero a premiare nella stragrande maggioranza auto prodotte all’estero.

Stellantis potrà ottenere tutta la cassa integrazione necessaria per poter mantenere la promessa di non chiudere stabilimenti in Italia. Quando i nodi verranno al pettine, il governo sarà cambiato e Tavares sarà nella sua tenuta in Portogallo a godersi la pensione.

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