«In quel periodo ho avuto paura e non mi era mai successo». Le parole sono di Federico Ruffo, popolare conduttore Rai, alla guida di Mi Manda Rai3, e per anni inviato delle trasmissioni d’inchiesta della rete. Racconta la sua breve relazione, in tutto due incontri, e soprattutto il seguito “infernale” con Lodovica Rogati, balzata alle cronache grazie al lavoro investigativo di Emiliano Fittipaldi su questo giornale, che ha descritto ruolo e precedenti partendo dall’ultimo caso che ha riguardato il senatore Matteo Richetti e sul quale si è in attesa del lavoro della procura di Roma (il pm ha chiesto l’archiviazione per Rogati).

Lodovica Rogati smentisce tutto, «falso, falso» prima di dirci che andiamo dietro a «dei poveretti», ammette solo di averlo conosciuto, ma sostiene di averlo allontanato lei.

Ruffo non è uno sprovveduto, ha subito pressioni e minacce nel suo lavoro, è abituato a situazioni molto complicate. «Io ne ho viste di ogni, dopo un’inchiesta sulle infiltrazioni dei clan nel mondo del calcio mi hanno perfino bruciato casa, ma non ho mai avuto paura come in quel periodo». Il periodo è quello nel quale ha incrociato Rogati. Come l’hai conosciuta?

«La conosco perché lei si presenta. Una decina di anni fa realizzo un’inchiesta per Presadiretta, dopo qualche giorno, come spesso accade, ricevo segnalazioni e e-mail da parte di alcuni ascoltatori. Tra queste una è di Lodovica Rogati, mai vista e conosciuta prima, che si presenta come autrice e sceneggiatrice. Mi chiede di incontrarla perché deve dirmi alcune cose», dice Ruffo.

L’incontro

Ma poi vi vedete? «Non subito perché io ero impegnato in montaggio, un giorno mi chiama e mi dice che sarebbe partita per l’Africa e il nostro appuntamento sarebbe stato rimandato per troppo tempo così mi chiede di vederci a breve. Le dico che sarei uscito da lavoro dopo mezzanotte, ma lei risponde di non preoccuparmi e di andare a casa sua. In quelle settimane il tenore delle nostre conversazioni era diventato più intimo e alla fine ci vedemmo due volte, solo due volte, in questo si esaurisce il nostro rapporto», dice Ruffo.

Da questo momento in poi per il conduttore Rai le cose si sono fatte strane: «Un giorno cambia tutto nel nostro fugace e breve rapporto, anche se avevo già avvertito delle crepe, un’anomalia rispetto a una normale relazione tra un uomo e una donna. Un giorno mi chiama infuriata e comincia a chiedermi conto di nomi di donne, con le quali avevo avuto, in passato, piccole e grandi relazioni. Io nella testa comincio a chiedermi: come fa a conoscere tutti questi nomi?», dice Ruffo.

Il giornalista si stranisce e controlla il proprio profilo social, ma non riesce ad accedere perché qualcuno aveva cambiato la password, una circostanza che Ruffo non può addebitare a Rogati, ma che scopre proprio in quei giorni.

Le telefonate

Una coincidenza che si incrocia con fatti accaduti in quel periodo: telefonate notturne, chiamate che lo gettano nel panico. «Una sera mi chiama e mi dice che il suo ex è entrato nel profilo, ha scoperto il nostro rapporto e l’ha picchiata brutalmente e si sta recando in ospedale, il suo ex sarebbe armato e starebbe arrivando a via Teulada per spararmi», dice Ruffo.

Il tutto avviene nel cuore della notte, il giornalista avvisa che a via Teulada ci sono le guardie armate e che non crede a una sola parola detta da Rogati. 

«Un pomeriggio mi chiama un avvocato che si presenta come legale rappresentante di una signora che mi seguiva sui social, la signora aveva ricevuto da Lodovica Rogati un messaggio nel quale le veniva spiegato che non avrebbe dovuto più disturbare,  per la precisione, ‘‘importunare persone sposate (...) i personaggi pubblici non si importunano”», racconta Ruffo, che si scusa con l’avvocato e con la signora. 

«Un’altra volta sto andando in trasferta all’improvviso ricevo una telefonata. Era un sito di gossip, non ricordo il nome che mi chiede un commento sulla relazione che ho intrapreso con Lodovica Rogati. Gli rispondo che non c’era alcuna relazione e che l’interesse per la vita privata di un inviato era nullo», ricorda Ruffo.

Il giornalista si sente accerchiato e decide di andare dai carabinieri. Il reato di stalking è complicato da dimostrare, l’avvio di un’azione penale avrebbe comportato una reazione e comunque un allungamento dei tempi.

Così alla fine il giornalista non denuncia, ma riparla con Rogati, aveva scoperto i precedenti a suo carico (ne è uscita sempre pulita, il principale si è chiuso con la prescrizione del reato) e le dice che non avrebbe sporto denuncia, ma che non avrebbe mai più voluto sentirla.

Per Ruffo l’incubo finisce anche se il giornalista ricorda alcune strane coincidenze negli anni successivi.

Quando il conduttore Rai inizia una relazione, la partner riceve messaggi nei quali Ruffo viene descritto come soggetto ‘inaffidabile’ e ‘frequentatore di trans’. Commenti che arrivano da utenti che interagivano con il profilo di Rogati.

Oggi Ruffo ricorda quella storia e spiega le ragioni che l’hanno spinto a raccontarla. «Perché mi sento meno solo e anche meno stupido e perché faccio così anche un poco il mio lavoro, indipendentemente da come finirà la vicenda Richetti e il lavoro della procura (il pm ha chiesto l'archiviazione per Rogati, ndr), provando a restituire brandelli di verità».

La replica

Chiamiamo Lodovica Rogati per chiederle di rispondere nel merito, ma non la prende bene. «È falso, falso, non ha le prove, dove sono le prove? Si prenderà la denuncia per diffamazione e anche lei», dice quando le elenchiamo i fatti raccontati da Ruffo.

Alla fine ammette di conoscerlo, ma cambia la storia e racconta la sua versione. «Io ho ancora i messaggi di Ruffo, lui voleva conoscermi, l’ho allontanato velocemente, personaggio con il quale non volevo avere nulla a che fare», dice.

Dedica qualche parola anche al nostro giornale: «Fate pena che state dietro a dei poveretti, io sono una cittadina libera con una fedina penale pulita, sono totalmente incensurata, voi siete un giornalino della parrocchia». 

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