Chi proteggerà dalle associazioni a delinquere la montagna di soldi che sta per arrivare a Palermo? Ovvio, un imputato accusato di concorso in associazione a delinquere. È magia, stregoneria, è la Sicilia al tempo di Roberto Lagalla e di Renato Schifani, fenomenale coppia che – ne sono certo – farà a lungo parlare di sé.

Chi vigilerà sui fondi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza? Naturalmente uno straordinario accumulatore di incarichi e di cariche che è al centro di una spy story, caccia grossa alle informazioni segrete di una procura della repubblica.

Sembrava tutto fatto per il professore Angelo Cuva, docente universitario con cattedra di diritto finanziario all’università di Palermo, tributarista di fama con frequentazioni nella politica regionale più compromessa, fedelissimo del governatore Renato Schifani e coimputato con lui nel processo sul sistema Montante che si celebra ad intermittenza a Caltanissetta. Sembrava.

Foto ed equivoci

Poi fermi tutti, contrordine. Un equivoco. Una partecipazione mal interpretata. Una foto di troppo. Il sindaco Lagalla deve avere capito di averla fatta grossa e, dopo un paio di giorni ha tentato di rimediare (chissà chi l’aveva consigliato prima e chi invece l'ha consigliato dopo) cancellando il nome del personaggio che aveva scelto, per conto del comune, come guardiano dei finanziamenti e delle infiltrazioni in materia di Pnrr.

Ed il sindaco è tornato clamorosamente indietro: lì, con quell’accusa di concorso in associazione a delinquere, il professore non poteva starci.

Una nota imbarazzante

Da una sfida segnata da arroganza e maleducazione istituzionale all’opera dei pupi, il teatro tradizionale delle marionette della Sicilia.

È successo tutto in poche ore, l’uomo giusto infilato dagli amici più cari al posto giusto è diventato all’improvviso l'uomo sbagliato nel posto sbagliato. Il sindaco Lagalla si è dovuto rimangiare la scelta temeraria. Resta mistero sul prima e mistero sul dopo.

I fatti, così come si sono svolti. Il professore Angelo Cuva è stato nominato da Roberto Lagalla – con decreto del 5 settembre del 2022, cioè tre mesi dopo la sua elezione a primo cittadino –  coordinatore di un tavolo tecnico su “Fiscalità e bilanci enti locali”.

E, in questa veste, lunedì 30 gennaio 2023 (ma in precedenza ha presenziato anche in altre occasioni ufficiali) è arrivato a Palazzo delle Aquile, il municipio palermitano, per firmare un “patto” con la Guardia di finanza per monitorare i fondi del Pnrr e metterli al riparo dagli appetiti criminali.

Una foto ha immortalato l’avvenimento: il sindaco Lagalla, il professore Cuva, il comandante provinciale e un colonnello della Guardia di finanza, il ragioniere generale del comune. Tutti felicemente in posa, ritratto perfetto della Palermo di oggi.

Le contorsioni linguistiche

Repubblica ha sollevato il caso sulle sue pagine di cronaca siciliana, sono seguiti due giorni di contorsioni linguistiche.

Perché proprio il professore Cuva a sorvegliare quei flussi di denaro? «Non trattandosi di ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione ma di una vicenda in fase di dibattimento, la legge consente di dotarsi di una professionalità», ha risposto il sindaco Lagalla. Magnifico.

Perché proprio il professore Cuva? «Credo che in una commissione di vigilanza di questo tipo debba stare una personalità di comprovata esperienza e che bisogna rispettare il principio di presunzione di innocenza», ha risposto il presidente della commissione antimafia regionale Antonello Cracolici del Pd. Quasi comico, per una voce che sarebbe quella dell’opposizione.

Poi silenzio cupo per ventiquattro ore. Fino a quando, ieri l’altro, un’imbarazzatissima nota di Lagalla ha rimesso in discussione il ruolo del tributarista del processo Montante.

Prima precisazione: «Il professore Cuva era presente al momento della firma, ma non è il coordinatore del protocollo (sul Pnrr, ndr) fra il comune e la guardia di finanza ma solo del tavolo tecnico su fiscalità e bilanci».

Seconda precisazione: «Quindi sarebbe inesatto parlare di revoca». Un po’ di fumo per nascondere un brutto pasticcio. Consulente del bilancio sì ma – e solo a scoppio ritardato e dopo quella sua candida dichiarazione – per il Pnrr no.

Il tributarista era lì per caso ad inizio di settimana, in transito in comune non ha resistito alla foto ricordo che lo ritrae sorridente alla cerimonia del protocollo.

Il passo falso

L’avevamo scritto esattamente un anno fa, nel gennaio del 2022, che le consorterie (e non la mafia stracciona che viene implacabilmente colpita da uno stato strabico e un po’ tentennante) erano in agguato. Ecco, per un momento sono entrati in scena proprio quelli che aspettavamo. Un passo falso.

Ma chi è questo enigmatico professore scaraventato nell’arena da vecchi protettori che oggi regnano su comune e regione? Visto da lontano ha le sembianze di un giovinetto imberbe, in realtà ha sessantadue anni e sul petto esibisce un groviglio di medaglie.

Nonostante le pesanti accuse al processo Montante non è solo consulente del sindaco Lagalla ma è ricercatissimo in circoli, comitati scientifici, gruppi di lavoro, consigli di amministrazione, centri studi.
Una piccola lista. È delegato del rettore dell’università di Palermo per i rapporti con l’agenzia delle entrate e con la guardia di finanza, è vicepresidente dell’Unione nazionale delle Camera degli avvocati tributaristi, è stato presidente del collegio sindacale della società che gestisce l’aeroporto di Palermo, è stato consulente del presidente del Senato (era Schifani, va da sé), è socio onorario dell’associazione nazionale finanzieri d’Italia, è stato consigliere di amministrazione del teatro Biondo Stabile del comune di Palermo ed è pure proboviro della federazione italiana degli ex alunni della Compagnia di Gesù.

E, soprattutto, è legato all’ex presidente di palazzo Madama e al sindaco Roberto Lagalla, con quest’ultimo studente del collegio Gonzaga, la scuola dei gesuiti che da sempre sforna le classe dirigenti palermitane.

Il processo “Cuva + altri”

Il professore ha pure la gloria di aver dato il suo nome al procedimento “Cuva + altri” fino a quando non è stato riunito con una seconda inchiesta e si è trasformato in “Montante + 29”, dove è indicato dai pubblici ministeri come uno dei gangli di una catena che aveva l’obiettivo di bucare la riservatezza dell’indagine su Calogero Antonio Montante detto Antonello, il vicepresidente di Confindustria che faceva il doppio gioco in nome di un’antimafia che era solo loschi affari e dossier sui nemici.

Suoi complici secondo l’accusa l’ex direttore dei servizi segreti civili il generale Arturo Esposito, il colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata e lo stesso Schifani, che i compagni di avventura non nominavano mai come Schifani o Presidente ma come “Professore Scaglione”. Tutto molto pittoresco.

Nell'intrigo è rimasto incagliato nel 2016, dopo che i procuratori di Caltanissetta avevano da un paio di anni avviato un’indagine – ipotesi di reato concorso in associazione mafiosa – sull’allora vicepresidente di Confindustria.

Un giorno si sono accorti che c’era qualcuno, molto in alto, che voleva sapere dove stavano ficcando il naso. A un certo punto, scoprono che la loro inchiesta è “sotto controllo”, che stavano spiando atto d’indagine dopo atto d’indagine.

Partono le intercettazioni telefoniche e ambientali. L’ex presidente del Senato Schifani, poi rinviato a giudizio per «fughe di notizie reiterate e continuate a favore dell’organizzazione a delinquere che ruotava intorno a Montante» avrebbe avuto informazioni dal direttore dei servizi segreti Arturo Esposito, che poi le avrebbe girate al professore Cuva, che poi ancora le avrebbe recapitate al colonnello dei carabinieri Giuseppe D’Agata, prima capo centro a Palermo della Direzione investigativa antimafia e successivamente nei ranghi dell’intelligence.

Comunicazioni più o meno criptiche, ogni tanto saltava fuori quel “professore Scaglione” alias Renato Schifani, che era un po’ il riferimento di tutti.

Il telefono del generale

Al di là di come si concluderà per lui il processo Montante –  assolto, condannato o prescritto visto le incertezze del dibattimento – il professore Angelo Cuva era in quel brodo.

Riscontri oggettivi: tabulati telefonici. E a volte neanche parlava sempre dal suo cellulare, ogni tanto lo faceva da uno intestato al generale di brigata Antonio Pellegrino Mazzarotti, un ufficiale che nei mesi delle conversazioni captate –  gennaio 2016 – era al comando provinciale della Guardia di finanza di Salerno per poi trasferirsi in Sicilia e assumere la carica di capo di stato maggiore del comando dell’Italia sud occidentale. Sede, Palermo.

Sono tante e antiche le conoscenze del professore Cuva nella Guardia di finanza. Forse, dice qualcuno, anche troppe.

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